Questo è il secondo articolo a sostegno dell’approvazione del boicottaggio accademico da parte dell’AAA. Per informazioni più generali sul BDS, vedere il primo articolo.

Lo scorso Maggio, studenti palestinesi dell’Haifa University hanno chiesto il permesso di tenere una commemorazione formale nel campus universitario per gli oltre 600 villaggi palestinesi distrutti nel corso della Nakba (l’espulsione di massa dei residenti palestinesi che ha accompagnato la fondazione di Israele). Quando gli amministratori hanno respinto la loro richiesta, gli studenti hanno deciso di riunirsi in maniera informale senza bandiere e senza striscioni. Non stavano violando alcuna politica dell’università.

Ma perfino questa silenziosa commemorazione era troppo, per gli amministratori. L’Haifa University ha organizzato una rumorosa festa di balli nel cortile interno per disturbare l’informale raduno. Durante l’evento, rappresentanti del sindacato studentesco hanno insultato i presenti che si erano radunati ed è stata inviata la polizia per intimidire e successivamente disperdere gli studenti palestinesi.

Quanto successo all’Haifa University è solo l'ultimo di una ben più lunga serie di abusi alla libertà accademica. [1] Negli ultimi anni, tutte le principali università israeliane si sono impegnate in una qualche forma di censura su ricerche ed eventi che venivano percepiti essere critici verso lo Stato - dal sopprimere commemorazioni per la Nakba a censurare curricula universitari sui diritti umani, e persino il vietare testi accademici sull'occupazione. Allo stesso tempo, le università israeliane svolgono un ruolo cruciale nel mantenimento dell'occupazione e della discriminazione contro le minoranze.

I sostenitori dell’occupazione israeliana criticano spesso il boicottaggio definendolo una violazione della libertà accademica. Ma, in realtà, è vero il contrario. Sia le politiche dello Stato di Israele che delle sue università costituiscono un attacco ai diritti fondamentali all'istruzione. Queste violazioni riguardano non solo le università nei territori palestinesi occupati, ma anche quelli all'interno delle linee dell’armistizio del 1949, come l’Haifa University. Al fine di tutelare i diritti all’istruzione di tutti gli abitanti della Palestina e di Israele, dovremmo rifiutare di cooperare con un sistema che contribuisce all'occupazione, che discrimina studenti palestinesi, e che punisce il dissenso politico.

 

Attacco alle università palestinesi

L'esercito israeliano considera le università palestinesi non come centri di produzione di conoscenza, ma come l’ennesimo bersaglio di una sessantennale occupazione militare.

L'ultimo esempio si è visto giusto la scorsa settimana, quando l'esercito israeliano ha lanciato raid nei campus della Birzeit University, della Al-Quds University e della Arab-American University a Jenin, causando nel corso delle sue invasioni ingenti danni agli edifici e alle strutture.

Nello stesso tempo, l’esercito israeliano ha anche convertito la Palestine Ahliya University vicino a Betlemme in un centro di detenzione temporaneo.

Questi ultimi raid non sono affatto una situazione sviluppatasi di recente. Dal 1988 al 1992, Israele ha costretto la Birzeit University ha chiudere totalmente i suoi cancelli. Chiusure più brevi hanno interessato praticamente ogni istituzione di educazione superiore palestinese.

E non sono neanche rare. L'esercito israeliano spara proiettili di gomma e gas lacrimogeni nei campus universitari così spesso che una professoressa d’inglese di nostra conoscenza della Al-Quds University di Gerusalemme Est si porta dietro dei rimedi anti-gas lacrimogeno nella borsetta ogni volta che va a insegnare. Mentre gli effetti del gas possono essere gestiti, le interruzioni costanti alle sue lezioni derivanti dalle incursioni sono più difficili da affrontare.

Gli effetti degli attacchi israeliani alle università palestinesi sono ancora più palpabili nella Striscia di Gaza. Nel 2009, Israele ha bombardato il campus  dell'Università Islamica, distruggendo i laboratori informatici e quelli scientifici, e il campus della biblioteca. [2] Nel frattempo, l'assedio su Gaza ha reso difficile reperire anche i materiali didattici di base, come la carta e libri. E, grazie alle dure restrizioni israeliane sul movimento, i giovani abitanti di Gaza si trovano di fronte a grandi difficoltà se vogliono accedere all'istruzione superiore al di fuori della Striscia: Israele vieta agli studenti di Gaza di frequentare università in Cisgiordania e ha più volte impedito loro di partecipare al programma Fulbright o che frequentano le università americane.

