“L’eredità di Abramo? Un rapporto sulla ‘Terra Promessa’” è un dirompente report del Consiglio per la Chiesa e la Società approvato a grande maggioranza questa settimana dall’Assemblea generale della Chiesa di Scozia ad Edimburgo.
di Mick Napier
Nel sottoscrivere il rapporto, con solo una manciata di voti contrari, la Chiesa scozzese rifiuta l’uso strumentale della Bibbia ebraica per “legittimare l’occupazione di terra che ha portato all’evacuazione e dislocamento di 750,000 persone che lì vivevano.”
La Campagna Scozzese di Solidarietà con la Palestina plaude alla forte e netta attestazione della Chiesa di Scozia, la quale ribadisce quanto già sancito nel 2007, ossia il fermo rifiuto delle rivendicazioni del sionismo cristiano, invitando al contempo tutti i membri della Chiesa e i loro rappresentanti a fare altrettanto.
La Chiesa Nazionale, di gran lunga la più grande in Scozia, critica il sionismo in chiave cristiana, inserendo tale critica nell’ambito più ampio di un rifiuto generale del colonialismo europeo nelle sue varie forme; rigetta qualsiasi uso strumentale della Bibbia ebraica che miri a espropriare il popolo palestinese dei suoi beni e dei suoi diritti.
La Chiesa ribadisce inoltre il sostegno già espresso a favore dei diritti del popolo palestinese, ivi incluso il diritto dei rifugiati al ritorno e al risarcimento. Sostegno peraltro in linea con l’opinione pubblica scozzese e internazionale
Nel documento, si auspica e si sostiene:
- la fine dell’ occupazione israeliana in Cisgiordania
- la fine dell’ assedio di Gaza
- lo stop alla costruzione di insediamenti illegali da parte di Israele
- Il riconoscimento da parte di Israele del diritto dei profughi al ritorno e/o la loro compensazione
- Il diritto ad accedere in maniera sicura ai luoghi sacri per le principali religioni presenti nell’ area
- Che il governo britannico e l’ Unione Europea facciano pressione per fermare l’ulteriore espansione delle colonie israeliane e per lo smantellamento di quelle presenti nella Cisgiordania occupata.
L’Assemblea generale aveva già condannato l’acquisizione di terra palestinese “attraverso l’ espansione delle colonie, il muro, la confisca di case, il furto e l’ uso della forza”;
il rapporto ora sottoscritto aggiunge le osservazioni fatte dai capi della Chiesa sudafricana che lo scorso autunno hanno visitato Israele e i territori palestinesi sulle molte similarità tra ciò che avviene oggi in Palestina e quanto avveniva in Sudafrica negli ultimi anni dell’ Apartheid.
Inoltre, estremamente rilevante, la Chiesa di Scozia fa oggi suo il suggerimento presente nel rapporto circa la necessità di sanzioni verso Israele, per spingere quest’ultimo a porre fine alla violazione dei diritti umani in Palestina.
Il rapporto, che significativamente cita Mark Braverman, sostiene il dovere dei cristiani di “non svendere la causa palestinese in ragione del rimorso per l’ Olocausto, per solidarietà all’ebraismo, o per paura di essere bollati come antisemiti”.
Tutto ciò – viene espressamente ribadito - nel rigetto totale di qualunque sentimento o ispirazione antisemita, opponendo a tale accusa un superiore principio ispiratore di giustizia universale, che non può non includere i palestinesi.
La Chiesa di Scozia invita quindi a prendere in considerazione l’appello Iona 2012, nel quale si evidenzia “la crescente sofferenza dei nostri fratelli e sorelle sotto l’occupazione israeliana”, e in cui si sfida “l’assordante silenzio di tante Chiese di fronte alle ingiustizie subite dai palestinesi, di fronte all’espoliazione di terra e alla negazione dei diritti umani e politici fondamentali”.
L’ appello di Iona, recepito dalla Chiesa di Scozia, chiede ai cristiani di partecipare solo a quei pellegrinaggi in Israele/Palestina che incontrino i palestinesi e sostengano la loro resistenza non-violenta all’ oppressione e all’ingiustizia di Israele; supporta l’appello palestinese al boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) e le altre forme dirette di azione non-violenta.
La reazione delle comunità ebraiche
Lo Scottish Council of Jewish Communities (SCoJeC) e la UK Board of Deputies of British Jews (BoD) che avevano criticato questa versione rivista di “L’eredità di Abramo? Un rapporto sulla ‘Terra promessa’” saranno costernati nel vedere questa nuova dimostrazione di impegno pubblico e istituzionale in solidarietà con la Palestina.
La loro prima risposta, stranamente in sordina, quasi presi alla sprovvista, sosteneva che “il rapporto mancava di equilibrio nell’approccio al conflitto in Medio Oriente” e “non contribuiva alla causa della Pace”. Noi pensiamo che, al contrario, lo farà.
Andando poi oltre nel tentativo di esercitare una contro-pressione, SCoJeC e BoD avevano affermato, furenti, che “loro non hanno la presunzione di inserirsi su argomenti riguardanti la teologia cristiana e non lo hanno fatto”; cionondimeno, la scorsa settimana, Jonathan Arkush, vice presidente del BoD, irosamente etichettava il rapporto come “un documento ignorante e tendenzioso mascherato dietro una posizione di carattere teologico”.
Ephraim Borowski, direttore del SCoJeC, che detiene una sorta di record nella denunce strumentali e infondate di antisemitismo, definisce il rapporto “fazioso, debole per quanto riguarda le fonti, e contraddittorio” e chiede “il suo ritiro dalla prossima assemblea generale, per il bene e nell’ interesse della comunità ebraica scozzese”, precisando (contro ogni evidenza) di parlare non con l’intenzione di sostenere un Paese straniero – Israele -, ma con quella di attirare l’attenzione sulla crescente ostilità che vivrebbero a suo dire gli ebrei scozzesi.
