Recentemente, la rete televisiva NBC ha iniziato le riprese di Dig, una nuova fiction drammatica ambientata nel mondo dell’archeologia a Gerusalemme. Normalmente, saremmo deliziati dal vedere i nostri colleghi archeologi avere una tale ostentazione mediatica. Ma non c’è nulla di normale in quest’avventura. Filmato nell’illegalmente annessa Gerusalemme Est, lo show è sovvenzionato con 6,5 milioni di dollari dal governo israeliano. Per fare un paragone, questo significa che Israele sta spendendo più per le riprese di Dig che per il budget annuale per tutte le scuole palestinesi dall’asilo alle superiori.
Quindi, perchè il governo israeliano, al momento nel mezzo di una crisi di budget, sta fornendo milioni di $ alla NBC per fare trasmettere Dig? Perché sono a conoscenza di qualcosa che noi siamo riluttanti ad ammettere: la conoscenza archeologica rimane una delle armi più potenti dello stato israeliano. Se Dig dissotterra qualcosa, è che in Israele l'archeologia non è un’attività né neutrale né innocente. L’archeologia è invece diventata solo uno strumento in più nell’occupazione delle terre palestinesi.
Come antropologi e archeologi, dovremmo essere particolarmente preoccupati quando vediamo la nostra disciplina applicata in modo abusivo per promuovere la discriminazione e l'occupazione. Dando il suo sostegno all’appello palestinese per il BDS, l'AAA ha un'occasione unica per evidenziare l'appropriazione indebita delle nostre tecniche accademiche e difendere il buon nome della nostra professione.
L’archeologia israeliana presente e futura: la giustificazione dell’espropriazione della terra e l’espansione degli insediamenti.
Le riprese dello spettacolo della NBC Dig sono filmate in una location nel quartiere palestinese di Silwan, annesso illegalmente da Israele, situato poco fuori dalla Città Vecchia di Gerusalemme. Dal 1967, Silwan è diventato una chiave di volta per le politiche israeliane di esercitazione del controllo, di espropriazione dei terreni e di legittimazione della sua occupazione sulle aree orientali della città. In questo sforzo continuo, l'archeologia è l’ancella dello Stato.
Negli anni ’90, lo Stato diede il controllo dei siti archeologici della zona in appalto ad Elad, un’organizzazione di coloni di estrema destra i cui obiettivi includono: “insediare le famiglie nella Città di Davide e sviluppare il sito come un quartiere ebraico.”
Il modo in cui Elad, archeologi statali, e la municipalità collaborano per raggiungere l'obiettivo di "una Gerusalemme unificata" è illustrativo della più generale problematica attuazione delle scienze archeologiche in Israele. Come ente privato, Elad l’ha fatta franca con l'utilizzo strategie non trasparenti, leggi discriminatorie, e persino vere e proprie frodi per espellere i residenti palestinesi del villaggio e sostituirli con coloni ebrei. Nonostante la lunga storia di attività illecite dell’organizzazione, l'Autorità per le Antichità di Israele continua ad appaltare ad Elad la gestione di importanti siti archeologici nella Gerusalemme Est occupata.
Elad ha preso pieno vantaggio dalla sua potenza ritrovata per orchestrare il massiccio trasferimento sotto la sua giurisdizione di terreni pubblici archeologicamente ricchi. E mentre le nuove costruzioni di insediamenti israeliani a Gerusalemme Est suscitano quasi sempre un rimprovero della comunità internazionale, l’espropriazione della terra effettuata sotto la facciata di "ricerca scientifica" passa per lo più inosservata.