Al di là dell’interruzione dell'apprendimento degli studenti, queste restrizioni sulla vita universitaria rendono estremamente difficile per gli accademici stranieri dare vita a partnership di ricerca produttive con i loro colleghi palestinesi. Oltre a trattare con l'incertezza e le restrizioni sul movimento che la vita sotto l'occupazione militare comporta, la regolamentazione arbitraria dei visti per i ricercatori stranieri e le regole di importazione draconiane interferiscono con la capacità delle università palestinesi di essere centri di ricerca.

Nonostante queste gravi violazioni della libertà accademica, le istituzioni accademiche israeliane sono state vistosamente in silenzio su questi problemi. [3] Data la complicità delle istituzioni accademiche israeliane nell'occupazione, il loro silenzio non dovrebbe sorprendere nessuno.

 

Non sono degli innocenti spettatori: le università israeliane e l’occupazione.

Le università israeliane non sono degli innocenti spettatori nell’occupazione dei territori palestinesi. Vi partecipano attivamente.

Alcuni campus universitari sono direttamente costruiti su terre occupate. L’Ariel University (istituto studentesco solo recentemente promosso ad istituto dell’educazione superiore) è interamente costruita all’interno di un insediamento illegale. L’ Università Ebraica di Gerusalemme, fondata all'interno della linea di armistizio del 1949, ha recentemente ampliato il suo campus al di là della Linea Verde. E l’Herzog College, un'istituzione accademica più piccola, si trova nella colonia di Gush Etzion.

Inoltre, quasi tutte le università israeliane collaborano con l'esercito israeliano per sviluppare armamenti che i soldati utilizzano per mantenere l'occupazione. Ad esempio, sia l’Istituto Technion che il Weizmann hanno pianificato dei corsi di studio accademici in coordinamento con i produttori di armi israeliane, tra cui Elbit e Rafael Advanced Defense Systems. Tra i risultati più noti di queste partnership c’è il bulldozer telecomandato Caterpillar D9, responsabile della distruzione di migliaia di case palestinesi in Cisgiordania.

Le università israeliane hanno pure giocato un ruolo cruciale nello sviluppo di alcuni tra le più efferate strategie militari impiegate nei Territori Palestinesi Occupati. Forse l'esempio più noto è lo sviluppo della dottrina Dahiya - una strategia militare che "comporta l'applicazione di forza sproporzionata e il causare gravi danni e distruzione di proprietà ed infrastrutture civili" – da parte dell'Istituto di Studi per la Sicurezza Nazionale della Tel Aviv University. Questa dottrina militare ha portato ad un gran numero di morti e di distruzioni di infrastrutture civili nella guerra di Gaza del 2009.

Sempre più spesso, le istituzioni accademiche israeliane si stanno mobilitando per giustificare agli occhi del mondo le violazioni israeliane dei diritti umani. Durante la guerra del 2009 in Gaza, il Centro Interdisciplinare del Herzilya, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri israeliano, ha istituito una "stanza della guerra” per difendere le azioni militari di Israele su Internet. Dal termine dell’offensiva militare, questi programmi sono diventati più diffusi. Oggi, gli studenti delle università di Tel Aviv, Ariel, e Haifa possono ricevere crediti per aver frequentato corsi di hasbara, imparando strategie di propaganda sui social media volte a giustificare l'occupazione militare israeliana sotto le mentite spoglie di "diplomazia pubblica".

Le università in Israele non sono quindi semplicemente spazi per l'apprendimento. Esse sono diventate i centri dove si disseminano e si sviluppano le idee e le armi che Israele utilizza nella sua occupazione.

 

La discriminazione contro i palestinesi nei campus israeliani

Così come partecipare all'occupazione dello Stato di Israele dei territori palestinesi, le università incoraggiano anche la discriminazione dello Stato contro le proprie minoranze. Infatti, all'interno della Linea Verde, i campus israeliani sono in prima linea sul fronte di un’ampia varietà di assalti al principio di uguaglianza.

