Pubblichiamo la risposta di Angelo Stefanini al commento (di seguito) di Achille Scalabrin 

Gentile signor Scalabrin,

sono uno dei docenti che hanno sottoscritto l'appello a boicottare l'Istituto Technion e le università israeliane per il loro colpevole coinvolgimento nelle politiche di occupazione, colonizzazione e apartheid di Israele. Che una firma serva, come lei scrive, anche a mettere "a posto la coscienza" può essere senz'altro vero se, come nel mio caso, è espressione dell'adesione esplicita a un movimento non violento che rivendica giustizia. Non sono invece per nulla d'accordo che possa servire al curriculum, ahimè, visti i ripetuti attacchi di varia natura che subisco da quando mi esprimo in pubblico a questo proposito.

Le confesso che trovo imbarazzante dover rispondere all'ennesimo giornalista che rivolge accuse al movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele usando argomentazioni che dimostrano una preoccupante (per un professionista dell'informazione) ignoranza di che cosa il BDS realmente sia e quali siano i suoi obiettivi. A questo link può trovare una mia precedente risposta a un suo illustre collega.

Nato nel 2005 su appello di una parte consistente della società civile palestinese, il BDS è un legittimo movimento non violento che chiede (a) la fine dell'occupazione militare, (b) pari diritti ai cittadini palestinesi dello Stato di Israele e (c) il rispetto del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. Richieste che si rifanno alla legislazione vigente della comunità internazionale di cui lo stesso Israele si pregia di fare parte.

Nel suo post lei ci accusa di "non discutere" e di avere più "dimestichezza con gli slogan che con il ragionamento". Personalmente da anni cerco di ragionare (cioè fare uso della ragione e riflettere) su ciò che sta succedendo in Israele e nella Palestina occupata da quasi 50 anni. A questo scopo mi avvalgo di svariate fonti di informazione ma soprattutto dell'esperienza accumulata in quattro anni di permanenza in quella regione prima come rappresentante dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e poi come responsabile dei programmi sanitari italiani nei territori occupati.

Di fronte al suo invito a "deporre gli slogan e dotarsi di conoscenza della realtà" mi chiedo quanto di quella realtà lei effettivamente conosca. Ciò che io personalmente ho visto nella Cisgiordania e Gaza occupate sono:

  • Una popolazione privata del diritto di autodeterminarsi in spregio alle leggi internazionali;
  • Checkpoint, blocchi stradali e altri ostacoli come il muro, illegale secondo la Corte internazionale di giustizia (CIG), oltre a un complicatissimo sistema di permessi che impediscono alla popolazione di muoversi liberamente (compreso l'accesso a scuole e università per studenti e insegnanti);
  • Insediamenti colonici ebraici, anch'essi illegali secondo la CIG, che controllano oltre il 40% delle terre palestinesi;
  • Campus universitari dove l'esercito israeliano compie frequenti attacchi arrestando e ferendo studenti e docenti;
  • Famiglie con vecchi e bambini terrorizzate da incursioni notturne di soldati israeliani;
  • Intere famiglie senza casa perché demolita dalle ruspe israeliane o espropriata per essere assegnata ai coloni;
  • Prigioni dove i detenuti (compresi bambini fino a dodici anni) sono torturati e molti di essi incarcerati senza processo per tempi lunghissimi;
  • Profughi e rifugiati che vivono in campi fatiscenti in condizioni miserevoli fin dal 1948 quando furono espulsi e forzati a lasciare la propria terra, e privati del diritto internazionalmente riconosciuto di ritornare alle proprie case;
  • Famiglie che hanno avuto parenti uccisi in esecuzioni sommarie senza processo come sta avvenendo nel silenzio di voi giornalisti anche in questi mesi;
  • e potrei continuare ancora.