Com'era prevedibile, gli scavi archeologici di Elad vengono fatti in funzione della promozione dei suoi obiettivi di spostare la popolazione palestinese del villaggio occupato per aumentare il suo carattere ebraico. Uno dei suoi primi progetti è stato lo scavo della Spring House, che ha portato le sorgenti d’acqua del villaggio ad essere inaccessibili per i residenti palestinesi, anche se Elad ha facilitato l’accesso alle fonti idriche ai nuovi coloni ebrei di Silwan. Da allora, Elad è continuamente andata ad ampliare la portata del suo progetto di colonizzazione mascherandolo come " accertamento archeologico dei fatti." Quelli che si presentano inizialmente come progetti archeologici finiscono spesso con la costruzione di alloggi di insediamenti illegali ad uso esclusivo degli ebrei israeliani. Nelle parole di Jawad Siyam, 39enne residente di Silwan, la cui casa della nonna fu tra le prime ad essere sequestrata:
I coloni hanno iniziato prendendosi le case intorno al sito archeologico... Poi gli è stato dato il principale sito di scavi, e hanno costruito nuove case nel parco. E ora stanno cercando nuovi siti, per recintare quanta più terra possibile e scavare sotto le nostre case.
Il più recente progetto mira a istituire un museo di sette piani in cima a un sito archeologico all'ingresso del villaggio, nonostante il danno che probabilmente causerà agli scavi archeologici in corso. I reperti archeologici saranno utilizzati per attirare i turisti internazionali, la maggior parte dei quali non si renderà mai nemmeno conto che sta inconsapevolmente contribuendo con i loro piedi e i loro portafogli alle attività illegali di colonizzazione del villaggio.
Qui, come in altre parti della Cisgiordania occupata, gli scavi archeologici servono a creare "motivazioni sul campo", per favorire ed agevolare così alla fine lo spostamento dei residenti di questo quartiere palestinese occupato, mentre viene spianata la strada per la crescita degli insediamenti a Gerusalemme est.
Archeologia “occupata”
Gli stretti legami tra occupazione ed archeologia possono anche influenzare le possibilità degli accademici di portare Avanti le proprie ricerche. Quando una ricerca archeologica e l’agenda politica entrano in conflitto, quest’ultima vince sempre.
Dopo tutto, è difficile dare la priorità a questioni di rilevanza scientifica quando si sta portando avanti delle missioni ideologiche. Quindi, nel 2011, quando gli scavi hanno scoperto un pozzo di epoca bizantina, Elad si è affrettata ad annunciare che avevano appena trovato il pozzo del profeta Geremia. Questo nonostante il Prof. Ronny Reich dell'Autorità per le Antichità di Israele avesse bollato la dichiarazione di Elad come “senza senso.” Pur mancando di qualsiasi prova archeologica, Elad ha comunque proceduto a trasformare il pozzo in un pilastro dei suoi tour nell'area. Così anche per i dettagli della documentazione archeologica: al fine di rendere "il pozzo di Geremia" più attraente per i gruppi turistici, Elad ha costruito una speciale sala eventi sul sito, demolendo una delle sue mura prima che potesse essere adeguatamente scavata.
In altri casi più eclatanti, Elad si è spinta fino al punto di distruggere resti ed artefatti musulmani, e perfino di buttare via alcuni scheletri dell'epoca islamica. In questi casi, l'organizzazione sembra valorizzare la sua missione di "sviluppare del sito in quartiere ebraico" più del suo impegno per una fedele documentazione archeologica. Inutile dire che tali pratiche violano i codici dell'etica dell'archeologia in materia di "eque partnership” con le popolazioni indigene, come stabilito dal the World Archeological Congress. [1] Sfortunatamente, le preziose informazioni storiche non sono l'unico e nemmeno il più diretto danno provocato dei poveri metodi archeologici promossi da Elad. L'organizzazione ha inoltre sperimentato strategie volte a utilizzare l'archeologia per aumentare la rimozione dei residenti palestinesi del villaggio ed estendere la sovranità israeliana su Gerusalemme est.
L’uso dei tunnel da parte di Israele: gli scavi nelle vecchie case palestinesi
A Gerusalemme Est, l’archeologia non è solamente un pretesto per l’espropriazione della terra. Le scienze archeologiche forniscono anche un modo per rendere le abitazioni dei palestinesi non agibili.