Forse l'esempio più esplicito di questo razzismo universitario negli ultimi anni è arrivato nel 2009, quando il Centro Accademico Carmelo ha chiuso il suo programma in materia di contabilità perché la maggior parte degli studenti iscritti sarebbe stata non-ebrea. Registratone l'audio, il finanziatore dell'istituto ha spiegato: "Se c’è una maggioranza araba, non ce lo possiamo permettere, perché non possiamo permetterci di essere classificati come un ente arabo".

In generale, comunque, la discriminazione contro gli studenti palestinesi avviene attraverso forme strutturate di razzismo legalizzato, piuttosto che attraverso situazioni così palesi. Le leggi israeliane consentono alle università di fornire ammissioni preferenziali e di sostegno finanziario ai soldati riservisti. Ma mentre la leva è obbligatoria per i cittadini ebrei, la maggior parte dei cittadini palestinesi sono esenti dal servizio nazionale. [4]

Come risultato, la discriminazione contro gli studenti palestinesi è istituzionalizzata ad ogni livello della vita universitaria. Gli studenti palestinesi sono di fatto esclusi da molte borse di studio e si trovano ad affrontare requisiti di ammissione più severi rispetto ai loro compagni di corso riservisti. Alla Haifa University perfino le condizioni per aver accesso a risiedere nel dormitorio sono basate sull’adempimento degli studenti al servizio militare. [5]

I risultati della diffusa discriminazione in Israele sono evidenti nei risultati scolastici: anche se oltre il 20% dei cittadini israeliani sono palestinesi, quest’ultimi rappresentano solo il 9,5% degli studenti di BA (laurea triennale, ndt), il 4,8% degli studenti di MA (laurea specialistica, ndt), e il 3,2% dei dottorati di ricerca. Solo l'1% dei professori delle università israeliane è palestinese.

Le università in Israele contribuiscono attivamente non solo all'occupazione, ma anche al sistema di razzismo legalizzato di Israele. Come hanno imparati gli studenti all'Università di Haifa, queste pratiche discriminatorie non si fermano dopo le ammissioni.

 

Mettere a tacere il dissenso: le restrizioni sulla ricerca e sulle opinioni nei campus israeliani

Una volta al campus, gli studenti e gli studiosi palestinesi affrontano un clima di diffusa ostilità. Le proteste dell'Università di Haifa per la Giornata della Nakba ne sono solo l'ultimo esempio. In passato, le università israeliane hanno sospeso conferenze, proibito raduni, e perfino arrestato pacifici dimostranti che manifestavano le operazioni militari israeliane. Hanno anche annullato le proiezioni nel campus di documentari vincitori di premi sull'occupazione perché giudicati essere "troppo politici".

Le violente restrizioni all’istruzione non sono affatto limitate ad ostacolare le attività degli studenti palestinesi. Le Facoltà delle istituzioni israeliane si trovano ad affrontare anche l'aumento dei limiti alla loro agenda di ricerca, in particolare nei casi in cui la loro ricerca si ritiene essere troppo critica nei confronti dell'occupazione israeliana. Nel 2012, il Primo Ministro israeliano Bibi Netanyahu ha impedito ha impedito a Rivka Feldhay di unirsi ad una istituzione accademica tedesca a causa del suo sostegno per i soldati che si rifiutavano di servire nei Territori Palestinesi Occupati.

Interferenze politiche simili hanno quasi fatto chiudere il Dipartimento di Governo e Politica della Ben Gurion University, dopo che importanti politici hanno espresso disappunto per le opinioni di alcuni dei suoi professori. Alla fine, il reparto è scampato alla chiusura, ma solo dopo aver attuato le modifiche al suo curriculum e assunto diversi ricercatori “amici dello Stato” per placare i suoi critici.

Mentre può essere difficile quantificare questi tipi di censura, la persistenza di queste storie indica che ci troviamo davanti a qualcosa di più che un paio di episodi isolati: sono la prova di un clima persistente di intimidazione nei confronti dei palestinesi e dei dissidenti politici nei campus israeliani.