Tutto questo soltanto nella Cisgiordania. Riguardo a Gaza, faccio appello alla sua sensibilità umana e di intellettuale affinché cerchi di immaginare in quale orrore possa vivere una popolazione (quasi due milioni di persone) che ha subito le immani distruzioni provocate dalle recenti guerre e sottoposta a un blocco con il mondo esterno quasi totale (anche questo illegale) almeno dal 2007.

Questa è la REALTA', ufficialmente documentata, che ho conosciuto e che forse a lei sfugge.

Ebbene, di tutto questo una grande responsabilità ricade sulle istituzioni accademiche israeliane per il sostegno, la collaborazione o comunque il silenzio da loro offerto.

Riguardo all'invito che dovremmo rivolgere ai prestigiosi nomi che lei cita, non credo che tale compito spetti a noi vista l'enorme esposizione mediatica di cui questi personaggi meritatamente già godono, senza peraltro averla finora utilizzata per una condanna definitiva delle politiche israeliane solo in parte elencate qui sopra. Lo stesso Yehoshua, recentemente intervistato dall'Espresso, minimizza l'impatto del boicottaggio affermando che serve solo "all'autocompiacimento della sinistra europea". Perché allora tanto panico?

Abbiamo, al contrario, invitato altri docenti universitari israeliani che per l'opposizione al loro governo sono stati costretti a emigrare dal loro paese, come il prof. Ilan Pappe'. Purtroppo l'università Roma Tre, dove circa un anno fa era stato concordato il dibattito, gli ha chiuso la porta in faccia all'ultimo momento.

La informo, inoltre, che l'accusa non troppo velata di anti-semitismo che ci lancia, paventando una "possibile richiesta di 'espulsione' di docenti e studenti ebrei", ignora in modo grossolano che il boicottaggio accademico riguarda esclusivamente le istituzioni accademiche e culturali israeliane e non i singoli individui, docenti o studenti, con alcuni dei quali molti di noi continuano a intrattenere amichevoli rapporti sia professionali che personali.

Rispondendo, infine, con piacere al suo "appello all'intelligenza", mi auguro di potere avere presto l'opportunità di discutere pubblicamente le ragioni del boicottaggio accademico e del BDS più in generale in un contesto di piena libertà accademica. Purtroppo i sempre più frequenti episodi di censura e criminalizzazione nei nostri confronti avvenuti in questi ultimi tempi, e condannati dallo stesso Amnesty International, mostrano come tale libertà sia ancora merce rara.

Cordiali saluti

Angelo Stefanini
Professore a contratto
Universita' di Bologna


I prof che boicottano ma non discutono

Achille Scalabrin, 30 aprile 2016

Sono già oltre 300 i firmatari dell'appello al boicotttaggio delle università israeliane, 300 docenti e ricercatori dei nostri atenei- da Bologna a Firenze, da Milano a Torino, da Macerata a Perugia-che aderiscono alla campagna BDS: in nome del popolo palestinese, nessun contatto con gli accademici israeliani, rei di non opporsi alla politica del loro governo. Inutile dire che tutto ciò rievoca sinistri ricordi. Inutile dire che dal boicottaggio alla possibile richiesta di 'espulsione' di docenti e studenti ebrei, il passo può essere breve.

Inutile perché i firmatari hanno più dimestichezza con gli slogan che con il ragionamento. Una firma mette a posto coscienza e curriculum. Arduo sarebbe stato invece per costoro confrontarsi con Abraham Yehoshua, Amos Oz, David Grossman, MeirShalev. Yael Dayan, Lizzie Doron e i tanti scrittori e docenti universitari israeliani che si oppongono alla politica diNetanyahuesi esprimono per uno Stato palestinese accanto a quello ebraico. Avrebbero dovuto prima deporre gli slogan e dotarsi diconoscenza della realtà.

Ma sono sempre in tempo,magari invitando quegli scrittori a parlare nelle nostre università.

Firmerebbero così, finalmente, un appello 'all'intelligenza.