- La CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) ha emesso all’unanimità una sentenza secondo la quale la condanna penale dei sostenitori del boicottaggio di Israele da parte della Corte suprema francese viola l’articolo relativo alla libertà d’espressione della Convenzione europea dei diritti umani.
- Questa decisione ha delle implicazioni molto importanti relative alla repressione del BDS da parte degli Stati europei, soprattutto in Germania, dove i difensori dei diritti dei palestinesi subiscono delle gravi limitazioni ai loro diritti civili.
Ramallah, territori palestinesi occupati – La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) oggi ha emanato all’unanimità una sentenza secondo cui nel 2015 la condanna da parte della Corte suprema francese di militanti del movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) che chiedono il boicottaggio nonviolento dei prodotti israeliani viola l’articolo 10 (libertà d’espressione) della Convenzione europea dei diritti umani.
In risposta a questa informazione Rita Ahmad, del movimento BDS guidato dai palestinesi, ha detto:
“Questa sentenza di grande importanza da parte della Corte costituisce una vittoria decisiva per la libertà d’espressione, per i difensori dei diritti umani e per il movimento per la libertà e dell’uguaglianza dei palestinesi. Conferma una posizione dell’Unione Europea del 2016 che difendeva il diritto di fare appello al BDS contro Israele per ottenere i diritti dei palestinesi nel rispetto del diritto internazionale.
È un colpo durissimo sferrato contro il regime di apartheid e la guerra legale di Israele al BDS. Su richiesta di Israele i governi europei, in particolare in Francia e in Germania, hanno instaurato un clima minaccioso di soprusi e repressione per ridurre al silenzio i militanti solidali con la Palestina.”
La sentenza della CEDU si verifica in un momento in cui si stanno diffondendo le condanne ai progetti di Israele intesi ad annettere ufficialmente vaste zone dei territori palestinesi occupati. In risposta a questi progetti e alla continua politica israeliana di apartheid e di annessione di fatto, la società civile palestinese ha ricordato agli stati il loro obbligo di adottare delle “contromisure giuridiche”, tra cui il divieto di “commercio di armi e di cooperazione con Israele nel campo militare e della sicurezza” e del commercio con le colonie illegali di Israele.
In Francia, nel 2009 e nel 2010, undici militanti avevano partecipato a proteste pacifiche nei supermercati lanciando un appello al boicottaggio dei prodotti israeliani in solidarietà con la lotta palestinese per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza. Dei tribunali francesi li hanno condannati per “incitamento alla discriminazione.”
Rita Ahmad ha affermato:
“Nel momento in cui dei cittadini europei, ispirati dalla rivolta di Black Lives Matter negli Stati Uniti, attaccano l’orrenda eredità del colonialismo europeo, la Francia, la Germania e altri paesi dell’UE devono porre fine alla loro repressione razzista nei confronti dei difensori dei diritti umani che fanno campagna per i diritti umani dei palestinesi e per la fine dell’apartheid israeliana.
L’Europa è gravemente complice della politica di Israele: occupazione, assedio di Gaza, lenta pulizia etnica dei nativi palestinesi di Gerusalemme, della Valle del Giordano e altrove. Finché continuerà questa complicità, proseguiranno anche le campagne BDS.
Salutiamo i militanti francesi solidali con la Palestina che, nonostante la repressione antipalestinese, hanno fatto efficacemente campagna contro l’apartheid israeliana e contro le imprese complici dei crimini di guerra israeliani a danno dei palestinesi, in particolare AXA, Veolia e Orange."
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Fonte BNC - Il Comitato nazionale palestinese del BDS (BNC) è la più grande coalizione nella società civile palestinese, guida il movimento BDS mondiale e nonviolento per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza dei palestinesi. Il movimento BDS rifiuta ogni forma di razzismo e di discriminazione razziale.
Contesto del procedimento giudiziario (fonte: sito della CEDU)
Baldassi e altri contro la Francia (ricorso n° 15271/16, 15280/16, 15282/16, 15286/16, 15724/16, 15842/16 e 16207/16)
Gli undici ricorrenti sono: Jean-Michel Baldassi, Henri Eichholtzer, Aline Parmentier, Sylviane Mure, Nohammad Akbar, Maxime Roll, Laila Assakali, Yahya Assakali, Jacques Ballouey, Habiba El Jarroudi, e Farida Sarr-Trichine. I ricorrenti sono di nazionalità francese tranne Nohammad Akbar e Habiba El Jarroudi, di nazionalità afgana e marocchina. Eichholzer e Parmentier risiedono rispettivamente a Habsheim e a Zillisheim. Jacques Ballouey risiede a Mulhouse, come gli altri ricorrenti.
