“Credo che la musica abbia il potere di smuovere le coscienze e di suggerire nuovi percorsi”
Con questa frase un mese fa, il compositore e trombettista isolano di fama internazionale Paolo Fresu, giustificava la sua partecipazione all’Israel festival di Gerusalemme, evento organizzato con la partecipazione del governo Israeliano. A nulla valsero le molteplici richieste di boicottaggio lanciate dall’associazione Sardegna Palestina attraverso una petizione che aveva il duplice obbiettivo di chiedere all’artista di prendere posizione netta contro Israele e di risvegliare la sensibilità sopita della popolazione a fronte di una situazione insostenibile.
Oggi, mentre i cieli di Gaza si affollano di missili e fumo nero e i social network rimbalzano le crude immagini della violenza occupante di Israele, un’altra artista entra nel ciclone delle polemiche. Sabato 2 agosto si esibirà a Siddi, all’interno del festival “Appetitosamente”, la cantante Noa, già nota alle associazioni pro-Palestina per le sue dichiarazioni in supporto delle politiche di Israele durante la campagna militare denominata Piombo Fuso:
«Io so che nel profondo del vostro cuore desiderate la morte di questa bestia chiamata Hamas, che vi ha terrorizzato e massacrato, che ha trasformato Gaza in un cumulo di spazzatura fatto di povertà, malattia e miseria […] Posso soltanto augurarvi che Israele faccia il lavoro che tutti noi sappiamo deve esser fatto, e vi liberi definitivamente da questo cancro, questo virus, questo mostro chiamato fanatismo, oggi chiamato Hamas. E che questi assassini scoprano quanta poca compassione possa esistere nei loro cuori e cessino di usare voi e i vostri bambini come scudi umani per la loro vigliaccheria e i loro crimini»
Il lavoro “che tutti noi sappiamo deve esser fatto” venne portato a termine da Israele e portò alla morte di «1500 palestinesi, di cui 400 bambini, e oltre 100 donne, provocando oltre 5000 feriti e riducendo Gaza a un cumulo di macerie» (fonte: Sardegna-Palestina)
L’Associazione Amicizia Sardegna Palestina e BDS Sardegna ha chiesto agli organizzatori del Festival di Siddi di «non rendersi complici di questo uso propagandistico dell’arte e di condannare la costruzione del Muro d’Apartheid e delle colonie, la confisca di terre palestinesi, la demolizione di 24.000 case palestinesi, la detenzione di oltre 4.500 prigionieri palestinesi, e le feroci azioni militari in corso questi giorni contro la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza e nei Territori Occupati»
Ma dagli organizzatori del festival non è giunta alcuna risposta. Nemmeno in questi giorni in cui assistiamo all’ennesimo atto di annientamento nei confronti di Gaza. Dopo sette giorni di bombardamenti, il bilancio delle vittime sale a 172 ai quali vanno aggiunti 1230 feriti.
Sardegna-Palestina attraverso una pagina del suo sito chiede perciò a tutti coloro che hanno intenzione di partecipare alla manifestazione di boicottarlo e invitano a condividere l’appello della società civile palestinese per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS).
Il BDS è un movimento non violento che lotta contro l’occupazione, la colonizzazione e le politiche di apartheid israeliane e che chiede il boicottaggio delle attività commerciali israeliane insieme alle sue istituzioni culturali e accademiche finché Israele:
- non avrà posto fine all’ occupazione e alla colonizzazione di tutte le terre arabe e avrà smantellato il Muro;
- non avrà riconosciuto pieni ed eguali diritti fondamentali per i cittadini arabi-palestinesi di Israele;
- non avrà rispettato, protetto e promosso il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, così come deciso dalla Risoluzione ONU 194.
E ora ci concediamo una piccola riflessione sulla presunta neutralità della musica e sulla sua sbandierata capacità di offrire messaggi di pace e “portare unità tra i popoli”. Troppo spesso i rappresentanti del mondo dello spettacolo, per i più svariati motivi che vanno dalla deresponsabilizzazione del proprio ruolo alle necessità commerciali, affermano il potere pacificatore della musica quasi come fosse un’assioma sempre valido.
Niente di più distante dalla realtà.
La forza della musica, e dell’arte in generale, se decontestualizzata da luoghi, tempi e personaggi della storia perde ogni tipo di valore sociale. Questo perché essa è uno strumento, un mezzo di comunicazione e aggregazione, e in quanto mezzo riesce nell’intento di farsi portatore di istanze di pace solo quando e se si esprime in difesa dei più deboli e contro gli oppressori. In questo caso, boicottando chi, con la ignobile scusa dell’autodifesa, giustifica all’opinione pubblica mondiale da oltre cinquant’anni il genocidio di un intero popolo.
Fonte: Arrexini