Nella maggior parte del mondo, il metodo archeologico di scavare dei tunnel orizzontali sottoterra è da lungo considerato obsoleto. La pratica è caduta in disuso circa un centinaio di anni fa, quando è stata rimpiazzata dal metodo stratigrafico di scavo con l’utilizzo di colonne verticali. Eccetto che in Israele, dove gli archeologi stanno ritornando alla pratica di scavi di tunnel laterali, in un processo che causa massicci danni strutturali alle case, alle strade e ai quartieri palestinesi densamente popolati a Gerusalemme Est.
Dando la priorità a cosa c'è sotto la superficie, il sistema (scientificamente dubbio) di tunnel orizzontali riesce a danneggiare (letteralmente) le infrastrutture palestinesi. La subsidenza del suolo causato da questi obsoleti metodi archeologici è diventata così frequente che quasi tutte le case a Silwan mostrano oggi visibili crepe. Nel 2009, il crollo di un tunnel ha causato il cedimento di una scuola femminile palestinese per dare modo, ferendo 17 bambine. Mesi dopo, una creda in una sezione diversa dello stesso sito ha portato al crollo del parcheggio di una moschea, lasciando dietro di sé un grande cratere. E una simile frana nei pressi di un asilo ha prodotto una buca profonda 4 metri, che deve ancora essere completamente riparata.
Nel frattempo, il comune di Gerusalemme è intervenuto per dichiarare vari siti danneggiati dagli scavi come non sicuri, fornendo così la scusa perfetta per demolire ancora più infrastrutture palestinesi a Gerusalemme est. Nel mese di settembre, dopo aver analizzato alcune delle strutture recentemente indebolite nel quartiere di al-Qirmi, le autorità municipali hanno proceduto ad emettere 20 nuovi ordini di sfratto. In questo caso, l'archeologia funziona non solo come strumento ideologico, ma anche, nelle mani di Elad, come strumento di espropriazione.
Quando gli è stato chiesto del potenziale pericolo causato dall’uso degli scavi di tunnel per i residenti di silwan, il fondatore del gruppo archeologico-filo colono Elad ha ammesso che gli scavi minacceranno le case palestinesi:
Come è stato notato da Yonathan Mizrahi, archeologo che lavora per l’Autorità per le Antichità di Israele: “Vogliono usare l’archeologia, e anche la finta archeologia, per coprire la loro agenda politica per mandare via i palestinesi di Silwan.”
Silwan: un microcosmo dell’archeologia israeliana
Sfortunatamente, gli eventi di Silwan sono esemplari, più che eccezionali, degli usi e degli abusi dell’archeologia da parte dello Stato di Israele. Molti villaggi nella regione sono stati continuamente abitati per secoli o addirittura millenni. Come risultato, qualsiasi posto della regione può ragionevolmente essere descritto come seduto in cima a un sito di almeno qualche importanza archeologica. Piuttosto che utilizzare questo per arricchire la nostra comprensione della regione, tuttavia, entrambi i gruppi statali e coloni israeliani hanno cinicamente usato questa ricca eredità storica per rafforzare l'occupazione. A tutti gli effetti, l'archeologia è diventata un'altra strategia militare.
Questo non è un fenomeno particolarmente nuovo. Come la famosa antropologa Nadia Abu El-Haj ha documentato nel suo libro, Facts on the Ground, le pratiche archeologiche erano parte integrante dei primi sforzi sionisti di colonizzazione della Palestina, ancor prima del 1948. Le tipologie di miti storici selettivi e talvolta non storicamente fondati, che erano così parte integrante del modello dell’identità sionista, continuano a ritmo sostenuto nel modo in cui Elad rappresenta (in maniera fuorviante) la documentazione archeologica. Più direttamente, l’antropologa mostra anche come la demolizione post-1967 del quartiere marocchino della Città Vecchia abbia letteralmente spianato la strada per ulteriori espropriazioni travestite da esplorazione archeologica (capitolo 7).