Le questioni riguardano il ricorso dei militanti della causa palestinese contro la condanna penale per incitamento alla discriminazione economica a causa della loro partecipazione ad azioni che chiedevano il boicottaggio di prodotti importati da Israele nel quadro della campagna BDS “Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni”.
I ricorrenti fanno parte del “Collettivo Palestina 68”, che ha accolto a livello locale la campagna internazionale “Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni” (BDS). Questa campagna è stata avviata il 9 luglio 2005 da un appello diffuso da organizzazioni non governative palestinesi un anno dopo il parere espresso dalla Corte Internazionale di Giustizia secondo il quale “la costruzione del muro che Israele, potenza occupante, sta costruendo nel territorio palestinese occupato, anche all’interno e sui confini municipali di Gerusalemme Est, e il regime che gli è associato, sono contrari al diritto internazionale.”
Il 26 settembre 2009 cinque dei ricorrenti parteciparono a un’azione organizzata dal collettivo Palestine 68 all’interno dell’ipermercato [C] di Illzach, per il boicottaggio dei prodotti israeliani. Esposero in tre carrelli alla vista dei clienti prodotti che ritenevano fossero di origine israeliana e distribuirono volantini. Un evento simile fu organizzato dal collettivo Palestine 68 il 22 maggio 2010 nello stesso ipermercato. Vi presero parte otto dei ricorrenti. I partecipanti inoltre presentarono una petizione che invitava il supermercato a non mettere più in vendita prodotti importati da Israele perché i clienti la firmassero.
Il procuratore della repubblica di Colmar citò i ricorrenti a comparire davanti al tribunale penale di Mulhouse per avere, tra le altre cose, invitato alla discriminazione, reato previsto dall’articolo 24, comma 8, della legge del 29 luglio 1881.
Con due decisioni del 15 dicembre 2011 il tribunale di Mulhouse assolse i ricorrenti. Con due sentenze emesse il 27 novembre 2013 la corte d’appello di Colmar annullò le decisioni precedenti riguardo all’assoluzione dei ricorrenti. Li dichiarò colpevoli del delitto di istigazione alla discriminazione.
Riguardo agli eventi del 26 settembre 2009, la corte d’appello condannò ognuno dei cinque imputati a un’ammenda di 1.000 euro con la condizionale e al pagamento in solido di 1.000 euro per danno morale e di 3.000 euro in base all’articolo 475-1 del codice di procedura penale (spese sostenute dalle parti civili e non pagate dallo Stato) ad ognuna delle quattro parti civili ammesse (la Lega Internazionale contro il Razzismo e l’Antisemitismo, l’associazione Avvocati senza Frontiere, l’associazione Alleanza Francia-Israele e l’Ufficio Nazionale per la Vigilanza contro l’Antisemitismo).
Riguardo agli avvenimenti del 22 maggio 2010, la corte d’appello condannò ognuno dei nove imputati a un’ammenda di 1.000 euro con la condizionale e al pagamento in solido di 1.000 euro per danni morali e di 3.000 euro in base all’articolo 475-1 del codice di procedura penale (spese sostenute dalle parti civili e non pagate dallo Stato) ad ognuna delle tre parti civili (la Lega Internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo, l’associazione Avvocati senza Frontiere, l’associazione Alleanza Francia-Israele)
Con due sentenze del 20 ottobre 2015 la sezione penale della Corte di Cassazione rigettò i ricorsi presentati dai ricorrenti, che facevano riferimento in particolare alla violazione degli articoli 7 e 10 della Convenzione. Nello specifico giudicò che la corte d’appello aveva preso una decisione corretta poiché aveva rilevato a buon diritto che era presente la fattispecie del reato previsto dall’articolo 24 comma 8 della legge del 29 luglio 1881 e che, in applicazione del secondo comma del testo, l’esercizio della libertà d’espressione proclamata dall’articolo 10 della Convenzione poteva essere sottoposta a delle limitazioni o sanzioni che in una società democratica costituivano, come nel caso in esame, delle misure necessarie alla difesa dell’ordine e della protezione dei diritti altrui
Invocando l’articolo 7 (nulla poena sine lege) della Convenzione, i ricorrenti lamentano di essere stati condannati in base della legge 24, comma 8, della legge del 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa per incitazione alla discriminazione economica mentre questo testo non riguarda affatto la discriminazione economica. Invocando l’articolo 10 (libertà d’espressione) essi lamentano la condanna penale a causa della loro partecipazione, nel contesto della campagna BDS, ad azioni che chiedono il boicottaggio di prodotti provenienti da Israele.
Traduzione di BDS Italia