 

Conclusione

Mentre alcuni singoli studiosi hanno coraggiosamente denunciato le politiche violente e discriminatorie dello Stato, le istituzioni accademiche israeliane rimangono complici sia della belligerante occupazione militare di Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza, così come delle pratiche discriminatorie all'interno della Linea Verde. Ci è stato chiesto da una società civile palestinese unita di ritirare il nostro sostegno a tali pratiche. Date le politiche delle università israeliane documentate in questo articolo, crediamo che dobbiamo onorare questa richiesta di approvare il boicottaggio accademico.

Come associazione di studiosi, l'AAA ha l'obbligo di sostenere i nostri colleghi, ovunque essi si trovino. I raid militari israeliani nelle università palestinesi, la discriminazione contro gli studenti palestinesi, e le restrizioni in materia di ricerca accademica rappresentano gravi violazioni della libertà accademica.

Nel frattempo, le università israeliane non si limitano a rimanere in silenzio di fronte a questi atti, ma li hanno attivamente perpetuati, sia attraverso la loro partnership con l'esercito israeliano e sia nella loro censura degli studenti e dei professori. Fino a quando il governo israeliano non rispetterà i principi dei diritti umani e della libertà accademica nelle università della Palestina e di Israele, l’AAA dovrebbe ritirare qualsiasi forma di sostegno da questo sistema discriminatorio.

Non è solo la conoscenza accademica in astratto che svolge un ruolo nel mantenere l'occupazione. Anche le tecniche archeologiche della nostra stessa disciplina vengono utilizzate da parte dello Stato di Israele come arma da guerra. Ma noi entreremo in quello più nel prossimo articolo.

 

 

Note:

 

[1] In questo articolo, citiamo alcune delle violazioni più eclatanti alla libertà accademica, la quasi totalità delle quali si è verificata negli ultimi cinque anni. Nello scrivere questo articolo, il problema più grande che abbiamo avuto è stato ritagliare i numerosi esempi di restrizioni israeliane sul diritto all'istruzione per adattarsi a un breve post sul blog. (La prima stesura di questo post - che non copriva nemmeno una frazione di recenti violazioni - era di ben oltre 3000 parole) per una più completa documentazione di questi abusi, si consiglia di iniziare con: “Academia Undermined: Israeli Restrictions on Foreign National Academics in Palestinian Higher Education Institutions“; Report annuale 2011-2012 di al-Raed; il il report sul boicottaggio accademico di Israele dell'Alternative Information Center

[2] Una successiva missione di accertamento dei fatti delle Nazioni Unite ha confermato che "Questi erano edifici scolastici civili, e la Missione non ha trovato alcuna informazione circa il loro uso come struttura militare o il loro contributo a uno sforzo militare che potrebbe averlo reso obiettivo legittimo agli occhi del le forze armate israeliane ".

[3] Ad oggi, non sappiamo di alcun senato accademico e di facoltà israeliano che abbia approvato una risoluzione che condanna le frequenti chiusure e le incursioni sulle università palestinesi. Con solo poche eccezioni di rilievo, gli accademici israeliani sono altresì stati in gran parte in silenzio sulla questione: solo il 4,5% (n = 407) dei 9000 professori israeliani a cui è stato chiesto di firmare una petizione del 2009 a sostegno della libertà accademica palestinese lo ha fatto. Un fattore che contribuisce a questo silenzio è senza dubbio il clima di intimidazione e censura nei campus universitari.

[4] La discriminazione sulla base del servizio militare colpisce i settori della vita ben oltre l'aspetto universitario. Per questo motivo, il Dipartimento di Stato americano ha criticato queste politiche discriminatorie: "I cittadini che non svolgono il servizio militare godono di un minor numero di vantaggi sociali ed economici e sono a volte discriminati nelle pratiche di assunzione

[5] Un esempio particolarmente forte di come queste politiche influenzino la vita del campus si è verificato al Safed College, situato nella regione della Galilea a maggioranza palestinese. Nel 2012, sotto la spinta del presidente di collegio, il sindacato studentesco ha modificato il proprio regolamento riguardante come l’aver prestato servizio militare fosse precondizione per essere eletti a presidente. Come risultato, il 60% degli studenti universitari che sono palestinesi non sono più ammissibili a correre per la nomina a presidente. 

 

 

 

 

Fonte: savageminds.org

Traduzione: BDS Italia