Cari colleghi:

il Dipartimento di Comunicazione e Giornalismo dell'Università Ebraica di Gerusalemme ha recentemente annunciato l'apertura di una cattedra per ricerca e insegnamento a partire da Luglio 2014. Le candidature si sono chiuse il 30 Settembre 2013.

Noi, firmatari della presente, ci appelliamo alla comunità accademica internazionale affinchè questa mostri un coscienzioso rispetto del boicottaggio accademico di Israele, rifiutando di candidarsi alla posizione aperta all'Università Ebraica di Gerusalemme.

Questo annuncio segna per la prima volta l'offerta di un posizione nell'ambito dei media, comunicazione e studi culturali da parte di un'università israeliana. Incita le potenziali assunzioni internazionali a trasferirsi in Israele, imparare il linguaggio e la cultura, e in pratica a cooperare con la normalizzazione accademica e il mascheramento delle violazioni israeliane dei diritti umani e civili dei cittadini palestinesi.

Questa apparente “apertura” è stata presentata anche se nel frattempo agli studiosi assunti nelle università situate nei Territori Palestinesi Occupati viene spesso negata la possibilità di avere o mantenere il proprio lavoro, data la negazione dei permessi d'entrata o di soggiorno. Sebbene tutte le università israeliane siano complici nel mantenimento dell'occupazione, della colonizzazione e del regime di apartheid, la Hebrew University of Jerusalem si distingue particolarmente tra tutte le altre. Questo appello è lanciato in nome dello spirito delle linee guida della Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico di Israele (PACBI).

“Ispirato dalla lotta anti apartheid in Sud Africa e dalla lunga tradizione di resistenza civile non violenta contro il colonialismo illegale in Palestina, l'appello del PACBI invita gli accademici e coloro che lavorano nel mondo delle università a boicottare globalmente e regolarmente tutte le istituzioni accademiche e culturali israeliane, come contributo alla lotta per porre fine all'occupazione militare, alla colonizzazione e al sistema di apartheid di Israele […] Il PACBI invita gli accademici, le associazioni universitarie e le istituzioni accademiche di tutto il mondo a boicottare e a lavorare per la cancellazione di eventi, attività, accordi o progetti che promuovano la normalizzazione di Israele nel mondo accademico, che va a mascherare le violazione israeliane delle leggi internazionali e dei diritti umani dei palestinesi.” [1]

Le vostre azioni hanno un impatto diretto sulla nostra lotta per una pace giusta tra Palestina ed Israele e con la solidarietà agli academici palestinesi le cui università sono state chiuse, assediate e perfino bombardate dall'aviazione israeliana negli ultimi tre decenni; università che sono state soggiogate dalla lunga a brutale occupazione israeliana di Gerusalemme Est, Cisgiordania e Striscia di Gaza.

La Hebrew university of Jerusalem è complice dell'occupazione, di discriminazione e di tortura.

Occupazione:

La Hebrew University of Jerusalem è complice dell'annessione unilaterale di Israele di Gerusalemme Est, dell'arbitraria applicazione delle legge israeliana nei Territori Palestinesi Occupati e della discriminazione contro i palestinesi cittadini di Israele; azioni tutte ritenute illegali dalle leggi internazionali. Il 1 Settembre 1968, più o meno un anno dopo l'occupazione israeliana di Gerusalemme Est e della Cisgiordania, le autorità israeliane confiscarono 3.345 dunum di terra palestinese a Gerusalemme Est, ritenuta Territorio Occupato dalla legge internazionale. [2] Avraham Harman, rettore della Hebrew University dal 1968 al 1983, usò questa terrà espropriata illegalmente per espandere il campus Mount Scopus dell'università. Trasferendo staff e studenti israeliani a vivere su questa porzione di terra palestinese, la Hebrew University vìola direttamente la IV° Convenzione di Ginevra, violazione ripetutamente condannata dalla comunità internazionale e dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la sua risoluzione 252 del 21 Maggio 1968.

Discriminazione:

L'università è complice nel trattamento diseguale dei palestinesi, inclusi coloro che sono cittadini di Israele. [3] Per esempio, non fornisce servizi di insegnamento a coloro che risiedono a Gerusalemme o nelle aree circostanti, e differenza per quanto avviene per gli ebrei, e non offre corsi in lingua araba. [4]. In più, la Hebrew University, ha deciso di rimanere in silenzio quando l'intera popolazione di Gaza è stata esclusa dal governo israeliano dalla possibilità di iscriversi e studiarvi. Gli studenti palestinesi di Gaza hanno più possibilità di andare a studiare nelle università statunitensi che alla Hebrew University.

L'amministrazione dell'Università Ebraica restringe la libertà di parola e di manifestare dei suoi pochissimi studenti palestinesi. Ad esempio, ha proibito una commemorazione in occasione dell'anniversario dell'operazione Piombo Fuso contro la Striscia Gaza, che a cavallo del biennio 2008-2009 provocò la morte di circa 1.400 palestinesi, uccidi dalle forze armate israeliane. [5] Dall'altro lato, l'università ha offerto agevolazioni speciali agli studenti che hanno partecipato come militari dell'IDF all'operazione Piombo Fuso.

Tortura:

Negli ultimi anni, i media israeliani hanno evidenziato la complicità dell'Università Ebraica di Gerusalemme nelle pratiche israeliane di colonizzazione di Gerusalemme Est, incluso il diretto coinvolgimento dell'università ai programmi di training del Servizio di Sicurezza Generale Israeliano (“Shin Bet”). Il professore sociologo israeliano Baruch Kimmerling dell'Università Ebraica, rivelò sul quotidiano israeliano Ha'aretz nel 2006 la decisione dell'università di offrire uno speciale corso di laurea veloce ai membri dello Shin Bet. Per quasi 50 anni, il servizio di sicurezza dello Shin Bet ha usati brutali metodi di interrogazione, incluso l'uso della tortura, per strappare “confessioni” ai prigionieri politici palestinesi.

La Corte Suprema Israeliana ha proibito l'uso della tortura nel 1999, ma secondo l'organizzazione dei diritti umani israeliana Comitato Pubblico Contro la Tortura, lo Shin Bet continua a far utilizzo di queste pratiche. Secondo il profeesore Kimmerling, non solo gli appartenenti allo Shin Bet erano incoraggiati ad avanzare nella loro “carriere professionale” grazie ad attestati governativi forniti dall'Università Ebraica di Gerusalemme, ma allo stesso Shin Bet fu concesso di istituire un corso di studi relativo al proprio “lavoro” coi palestinesi sotto occupazione. Ulteriori evidenze della collaborazione tra l'università e Shin Bet sono fornite da precedente comandante di quest'ultimo, Carmi Gillon, ad oggi vice presidente del comitato per le relazioni esterne dell'università.

Perchè boicottare?

Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) mira a diffondere l'attenzione critica sulle violazioni israeliane delle leggi internazionali e dei diritti dei palestinesi, e conseguentemente a mettere pressione allo stato di Israele affinchè questo rispetti la legge internazionale. Il boicottaggio accademico è una strategia fondamentale del più ampio movimento BDS per porre fine all'occupazione israeliana, assicurare il diritto al ritorno dei profughi palestinesi e la fine della discriminazione dei cittadini israeliani non ebrei.

Coloro che si oppongono al boicottaggio accademico e culturale spesso dicono che il BDS lede la libertà di espressione e la libertà accademica, e perciò è una violazione dei preziosi valori liberali stipulati nel primo emendamento della costituzione americana. Ma, come boicottaggio finalizzato a ridurre gli abusi e le violazioni dei diritti umani e civili, il BDS è una strategia legale protetta dalle leggi interne statunitensi e quelle internazionali. Le organizzazioni BDS enfatizzano come il boicottaggio accademico e culturale prenda di mira le istituzioni e i portavoce israeliani che agiscono o parlano per conto o in supporto delle autorità israeliane (come funzionari ed ufficiali israeliani), non contro singoli.

Questa campagna ha sviluppato grandi seguiti nei paesi europei a sta avendo un crescente successo. Specifiche sotto-campagne variano da azioni di organizzazioni studentesche dall'America all'Europa, ad azioni per il disinvestimento di sindacati degli insegnanti, a campagne per il boicottaggio culturale che attraversano i paesi arabi fino al sud Africa.

1. Opporsi alla normalizzazione: gli accademici stranieri vengono usati per legittimare l'occupazione israeliana.

Le istituzioni accademiche in particolare sono parte dell'impalcatura ideologica ed istituzionale del progetto sionista di colonizzazione della Palestina, presentando per cui una profonda complicità nel mantenimento delle strutture di oppressione e dominazione del popolo palestinese. Dalla sua fondazione, il sistema accademico israeliano è sempre andato a braccetto con l'egemonico estabilishment politico militare israeliano, e nonostante gli sforzati di una manciata di accademici di sani principi, è profondamente implicato nel mantenimento dello stato quo.

Il boicottaggio accademico interferisce con la normalizzazione dell'occupazione militare perpetrata dalle istituzioni israeliane. Quando gli studiosi nordamericani decidono di presenziare alle conferenze accademiche israeliane come oratori o in altri ruoli (anche in quelle conferenze che offrono un punto di vista critico sulle politiche israeliane e sugli abusi dei diritti umani del popolo palestinese) mettono la loro esperienza professionale a servizio della legittimazione dell'occupazione. Gli eventi accademici sono diventati uno strumento nelle campagne di pubbliche relazioni per migliorare l'immagine e la reputazione della Hebrew university of Jerusalem in Occidente e per nascondere il fatto che l'università è ancora strettamente associata all'annessione unilaterale di Israele e alle politiche della “Barriera di Separazione”, politiche condannate il 9 Luglio 2004 dalla Corte Penale Internazionale dell'Aia.

Tra i recenti sostenitori del boicottaggio accademico che si sono rifiutati di diventare uno strumento dell'hasbara (la propaganda israeliane) per normalizzare l'occupazione ci sono anche personalità di spicco come Stephen Hawking, che ha ritirato la propria presenza prevista all'annuale conferenza presidenziale israeliana a Gerusalemme, condotta quest'anno dal Presidente Israeliano Shimon Peres e partecipata da molti capi di stato, oppure organizzazione come l'Associazione degli Studi Asiatici e Americani (AAAS), i cui membri hanno votato per il supporto al boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane nella loro convention annuale.

2. Supportare un percorso accademico libero e basato sulla giustizia: l'accademia israeliana tiene a freno i percorsi liberali attenendosi alle leggi razziste del suo stato.

Non una singola istituzione accademica israeliana ha firmato la petizione diretta al governo dello stato di Israele per proteggere il diritto all'educazione dei palestinesi o per porre fine alle interferenze e alle distruzioni delle scuole palestinesi.

A Marzo 2011, il parlamento israeliano (Knesset) ha promulgato una legge che proibisce gli eventi commemorazione della Nakba palestinese. Questa legge sancisce multe per le autorità locali e le istituzione pubbliche (università israeliane incluse) che organizzano eventi in commemorazione o di discussione della “catastrofe” palestinese del 1948. Candidarsi per la posizione alla facoltà dell'Università Ebraica sopra menzionata, condonerebbe nei fatti le posizioni istituzionali e accademiche israeliane finalizzate a cancellare e/o ignorare la memoria culturale e la presenza fisica dei palestinese, contribuendo così il prolungamento delle ingiustizie e delle politiche coloniali a Gerusalemme Est e in tutta la regione.

Il sistema accademico israeliano rigetta largamente l'idea del boicottaggio accademico e culturale, e ne distorce la natura e gli obiettivi. Alcuni accademici israeliani hanno contribuito a diffondere la cultura della disinformazione e della falsità sul boicottaggio accademico durante conferenze internazionali e sui giornali nordamericani. Proponendo falsità sulla legalità, l'intento e il contenuto del movimento BDS, incluse le ampie e mal dirette accuse di antisemitismo, queste istituzioni accademiche israeliane e i loro sostenitori in Occidente mirano a sviare l'attenzione sui temi centrali alle radici del boicottaggio, ovvero i diritti umani e civili dei palestinesi e le loro violazioni da parte di Israele. Supportare il boicottaggio accademico di Israele vuol dire esprimere solidarietà con il movimento globale che ha raccolto l'appello della società civile palestinese, in pieno rispetto della libertà accademico e del supporto coscienzioso e legale dello studio accademico.

3. Esprimere solidarietà coi palestinesi e contribuire alla loro liberazione, autodeterminazione e diritto al ritorno.

I diritti umani e accademici dei palestinesi sono giornalmente gravemente limitati dall'occupazione e dalle politiche di apartheid israeliane. Alla luce di questa realtà segregazionista, gli studiosi palestinesi hanno in principio rifiutato di presenziare alle conferenze accademiche israeliane e sono quasi totalmente esclusi da quest'ultime anche quando le tematiche riguardano questioni come i diritti umani, la lotta alla discriminazione e la pace.

Rifiutando di candidarsi alla posizione alla Hebrew University vuol dir unirsi a quel diverso coro di voci del movimento globale BDS e opporsi all'attuale tendenza normalizzatrice propria dell'accademia israeliana.

 

Sottoscrivete la presente, mandando una mail con proprio nome e cognome, posizione ricoperta (opzionale) e luogo di appartenenza a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

Organizzazioni sostenitrici:

U.S. Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (USACBI)

British Committee for the Universities of Palestine (BRICUP)

Committee for Open Discussion of Zionism (CODZ)

Firmatari:

1. Prof. Haim Bresheeth, Film Studies, SOAS, University of London, UK

2. Dr. Samirah Alkassim, filmmaker and scholar, Washington, DC, USA

3. Dr. Terri Ginsberg, film and media scholar, New York City, NY, USA

4. Prof. Deepa Kumar, Journalism and Media Studies, Rutgers University, USA

5. Prof. Neepa Majumdar, English and Film Studies, University of Pittsburgh, USA

6. Prof. John Smith, filmmaker, School of Arts and Digital Industries, University of East London, UK

7. Sibel Taylor, doctoral candidate, Technology, Design & Environment, Oxford Brookes University, UK

8. Jeffrey Masko, doctoral candidate, State College Pennsylvania, Penn State University, USA

9. Dr. Colleen Jankovic, film and gender studies scholar, CA, USA

10. Daniel Carnie, graduate student, film studies, Pittsburgh, PA, USA

11. Elle Flanders, filmmaker and doctoral candidate, Visual Arts, York University, Toronto, Canada

12. Miranda Pennell, filmmaker & doctoral candidate, Centre for Research and Education in Arts and Media, University of Westminster, London, UK

13. Barbara Hammer, filmmaker, The European Graduate School (Saas-fee, Switzerland), New York, NY, USA

14. Nader Abusumayah, Chicago Palestine Film Festival, Chicago, IL, USA

15. Prof. Robert Boyce, London School of Economics and Political Science, UK

16. Prof. David E. Pegg, University of York, UK

17. Dr. C. J. Burns-Cox MD FRCP, Emeritus Consultant Physician, Frenchay Hospital, University of Bristol, England

18. Prof. Jonathan Rosenhead, London School of Economics, UK

19. Dr. Fouzi El-Asmar, author, Washington, DC, USA

20. Prof. Cynthia Franklin, English, University of Hawai’i, USA

21. