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Da oltre un mese le decine di migliaia di palestinesi che vivono nel campo profughi di Shuffat e in altri sobborghi arabi sono senza acqua. Un problema che non affligge la vicina colonia israeliana di Pisgat Zeev
di Michele Giorgio
I piatti e le pentole da lavare si accumulano nella cucina di Umm Khalil. “Mi scuso per il disordine ma non c’è acqua, fino alla scorsa settimana dal rubinetto ne usciva un filo, almeno si riusciva a bere e a lavare poco alla volta bicchieri e piatti, ma da due giorni è tutto secco”, si lamenta la donna. “E questo è nulla, perchè non possiamo più lavarci, mettere in funzione la lavatrice e soprattutto usare lo sciacquone. E’ terribile!”, aggiunge Umm Khalil spiegando che per farsi la doccia è costretta ad andare a casa della sorella che, “Grazie a Dio”, riesce ad accumulare acqua durante la notte nei serbatoi esterni, i “cilindri” neri visibili sui tetti di ogni casa palestinese. I serbatoi dell’abitazione di Umm Khalil sono vuoti come lo sono quelli di quasi tutte le famiglie di Shuffat, unico campo profughi di Gerusalemme Est e una delle località palestinesi alla periferia della Città Santa che da oltre un mese hanno pochissima acqua. Una condizione che si è fatta insopportabile con l’arrivo della primavera e l’aumento delle temperature. “Gli israeliani ci lasciano in questo stato, sino ad oggi non hanno fatto nulla di concreto per aiutarci. Siamo costretti a comprare l’acqua in bottiglia per bere”, protesta Jamal al Malki, proprietario di un negozietto di alimentari tra le povere case del campo per rifugiati, ricordando che la stessa Corte Suprema israeliana ha dato 60 giorni di tempo alle autorità per risolvere il problema. Sino ad oggi però è cambiato ben poco.
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Oggi Martedì 8 Aprile, un gruppo di venti attivisti composto da membri della Campagna BDS Francia e da Les Désobéissants (I Disobbedienti) ha portato avanti azioni all’esterno ed all’interno dell’ Hotel Mariott a Parigi, dove si stava tenendo un "World Water Summit" (Summit mondiale sull’Acqua, ndt).
Queste azioni hanno avuto luogo all’interno della campagna internazionale "Stop Mekorot" lanciata dal BNC palestinese. Altre azioni attinenti alla stessa campagna sono state portate avanti in diversi altri paesi.
Leggi: Un intervento di cristallina limpidezza in mezzo ad acque torbide
Coprire un crimine sotto gli occhi di tutti: la duplice funzione dell’industria dell’acqua di Israele.
di Charlotte Silver
All’inizio è stato impressionante: lunghi tratti di colline beige apparentemente aride punteggiate da fattorie abbondantemente fertili dove crescono arance, datteri e cocomeri, fecero la loro prima apparizione nel sud di Israele nella metà del 20° secolo. A differenza degli sgargianti laghi falsi e delle fontane zampillanti di Las Vegas, piazzati nel bel mezzo del deserto del Mojave, questa produzione agricola prodigiosa non era stata pensata per segnalare decadenza, anzi, è stata una testimonianza da parte di Israele della sua capacità di coltivazione prudente della terra, una intelligenza e una esperienza che non solo ha arricchito la regione, ma legittimato la presenza di Israele e la espulsione dei palestinesi.
Israele attribuisce il merito della fioritura del deserto all’uso di impianti di desalinizzazione e di irrigazione a goccia – questa immagine iconica rafforza il concetto ancora persistente che la terra della Palestina storica fosse arida, impressionando nello stesso tempo il pubblico mondiale di Israele con la “magia del giovane paese con l’acqua”.
Alla Maratona di Roma, davanti alla sede dell'Acea, sponsor poco etica della gara sportiva. L'Acea non solo cancella il diritto all'acqua a Roma, con i distacchi, ma ha anche sottoscritto un accordo con la Mekorot, società idrica nazionale di Israele che sottrae acqua ai palestinesi e ne nega il diritto all’accesso.
Con ombrelli colorati, striscioni, bandiere e cartelli, viene ricordato all'Acea del diritto all'acqua per tutte e tutti, da Roma alla Palestina. Acea torni pubblica! Acqua limpida e libera!