D’altra parte, prima di lui, già l’Organizzazione Sionista d’America aveva definito il rapporto della Chiesa “spregevole” e “antisemita” e il suo presidente, Morton A. Klein, aveva insistito nel ribadire che la Bibbia contiene “la promessa di Dio della terra di Israele come un’ eredità imperitura del popolo ebraico”.
La Kairos Declaration e l’ uso strumentale della Bibbia
Le azioni di Israele stesso, con l’espansione degli insediamenti illegali appena prima che l’Assemblea generale delle Chiese di Scozia esprimesse la sua preoccupazione al riguardo, hanno sottolineato la necessità di agire a sostegno dei diritti dei Palestinesi.
“Le recenti azioni del governo israeliano a supporto degli insediamenti illegali, per la costruzione del Muro all’interno dei territori occupati, per il blocco di Gaza e la legge contro il boicottaggio….. Gli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est e quelli in Cisgiordania sono illegali per il diritto internazionale.
La Chiesa si Scozia, i singoli e le organizzazioni civili dovrebbero porre come questione prioritaria il fare pressione affinché Israele cessi l’ ampliamento di questi insediamenti”
A questa significativa presa di posizione, la Chiesa scozzese aggiunge ora la Dichiarazione Kairos Palestine, per la quale “la religione non può favorire o sostenere alcun regime politico ingiusto, ma piuttosto promuovere la giustizia, la verità e la dignità umana, concludendo senza alcuna ambiguità
“Da questo punto di vista, la volontà di coloro che vogliono rilevare la terra palestinese è sbagliata. Il fatto che attualmente la terra sia acquisita attraverso l’espansione degli insediamenti, la costruzione del Muro, la demolizione di case, il furto e l’uso della forza rende doppiamente sbagliato cercare un qualche tipo di approvazione nella Bibbia.”
E per enfatizzare ulteriormente questo punto si insiste ancora sul fatto che
“I cristiani non dovrebbero sostenere alcuna pretesa da parte di qualsivoglia popolo di possedere un certo territorio in base a un diritto divino concesso loro in esclusiva, o addirittura come privilegio.
Noi crediamo che ci sia un uso sbagliato della Bibbia ebraica (l’Antico Testamento dei Cristiani) e del Nuovo Testamento nel considerarlo come una sorta di guida topografica per risolvere i presenti conflitti sulla terra.”
Gli autori del rapporto si chiedono retoricamente dove mai la Bibbia ebraica “davvero sancisca e sostenga…. un’ occupazione di terra che implichi il dislocamento di più o meno 750,000 individui che su quella terra vivevano, e tutte le ingiustizie e le problematiche di carattere umanitario cui assistiamo oggi”.
Secondo la Chiesa, “dovrebbero essere rispettati i diritti umani di tutti i popoli, e questo include il diritto per i profughi palestinesi al ritorno e/o a una compensazione”.
Sottoscrivendo L’Eredità di Abramo la Chiesa di Scozia appoggia la “Condanna del sionismo cristiano” presente nella Dichiarazione di Kairos a nome di tutte denominazioni cristiane in Palestina e incoraggia i membri della Chiesa di Scozia a fare altrettanto.
Entrando nello specifico del testo sacro, il rapporto afferma senza mezzi termini di considerare “ripugnante” l’idea, che ha chiara matrice nel colonialismo europeo del passato, “che una terra sia 'vuota' se non vi siano una cultura e una forma di potere di tipo occidentale”, e rigetta le pretese che la Bibbia cristiana/ebraica conferisca dei diritti privilegiati sulla Palestina o su qualsiasi altra proprietà.
A supporto del rigetto della narrazione sionista, non c’è oggi solo il crescente consenso tra gli storici e gli studiosi al riguardo, ma anche, sottolinea il rapporto, "la mancanza di una precisa evidenza archeologica e il limitato materiale scritto a disposizione, che rendono del tutto inappropriato il tentativo di utilizzare la Scrittura ebraica per definire un’area di terra destinata in maniera esclusiva agli ebrei."
Anticipando la scontata risposta sionista, gli autori “respingono con forza tutte le accuse di pregiudizio antisemita” per il loro sostegno ai diritti umani e politici dei palestinesi nel momento in cui “la situazione attuale in Israele e nei territori palestinesi occupati è caratterizzata da idisparità dal punto di vista del potere e dalla violazione dei valori democratico-liberali per quanto riguarda l’immigrazione, la cittadinanza, l’educazione, l’economia e soprattutto la policy sulla terra”.
La necessità del BDS
Infine, Il rapporto non manca di sottolineare come sia assolutamente legittimo parlare di apartheid per quanto riguarda la politica di Israele e suggerisce il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) come uno strumento necessario per forzare Israele al rispetto delle leggi internazionali e dei diritti umani;
“I capi della Chiesa sudafricana, visitando Israele e i Territori palestinesi occupati nell’ autunno del 2012, hanno potuto osservare similarità con quanto avveniva negli ultimi anni del regime di apartheid in Sudafrica;
è senz’altro di grande stimolo e incoraggiamento, che coloro che vissero in prima persona la realtà dell’ apartheid e il peso che ebbero le campagne internazionali di boicottaggio sul loro Paese collaborino oggi attivamente nel proporre misure di carattere economico e politico comprendenti il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni verso Israele centrate sulla questione degli insediamenti illegali come il modo migliore per convincere i politici israeliani e i loro elettori che quanto sta accadendo è sbagliato.”
Fonte: Scottish Palestine Solidarity Campaign
Traduzione di BDS Italia