Tuttavia, negli ultimi anni queste strategia di vecchia data si sono intensificate, con Israele che cerca fondamentalmente di rimodellare lo scenario di Palestina/Israele all’alba del fallimento dei colloqui di pace di Oslo.
Mentre il lavoro di Elad a Silwan è forse l’esempio più drammatico, è ben lungi dall’essere unico. Con la dichiarazione di “zone archeologiche” di aree che sono fino a 20 volte più grandi di quella dello scavo effettivo, per demolire perfino strutture provvisorie, e con lo sfratto di residenti, rifiutando le alternative sviluppate a livello locale per la conservazione dei siti, i progetti archeologici sono sempre più utilizzati dallo Stato di Israele per rimodellare violentemente i dati demografici della regione. Come la ONG di archeologia israeliana Emek Shaveh ha sostenuto, molti di questi progetti sembrano derivare “dal desiderio di creare una continua zona israeliana che sarà quasi totalmente priva di palestinesi; lo sfratto dei residenti del villaggio faciliterà la futura annessione della zona a Israele ".
Come si potrebbe sospettare, data l’importanza storica della regione, Palestina/Israele contiene alcuni dei più importanti siti di ricerca archeologici del mondo. Purtroppo, questi progetti sono sempre più guidati da esigenze politiche, piuttosto che scientifiche. Il risultato rischia di infangare il buon nome della nostra disciplina e di coinvolgerci nella occupazione delle terre palestinesi.
CONCLUSIONE
L'AAA ha una lunga storia di difesa della disciplina da coloro che vorrebbero abusarne per i propri fini. Recentemente, l'American Anthropological Association si è lamentata con lo show American Diggers. Secondo lettera inviata a SpikeTV dalla AAA: “Il programma televisivo danneggerà il sostegno pubblico fondamentale per la tutela, la conservazione e l'interpretazione dei documenti archeologici.” In Palestina/Israele, lo stato delle scienza archeologiche come attività accademica sta affrontando minacce simili. L'utilizzo di progetti archeologici per trasferire forzosamente i palestinesi, espandere gli insediamenti, e promuovere un rigido programma ideologico minaccia di trasformare questa ricerca della conoscenza storica in un altro strumento di occupazione e discriminazione.
L'AAA ha il dovere di continuare a difendere la reputazione della disciplina, soprattutto in un momento in cui un’emittente televisiva americana sta cercando di collaborare ad un progetto così discriminatorio. Appoggiare un appello unitario della società civile palestinese al BDS invia un messaggio forte. Questo messaggio è rivolto in primo luogo ai cinici abusi delle tecniche della nostra disciplina da parte del governo israeliano. Ma è anche una chiara direttiva per corporazioni come la NBC, che cercherebbero di fare una rapida opposizione all’espropriazione delle terre palestinesi. Come abbiamo dimostrato nel nostro recente commento su American Diggers, questo è un settore in cui la voce del AAA ha un impatto molto grande.
Mantenere la tradizione dell'organizzazione di difesa degli usi etici dell’antropologia è solo uno dei modi con cui il boicottaggio accademico salvaguarderebbe le migliori tradizioni della AAA. La prossima volta, ci sarà uno sguardo più da vicino la storia dell'organizzazione per vedere in che modo il sostegno al BDS si adatta perfettamente alla storia della nostra organizzazione.
Note:
[1] Come per molti altri aspetti dell’occupazione, questi abusi dell’archeologia per rafforzare l’occupazione dei territori palestinesi sono resi possibili dagli accademici delle università di Tel Aviv e della Hebrew University. Per esempi più esaustivi ed analisi del collaborazionismo delle accademie con l’occupazione, vedere il precedente articolo.
Fonte: savageminds.org
Traduzione: BDS Italia