Sintesi della lettera di risposta di HP alla Chiesa presbiteriana che ne contesta la connivenza con l’oppressione israeliana dei palestinesi decidendo di disinvestire dalla stessa.
Nella lettera alla Chiesa presbiteriana statunitense (PC (USA)) del 15 giugno 2014, Zoe McMahon, direttrice del Dipartimento della società Hewlett-Packard per la responsabilità globale sociale e sull’ambiente, e per i diritti umani, cerca di dimostrare l’impegno e la buona fede di HP a fronte delle critiche e proposte avanzate da vari gruppi azionisti nel corso degli anni, tra cui la Chiesa presbiteriana. Ecco alcune della affermazioni contenute nella lettera:
“L’impegno inflessibile nei confronti dei diritti umani è stato parte integrante della strategia imprenditoriale di HP per più di 75 anni.”
“HP ha ottenuto ripetutamente riconoscimenti per essere una delle aziende più innovative e impegnate, tra le prime aziende nella classifica mondiale per l’impegno a favore dei diritti umani e la sostenibilità, non solo per le sue attività, ma anche per la sua leadership nello sviluppare e promuovere buone pratiche nei processi di produzione e distribuzione, con i suoi partner, i gruppi industriali, le ONG e altri.”
Per dimostrarlo, HP elenca il suo impegno nel rispondere in buona fede alle domande e alle proposte degli azionisti della Chiesa presbiteriana negli USA (PC) e di altri azionisti nel corso degli anni e come in seguito alle risposte fornite da HP, non fosse stato necessario dare seguito alle proposte degli azionisti PC nel 2009, 2012 e 2013 visto che le politiche, le procedure e le pratiche di HP erano allineate con le linee proposte della PC (USA) e che anzi le stesse erano state sostanzialmente implementate da HP.
Nel 2008, HP aveva risposto a una lettera firmata da membri della PC (USA) che chiedeva informazioni sulle attività di HP in Israele e in Medio-Oriente citando il suo impegno nei confronti dei diritti umani, la sua diversità e le sue pratiche di inclusione e riassumendo le iniziative sociali di HP in Medio-Oriente. Nel 2009, sempre su richiesta della PC (USA), HP si era impegnata a fare una revisione delle sue politiche sui diritti umani; in particolare nel corso di un incontro tra rappresentanti di HP e della PC (USA) la discussione si era focalizzata sul screening biometrico ai checkpoint tra Israele e Cisgiordania/Gaza, la partecipazione delle minoranze all’industria tecnologica israeliana, gli standard di HP applicati ai diritti umani in riferimento ai contratti con l’esercito e la presenza di HP in Cisgiordania. Dopo quest’incontro, la PC (USA) aveva ritirato la proposta avanzata dagli azionisti.
Malgrado gli sforzi di HP per rivedere e migliorare il suo programma sui diritti umani su richiesta della PC (USA), questa ultima aveva promosso ulteriori proposte degli azionisti nel 2012 e nel 2013, identiche a quelle promosse nel 2009. Di nuovo all’assemblea annuale del 2014, i rappresentanti della PC (USA) aveva esercitato pressioni su HP per le sue pratiche di lavoro in Israele e Palestina, alle quali la direzione di HP aveva risposto ribadendo il suo impegno a rispettare i diritti umani, e la sua disponibilità a incontrare i rappresentanti dei gruppi interessati.
Infine, scrive Zoe McMahon, HP non aveva più ricevuto comunicazioni da parte della PC (USA) circa le proposte avanzate dagli azionisti del 2013 e quindi non sapeva delle intenzioni della Chiesa presbiteriana di disinvestire da HP e/o boicottare i prodotti HP.