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Roma, 22 marzo 2014, Giornata Mondiale dell'Acqua e inizio della Settimana Internazionale Contro Mekorot, società idrica nazionale di Israele che sottrae acqua ai palestinesi e nega loro il diritto all’accesso. In piazza con teatro di Strada "Checkpoint dell'acqua" per dire no ai ladri d'acqua in Palestina, no all'accordo Acea-Mekorot.
Gestione pubblica e partecipata dell’acqua e dei servizi pubblici! Diritto all’acqua per tutti e tutte dall’Italia alla Palestina!
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Vedi tutte le foto di Matteo Nardone
È in corso da parte delle autorità israeliane occupanti e della compagnia idrica privata Mekorot una sistematica, intensa e malvagia discriminazione nell'accesso alle risorse idriche nella West Bank e a Gaza, unito ad un imponente furto di risorse, scrive Ayman Rabi in occasione della Giornata mondiale dell'acqua delle Nazioni unite
Ayman Rabi, Amici della Terra Palestina/PENGON
Oggi è la Giornata mondiale dell'acqua - un giorno che l'ONU dedica al ricordo di quei miliardi di persone che non riescono a soddisfare il fabbisogno d'acqua potabile e pulita, a causa di siccità, povertà e negligenza.
Ma è anche un giorno per ricordare, e per cui lottare, i 2 milioni e 100 mila Palestinesi che soffrono di un qualcosa di diverso, una carenza idrica artificiale, deliberatamente creata e sostenuta dall'occupazione militare israeliana e dalla compagnia idrica privata Mekorot.
L'accresciuta pressione a livello internazionale fa sperare che alla fine il vento stia cambiando per i Palestinesi, nella loro lotta per la giustizia nella questione dell'acqua sia nella West Bank che a Gaza.
di Ingrid Colanicchia
Mentre cresce sempre più a livello internazionale il movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) – sorto nel 2005 per iniziativa della società civile palestinese come strategia non violenta per liberarsi dalla colonizzazione israeliana (v. Adista Documenti n. 7/14) – nel nostro Paese c’è ancora chi fa orecchie da mercante, continuando a fare affari e a intessere rapporti con aziende israeliane coinvolte nell’occupazione.
Ultima in ordine di tempo l’Acea-Azienda Comunale Energia e Ambiente – l’ex municipalizzata romana, principale operatore italiano nel settore idrico, oggi quotata in borsa, di cui Roma Capitale possiede il 51% – che nel dicembre scorso, durante il vertice Italia-Israele tenutosi a Roma, ha sottoscritto un memorandum d’intesa con la Mekorot Water Company, la società idrica nazionale israeliana, che prevede scambio di esperienze e competenze.
Peccato che, come hanno sottolineato in queste settimane numerose organizzazioni palestinesi e no, tutte le esperienze che la Mekorot potrebbe mettere a disposizione di Acea sono conseguenza del ruolo centrale svolto nell’appropriazione di risorse idriche palestinesi.
Leggi: Movimenti Pro-Palestina: Acea complice dei crimini di Israele
Roma: l'11 marzo il Comitato No all'accordo Acea-Mekorot ha partecipato all'iniziativa del Coordinamento Romano Acqua Pubblica contro i distacchi dell'acqua e per la ripubblicizzazione dell'Acea, con la consegna delle mozioni municipali approvate da 14 su 15 municipi.
L'Acea non solo stacca l'acqua a di Roma ma fa accordi con chi ruba l'acqua in Palestina.
BASTA DISTACCHI! DIRITTO ALL'ACQUA, DA ROMA ALLA PALESTINA!
Il Comitato di Solidarietà con la Palestina in India sostiene la prima Settimana internazionale contro Mekorot e dice NO alla apartheid dell'acqua.
Mekorot è la società idrica di proprietà dello Stato di Israele responsabile dell'"apartheid dell'acqua" verso i palestinesi, compreso il crimine internazionale di saccheggio delle risorse naturali nei territori occupati, la discriminazione contro il popolo palestinese come gruppo etnico ed il supporto vitale agli insediamenti illegali.
Nel 2005, Mekorot ha costituito un ramo d'azienda per avviare un processo di espansione internazionale. Tra i paesi in cui ha firmato contratti lucrativi c'è l'India. Il governo dell'Haryana il mese scorso ha firmato un memorandum d'intesa con Mekorot per lo sviluppo congiunto di un progetto di un doppio acquedotto.
La campagna No all'Accordo Acea-Mekorot al corteo Roma non si vende, Roma non si arresta