di Jake Lynch

Più le persone sono informate sulla questione israelo-palestinese, più sembrano solidarizzare coi palestinesi. Jake Lynch spiega perchè continuerà a difendere il suo diritto di boicottare Israele in tribunale.

Questa settimana, sto difendendo alla Corte Federale d’Australia il mio diritto di non prendere parte negli accordi istituzionali con le accademie israeliane, in risposta all’appello della società civile palestinese per un boicottaggio culturale ed accademico di Israele.

La richiesta di giudizio nei miei confronti, sulla base delle leggi anti-discriminazioni australiane, è stata avanzata da un centro legale israeliano, Shurat HaDin, che ha collegamenti con il Consiglio di Sicurezza Nazionale e il Mossad.

Ho il sostegno di migliaia di attivisti in tutto il mondo, e del consiglio direttivo del Centro per la Pace e per gli Studi dei Conflitto all’Università di Sidney, che dirigo.

L’obiettivo strategico del boicottaggio è porre fine all’impunità dell’illegalità e della militarità di Israele. Ci sono molti altri paesi che uccidono civili durante le operazioni militari; che occupano un territori ufficialmente riconosciuto come non proprio; che accumulano armi nucleari senza firmare il Trattato di Non Proliferazione, e che sistematicamente applicano un regime di discriminazione in violazione della Convenzione ONU riguardante il crimine di apartheid. Ma un solo paese fa tutte queste quattro cose insieme.

I palestinesi pagano il prezzo immediato, ma il danno reale è molto più di ampia portata. Quando un criminale così illustre non soffre alcuna conseguenza per tali violazioni, qualsiasi tentativo di far valere il diritto internazionale viene assalito da pretese di double standards.

I governi sono reticenti nel criticare Israele, per non parlare di proporre qualsivoglia azione sul campo contro di lui. Il governo Abbott si è perfino allineato con la frangia estrema dei filo israeliani riguardo l’opinione pubblica mondiale, negando l’illegalità dell’occupazione – l’equivalente della sua negazione dei cambianti climatici dovuti all’uomo.

Israel’s reflex recourse to violence becomes a cost-free option without diplomatic pressure. Alternative responses, such as bringing forward plans to dismantle illegal settlements on Palestinian land, seem risky and uncertain by comparison. Peace advocates stand no chance in political debate. To even things up, we have to take action in civil society, through the growing global movement for Boycott, Divestment and Sanctions (BDS).

Le università israeliane sono profondamente complici nell’occupazione della Palestina. L’ufficio direttivo dell’Università Ebraica di Gerusalemme è presieduto da Michael Federmann, che è anche presidente di Elbit Systems, il più grande produttore di armi di Israele. It accredits military training courses, and part of its Mount Scopus campus is built on land confiscated from its rightful Palestinian owners.

La Technion University di Haifa ha pure lei un’estesa rete di relazioni con l’industria militare e bellica, ed ospita anche il the Samuel Neaman Institute, che ha pubblicato un report sulla “diplomazia pubblica” per il Ministero degli Affari Esteri israeliano. Questo identifica le “istituzioni educative” come “clienti beneficiari” degli sforzi di pulizia dell’immagine di Israele all’estero.

La ricerca accademica è usata come metodo per distogliere l’attenzione dal modo in cui sono trattati i palestinesi. Proprio come erano impensabili le non implicazioni politiche nelle competizioni sportive con il Sud Africa sotto regime della minoranza bianca, così non esiste non implicazione politica nell’impegnarsi in cooperazioni istituzioni con le università israeliane. Possiamo quindi decidere di collaborare nello sfruttamento [dei palestinesi, ndt], o di prendere una posizione.

L’Università di Sidney offre borse di studio per finanziare accademici della Hebrew University of Jerusalem e della Technion University per farli venire in Australia, e alle loro controparti australiane per farli andare nelle università sopracitate. Quando il mio Centro adottò la politica del boicottaggio, scrissi al Vice Cancelliere Michael Spence, chiedendogli che questo sistema di borse di studio fosse revocato.

Un anno fa, fui contattato dal professore Dan Avnon della Hebrew University, che chiese il mio permesso per usare il mio nome sulla sua candidature per una di queste borse di studio. Rifiutai, citando la politica sul boicottaggio.

E’ sulla base di questo che ora sto venendo portato in tribunale. Tutti i cinque richiedenti di giudizio nei miei confronti provengono da Israele – nessuno dall’Australia. E’ una class action ma lo stesso Avnon non vi si è unito, così come qualsiasi gruppo filo israeliano locale. Il Consiglio Esecutivo degli Ebrei Australiani, per esempio, ha fatto uscire un comunicato in cui si invitava a dibattere la questione attraverso l’opinione pubblica, piuttosto che in tribunale.

Il procuratore legale che fece la stesura dell’applicazione di legge dichiarò a Leigh Sales della ABC che “il professore Dan Avnon è stato boicottato perché era israeliano ed ebreo”. Ma non ci sarebbe stata alcuna differenza se fosse stato un buddhista di Bendigo. Il boicottaggio è mirato al sistema, non alle singole persone. Le dicerie che vogliono la nostra politica essere anti-semita sono state confutato dal flusso di apprezzati eventi che abbiamo organizzato negli anni recenti con illustri oratori ebrei ed israeliani, come il professore Ilan Pappe e il Rabbino Rabbi Michael Lerner.

I sondaggi sull’opinione pubblica, in Europa ed altrove, mostrano che più le persone sono informate sulla questione israelo-palestinese, più sembrano solidarizzare coi palestinesi. Questo cambiamento viene riflesso nel processo politico, come evidenziato dalle votazioni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. I paesi dell’Unione Europea che tradizionalmente si astengono dalle mozioni sull’occupazione ora votano in maniera molto più decisa – in favore di riconoscere lo status di “stato osservatore non membro” alla Palestina, ad esempio.

Questo spiega l’attuale ondata di tentativi di soffocare il dibattito, di cui questo caso legale ne rappresenta uno. Questi tentativi sono finalizzati ad instillare paura e a tenere a bada il potenziale supporto [alla causa palestinese, ndt]. Un risultato positivo dissiperà questa paura e rafforzerà il movimento di boicottaggio. E ciò promuoverà le prospettive per una pace con giustizia, sia per palestinesi che per israeliani.

 

 

 

Fonte: newmatilda.com

Traduzione: BDS Italia