di Angelo Stefanini
La legislazione dell’Unione Europea, in materia di ammissibilità dei programmi di ricerca che finanzia, afferma che un progetto che “viola i principi etici fondamentali… non deve essere selezionato”. La denuncia di 250 accademici di 14 paesi europei.
La scorsa estate 250 accademici di quattordici paesi europei, tra cui quasi cinquanta italiani, hanno firmato una lettera aperta al Commissario europeo per la Ricerca, l’Innovazione e la Scienza, Maire Geoghegan-Quinn, per chiedere l’esclusione dai programmi di ricerca europei di aziende e organizzazioni israeliane complici di violazioni del diritto internazionale[1].
I firmatari denunciano che la partecipazione a questi programmi di soggetti responsabili di violare la legislazione internazionale compromette sia la reputazione della ricerca europea sia gli scopi dichiarati dell’Unione Europea e degli stati membri. L’articolo 3 del trattato di Lisbona, infatti, obbliga l’Unione Europea alla tutela dei diritti umani e al rispetto rigoroso e sostegno del diritto internazionale[2].
Alcune università europee si sono da tempo mobilitate, in risposta all’appello di accademici e della società civile palestinesi, contro la collaborazione in progetti finanziati dalla UE di compagnie e istituzioni israeliane complici nella violazione del diritto internazionale. Jonathan Rosenhead, professore emerito presso la London School of Economics, ha affermato “Le università di tutta Europa sono entrate in consorzi di ricerca finanziata dall’UE in buona fede, salvo poi scoprire che i loro partner israeliani sono coinvolti in gravi violazioni del diritto internazionale“[3]. La Commissione Europea ha dichiarato che affronterà la questione in sede di elaborazione delle norme che disciplinano Horizon 2020[4], il programma multi-miliardario che a partire dal 2014 sostituirà, quale principale meccanismo di finanziamento della ricerca europea, il Settimo Programma Quadro 2007-2013 (FP7). Ma non è ancora chiaro come intende farlo.
Israele nega i diritti dei palestinesi facendo uso di violenza e ignorando il diritto internazionale. Nella indifferenza generale, lo Stato di Israele, membro a tutti gli effetti delle Nazioni Unite, sta violando 28 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (giuridicamente vincolanti per gli Stati membri) e quasi 100 risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (non vincolanti, ma che rappresentano la volontà e il consenso della comunità internazionale). Israele sta violando anche il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 2004 che condanna il Muro di separazione che Israele sta costruendo in tutta la Cisgiordania occupata[5]. Nella sua storia l’Human Rights Council, inoltre, ha adottato nei confronti dello Stato di Israele un numero di dichiarazioni di condanna che supera tutti gli altri Stati messi insieme[6].
Aziende o organizzazioni israeliane di vario tipo spesso contribuiscono direttamente a tali crimini. In altri casi, attori terzi, come imprese e università, possono fornire gli strumenti per compiere le violazioni – l’elemento materiale della complicità. Ai sensi del diritto penale internazionale, chi è coinvolto nella commissione di un reato può essere ritenuto responsabile come principale colpevole o complice. Questo principio è codificato nell’art. 25 dello Statuto della Corte Penale Internazionale[7].
Alcuni dei “partner’ nella ricerca europea
Un numero considerevole di attori israeliani partecipa al FP7 (The Seventh Framework Programme, 2007- 2013). Alcuni di essi contribuiscono direttamente o sono complici di azioni contrarie al diritto internazionale[8].
Ahava Dead Sea Laboratories (DSL) è un produttore e rivenditore di cosmetici in parte di proprietà di tre insediamenti illegali nei territori palestinesi occupati. La fabbrica e il centro visitatori si trovano entrambi nella colonia israeliana illegale di Mitzpe Shalem nella Cisgiordania palestinese occupata[9]. Nel maggio 2011, l’organizzazione israeliana Coalition of Women for Peace ha rivelato le prove che nel 2004 Ahava ha ottenuto la licenza per l’estrazione di minerali dall’amministrazione civile israeliana, rappresentante del governo israeliano nella Cisgiordania occupata, e che il sito degli scavi collocato sulla riva palestinese occupata del Mar Morto è attualmente funzionante[10]. Ahava partecipa a tre progetti del VII FP[11].
Gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati sono riconosciuti dall’Unione Europea come illegali secondo le normative internazionali[12]. Ai sensi dello Statuto della Corte Penale Internazionale, “il trasferimento, diretto o indiretto, da parte della Potenza occupante di propria popolazione civile nei territori che occupa costituisce un crimine di guerra in conflitti armati internazionali”[13]. Esperti di diritto internazionale sostengono che le imprese che hanno rapporti con un insediamento, o che hanno un comportamento che “favoreggia o [...] assiste” l’esistenza di un insediamento, sono complici della violazione del diritto internazionale[14]. Ahava è inoltre coinvolta nell’appropriazione diretta delle risorse naturali dei territori palestinesi occupati. Cio’ è vietato dagli articoli 53 e 147 della IV Convenzione di Ginevra, e dagli articoli 52 e 53 della Convenzione dell’Aia[15].
L’Ahava DSL ha ricevuto dal 2008 €1,08 milioni di fondi per la ricerca nell’ambito del FP7. A dispetto delle preoccupazioni sollevate da Membri del Parlamento Europeo e dalla società civile, e delle assicurazioni agli organi di stampa che avrebbe affrontato la questione della partecipazione dell’Ahava, la Commissione Europea ha appena autorizzato Ahava DSL a partecipare ad un nuovo consorzio di progetto che riceverà €3,49 milioni di fondi dell’Unione Europea.
Elbit Systems è una società israeliana di armamenti che si occupa della costruzione del Muro illegale di Israele e della fornitura di attrezzature e armi all’esercito israeliano. Secondo una ricerca condotta dal governo norvegese, “Elbit Systems produce un sistema elettronico di sorveglianza per la barriera [Muro] di separazione denominato Torch. Torch è progettato per individuare le persone che cercano di attraversare la barriera e per fornire queste informazioni al personale di controllo.” Il sistema è stato ideato e costruito specificamente per farne uso sul Muro[16].
Anche le sussidiarie Elbit Electro-Optics e Elbit Security System forniscono attrezzature supplementari per il Muro. Nel 2004, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha stabilito che il Muro costruito da Israele è illegale secondo la legislazione internazionale[17]. Elbit Systems è quindi complice di questa illegalità. La sentenza della CIG ha inoltre affermato che “tutti gli Stati hanno l’obbligo di non riconoscere la situazione illecita derivante dalla costruzione del muro e di non prestare aiuto o assistenza al mantenimento della situazione creata da tale costruzione”. L’Unione Europea è quindi a sua volta in violazione della legislazione internazionale.
Elbit Systems produce Unmanned Aerial Vehicles (UAV), meglio conosciuti come “droni”, che nell’attacco a Gaza del 2008-09 uccisero 29 civili, otto dei quali minori. Human Rights Watch ha definito questo attacco come indiscriminato e sproporzionato tale da configurare la violazione del diritto umanitario internazionale[18]. Con la fornitura all’esercito israeliano dei droni utilizzati in violazione del diritto internazionale, Elbit Systems è complice di tale violazione. Elbit Systems partecipa a quattro progetti del FP7[19].
La Israel Aerospace Industries (IAI) costruisce attrezzature utilizzate per il Muro e fornisce Israele di droni utilizzati in attacchi contro i civili durante la guerra a Gaza del 2008-09. La IAI partecipa a quattordici progetti del FP7. Come discusso in precedenza riguardo all’Elbit Systems, la IAI è complice delle violazioni israeliane del diritto internazionale relativo alla costruzione del muro e agli attacchi contro i civili a Gaza.
Motorola Israel è coinvolto in diversi aspetti dell’occupazione israeliana e all’insediamento illegale di popolazione ebraica nel territorio palestinese. Fornisce inoltre attrezzature militari all’esercito israeliano. Motorola ha creato quattro sistemi di sorveglianza utilizzati in almeno venti insediamenti illegali per soli ebrei e nei campi militari in tutto il territorio occupato della Cisgiordania[20]. Inoltre, fino al 2009, Motorola Israele era l’azienda leader nella progettazione e produzione di fusibili elettronici per bombe d’aereo e missili teleguidati, compresi quelli utilizzati contro civili nella guerra di Gaza[21]. Motorola Israele partecipa a due progetti del FP7[22].
Come discusso in precedenza, gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati sono illegali secondo il diritto internazionale e le compagnie che forniscono assistenza alla loro esistenza sono complici di questa illecito. Inoltre, attraverso la sua irresponsabile fornitura di attrezzature all’esercito israeliano, Motorola Israele è implicato nei crimini di guerra che hanno avuto luogo durante la guerra di Gaza del 2008-09 come riportato dal rapporto delle Nazioni Unite al riguardo.
Uno dei campus dell’Università Ebraica di Gerusalemme si è allargato fino a occupare suolo palestinese, confiscandolo ai legittimi proprietari. Alcuni dei quartieri studenteschi di proprietà dell’università si trovano in un insediamento illegale a Gerusalemme Est[23]. Inoltre, l’Università Ebraica mantiene stretti legami con l’esercito israeliano. Molti collegi e strutture di formazione militari israeliane sono sotto la responsabilità dell’Università Ebraica che addestra soldati in scienze e tecnologia e ospita una base militare sul suo campus[24].
La stessa è direttamente coinvolta nel trasferimento di civili nel territorio occupato, che, come sopra descritto, costituisce una violazione del diritto internazionale corrispondente a un crimine di guerra. Inoltre, attraverso i suoi profondi legami con l’esercito israeliano, l’università è direttamente complice delle violazioni del diritto internazionale e degli abusi dei diritti umani, compresi quelli che hanno avuto luogo durante la guerra del 2008-09 a Gaza. L’Università Ebraica di Gerusalemme partecipa a 187 progetti del FP7[25].
Il Technion – Israel Institute of Technology è sempre più messo sotto esame da parte degli accademici che si occupano della sua partecipazione e collaborazione con l’esercito e imprese israeliane di armamenti. L’Istituto svolge una vasta gamma di ricerche in tecnologie e armi utilizzate per opprimere e attaccare i palestinesi. Per esempio, gli scienziati del Technion hanno sviluppato un bulldozer telecomandato che è usato per demolire le case dei palestinesi, assieme ad una vasta offerta di programmi “su misura” per l’esercito e il Ministero della Difesa israeliano[26].
La demolizione delle case palestinesi[27] è largamente condannata da organizzazioni internazionali e non governative e rappresenta una grave violazione del diritto internazionale, secondo il quale tali azioni sono consentite soltanto da esigenze strettamente militari[28]. Sviluppando coscientemente una tecnologia che è utilizzata nella demolizione di case, Technion è attivamente e direttamente complice di queste violazioni. Più in generale, per il suo rapporto attivo e permanente con l’esercito e l’industria militare israeliana il Technion è complice delle violazioni che essi commettono. Il Technion intrattiene anche stretti rapporti con aziende come l’Elbit Systems. Technion partecipa a 173 progetti del FP7[29].
Conclusioni
La legislazione dell’Unione Europea, in materia di ammissibilità dei programmi di ricerca che finanzia, afferma che un progetto che “viola i principi etici fondamentali… non deve essere selezionato”[30]. Attori che sono complici delle violazioni del diritto internazionale devono essere esplicitamente esclusi dalla partecipazione. Quando la responsabilità è controversa deve essere invocato il principio di precauzione. Tali indagini devono essere condotte in modo aperto e responsabile, in consultazione con la società civile e altri soggetti interessati.
Israele è il primo partner straniero del programma quadro pluriennale per la ricerca scientifica dell’Unione Europea in cui partecipa con 800 progetti di ricerca finanziati dal contribuente europeo per un valore complessivo di € 4,3 miliardi. Come rilevato dai 250 accademici firmatari della lettera aperta, consentire la partecipazione a progetti di ricerca europei di aziende e organizzazioni coinvolte direttamente o indirettamente in gravi violazioni del diritto internazionale fa sì che l’Unione Europea affidi risorse a soggetti su cui non può fare affidamento di un uso compatibile con i propri obblighi legali.
La questione della partecipazione a progetti di ricerca europei da parte di attori che sono complici di violare la legislazione internazionale deve essere affrontata sia con misure legislative sia attraverso il potenziamento di capacità istituzionali che possano assicurare la corretta applicazione della normativa europea e internazionale. I cittadini europei hanno il diritto di conoscere come sono utilizzati i fondi per la ricerca cui contribuiscono con le proprie tasse. Soltanto se adeguatamente informati potranno esprimere il loro parere sull’opportunità e la moralità del finanziamento di soggetti e iniziative che violano le regole comuni della comunità internazionale .
Angelo Stefanini, Centro Salute Internazionale, Università di Bologna
Bibliografia
- 250 accademici chiedono di escludere aziende israeliane dai programmi di ricerca europei.BDS Italia, 10.07.2012
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- REGULATION (EC) No 1906/2006 OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL of 18 December 2006, laying down the rules for the participation of undertakings, research centres and universities in actions under the Seventh Framework Programme and for the dissemination of research results
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Fonte: Salute Internazionale