Secondo la McMahon, l’impegno di HP nei confronti della PC (USA) non era stato descritto correttamente nel rapporto e nella raccomandazioni della MRTI (Mission Responsibility Through Investment)della Chiesa presbiteriana statunitense, e nemmeno l’intervento di HP in Israele e in Cisgiordania. D’altronde, a conferma della buona fede di HP, affermava che l’azienda era da sempre nei primi posti per quanto riguardava la sua attenzione ai diritti umani e ai problemi di cittadinanza globale. Così continua Zoe McMahon, per conto di HP:
“Oltre che dare una descrizione scorretta dell'impegno nel corso degli anni di HP nei confronti della Chiesa presbiteriana sulle varie questioni, il rapporto MRTI descrive in modo erroneo le attività di HP in Israele e in particolare in Cisgiordania. HP, come altre multinazionali nel campo della tecnologia dell'informazione (IT) che operano in Israele, fornisce prodotti e servizi IT al ministero israeliano della difesa. Questi includono applicazioni e sistemi amministrativi per la marina israeliana. Contrariamente alle informazioni fornite nel rapporto MRTI, HP non provvede al supporto o a servizi unici per la marina israeliana a sostegno al blocco di Gaza o altro, la sua partecipazione si limita alla manutenzione delle apparecchiatura e dei software dell'amministrazione.
HP, inoltre, provvede alla manutenzione e fornisce smart card per il sistema BASEL che serve a ridurre l’attrito fra i soldati israeliani e i Palestinesi ai checkpoint che sono parte del muro perché accelera la procedura di passaggio – sistema sviluppato ed installato con il sostegno degli Stati Uniti e dell'Unione Europea secondo un accordo del 1998 fra Israele e Palestina -. HP non è in condizione di influenzare il tracciato del muro o il modo in cui funzionano i checkpoint e il muro, gli impiegati di HP non sono coinvolti nel processo di screening di sicurezza e non sono presenti ai checkpoint. Ma sappiamo che il sistema BASEL ha ridotto l’attesa durante le operazioni d’identificazione ai checkpoint.
Inoltre, contrariamente a quanto riportato nel rapporto MRTI, HP non è proprietaria di palazzi o centri operativi in Cisgiordania. Come parte di un programma sulla diversità destinato alle donne ultra-ortodosse, una filiale di HP Israel ha assunto una quindicina di donne ebree ultra-ortodosse, per servizi nel settore dello sviluppo di software, in uno spazio affittato a Beitar Illit in Cisgiordania. Conformemente alla legge israeliana che proibisce la discriminazione basata sulla presenza di una persona o di un’entità in Cisgiordania, HP Israele si rapporta ai clienti residenti nei comuni della Cisgiordania attraverso partner commerciali e accordi quadro governativi.
Per concludere, come parte del suo impegno per i diritti umani, HP si impegna a migliorare in Israele la diversità, largamente riconosciuta come una sfida nel settore IT. L'amministrazione locale di HP sostiene fortemente tali sforzi, tra l’altro con la partecipazione a Ma'antech, un'iniziativa che mira ad aumentare la partecipazione degli Arabi israeliani nell'industria hi-tech. Come azienda globale con una presenza significativa in Israele, HP condivide la preoccupazione della Chiesa presbiteriana nei confronti di tutti coloro che sono coinvolti nel conflitto Medio Orientale e sostiene una risoluzione pacifica del conflitto.
Mentre il conflitto in corso in questa regione è complesso, HP crede che le sue pratiche di lavoro in Israele siano coerenti con la propria politica sui diritti umani (nel caso del sistema BASEL la sua implementazione serve realmente a migliorare una situazione difficile).
HP ha agito in buona fede nelle interazioni con la Chiesa presbiteriana, il MRTI e altri investitori che hanno espresso interesse per le politiche sui diritti umani di HP nel corso degli anni. HP ha risposto alle richieste d’incontri sia di persona che telefonici e ha reagito in modo appropriato alle propose presentate dagli azionisti impegnandosi in valutazioni indipendenti, migliorando le sue politiche, implementando l’analisi del rischio e misure scrupolose per affrontare i problemi riguardanti i diritti umani. La Chiesa presbiteriana non dovrebbe perdere di vista il fatto che HP è costantemente considerata leader nel campo dei diritti umani e altre questioni globali di cittadinanza.
HP è pronta a fornire ulteriori informazioni e ad impegnarsi in un dialogo costruttivo nello sforzo di rispondere a qualsiasi domanda della Chiesa presbiteriana.
Cordiali saluti,
Zoe McMahon, Direttore, sociale globale & Responsabilità ambientale e Diritti umani Hewlett-Packard Company
Fonte e risposta completa: Electronic Intifada
Traduzione di BDS Italia