In preparazione del bilancio UE post-2020, avete avviato una consultazione pubblica sull'uso dei fondi UE nel settore degli investimenti, della ricerca e dell'innovazione [1]. Cliccando sul link si accede a un questionario, con un'introduzione dettagliata che afferma "Sebbene sia un budget modesto, pari a circa l'1% del reddito nazionale lordo dell'UE o al 2% di tutta la spesa pubblica dell'UE, esso promuove gli obiettivi condivisi dell'UE fornendo beni pubblici essenziali e risultati tangibili per i cittadini dell'UE ".

Noi, come accademici, siamo estremamente preoccupati che tra i molti obiettivi elencati non vi siano quelli che riguardano il progresso della democrazia, dei diritti umani e della libertà di parola nell'UE e all'estero. Indubbiamente, troviamo un obiettivo per il "finanziamento di attività condivise nel campo della migrazione e della sicurezza e per sostenere lo sviluppo e l'aiuto umanitario ", ma non si dice nulla su quali dovrebbero essere queste attività e quale tipo di sviluppo sia previsto. Ci opponiamo a sostenere attività di sorveglianza o controllo, ad esempio, o a sviluppare strumenti a tale scopo, a meno che non siamo certi che siano in atto robuste politiche per proteggere i diritti fondamentali dei cittadini e dei non cittadini. Finora non sono state fornite tali garanzie dalla Commissione.

Una notevole quantità di denaro dei contribuenti europei va all'estero, per scopi che non sostengono i valori europei, né vanno a vantaggio dei cittadini dell'UE. Come ben sapete, il programma di ricerca dell'UE è il secondo fornitore di fondi per le università israeliane, secondo solo al governo israeliano. Queste istituzioni hanno stretti legami con l'establishment militare israeliano e con compagnie di armamenti come Elbit e Israel Aerospace Industries, che sono funzionali al mantenere la popolazione palestinese in Cisgiordania sotto uno stato permanente di assedio, appropriandosi delle loro terre e trasformando Gaza in una prigione a cielo aperto, soggetta a un blocco inumano delle necessità più elementari della vita, dall'elettricità all'acqua. L'Università Ebraica è in parte costruita su terreni palestinesi confiscati illegalmente a Gerusalemme est, mentre altre università sono costruite sui siti di villaggi palestinesi rasi al suolo o, come Ariel, si trovano in insediamenti illegali in Cisgiordania. Queste università formano indubbiamente esperti in sorveglianza e controllo, traendo beneficio dall'esperienza della gestione del muro di separazione, la cui costruzione è stata condannata esplicitamente dalla Corte internazionale di giustizia, e nel controllare la popolazione palestinese con droni e sorveglianza elettronica, ma in che modo giovano ai cittadini dell'UE?

Sostenendo l'occupazione militare e ignorando sia l'opinione pubblica sia le sentenze dei tribunali, l'UE mette a repentaglio i valori della democrazia e della libertà che sostiene come propri. Peggio ancora, "con il finanziamento di attività condivise nel campo della migrazione e della sicurezza" con le istituzioni israeliane, la Commissione rischia di importare nell'Unione europea metodi violenti che sono molto lontani dalle procedure democratiche che il popolo europeo ha istituito per vivere insieme. Per quanto riguarda la condivisione di attività a sostegno dello sviluppo e degli aiuti umanitari, se Israele ha competenza in questi campi, perché non le ha mostrate a sostegno dello sviluppo nei territori occupati e nel portare aiuti umanitari a Gaza?

Queste preoccupazioni sono ampiamente condivise nella comunità accademica europea. Ci riferiamo ad esempio alla recente dichiarazione del Presidente dell'Università di Lovanio sul progetto europeo LAW TRAIN [2], il cui scopo è di facilitare la cooperazione internazionale tra le forze di polizia nell'interrogare i sospetti. Ci si chiede quali valori europei siano migliorati da tale ricerca, ma sia pure così. Se lo chiede, in effetti, anche l’Università Cattolica di Lovanio quando afferma che non parteciperà più al progetto attuale dopo la fine dei suoi attuali obblighi, citando la partecipazione della polizia israeliana e la preoccupazione che tali tecniche vengano utilizzate per sopprimere i legittimi diritti dei palestinesi.

Che questi diritti siano sotto attacco, e lo siano da oltre mezzo secolo, non esiste alcun dubbio. Come esempio recente, vi rimandiamo all’ultimo rapporto dei Capi Missione dell'UE su Gerusalemme 2017 [3]. La situazione non è migliorata dal 2002, quando il Parlamento europeo ha votato per imporre sanzioni economiche a Israele, una risoluzione che non è mai stata attuata.

Il nostro messaggio è semplice: il libero scambio semplicemente non è sufficiente. A meno che l'UE non vada oltre la semplice adesione di facciata nel rispetto dei valori della democrazia, dei diritti umani e della libertà di parola e metta in pratica le linee guida affinché i suoi programmi di ricerca li rispettino, essa fallirà nella sua missione di unire i popoli europei attorno a valori comuni. Più ricerche sono necessarie su questi argomenti e meno sulla vigilanza e sugli interrogatori. Tuttavia è necessaria anche un'azione: ogni progetto dovrebbe essere controllato per verificarne la conformità con la legge internazionale.

L'UE ha preso la decisione encomiabile di richiedere che nessuna attività da essa finanziata abbia luogo nei terreni occupati. Tuttavia questo è difficile da controllare, e poiché si basa principalmente sull'autodichiarazione di Israele, temiamo che questa decisione abbia un impatto minimo nella pratica. I recenti sviluppi in Israele renderanno la situazione molto più chiara. È stata introdotta una legge per trasformare tutte le università e i college situati negli insediamenti della Cisgiordania in membri a pieno titolo del Consiglio israeliano per l'istruzione superiore [4]. Il risultato è che il sistema accademico israeliano nella sua interezza è ora complice dell'occupazione e della colonizzazione della Cisgiordania. Professori, ricercatori e studenti si muovono liberamente all'interno di questo sistema, e i fondi europei assegnati a una università finiscono per beneficiare le altre. Il risultato è che l'UE nel sostenere le università israeliane sta sostenendo l'occupazione. Israele non dovrebbe essere ammesso a partecipare ai programmi di ricerca dell'UE.

Ivar Ekeland

ex presidente dell'AURDIP,

ex presidente dell'Università Paris-Dauphine,

ex presidente del consiglio scientifico dell'Ecole Normale Supérieure

1] Public consultation on EU funds in the area of investment, research & innovation, SMEs and single market

[2Een mensenrechtencharter als leidraad bij internationale onderzoeksprojecten, Luc Sels, rector van de KU Leuven, December 6, 1017.

[3Jérusalem : des diplomates européens accablent Trump et Netanyahou, René Backmann, Médiapart, February 8, 2018

[4Israel’s creeping annexation : Knesset votes to extend Israeli law to academic institutions in the West Bank, Haartez, Yarden Zur, February 12, 2018 (available also here).
Settlement university law set to stoke Israel boycotts, Ellie Bothwell , The Times Higher Education, January 25, 2018 (available also here).

Fonte : AURDIP

Traduzione di Angelo Stefanini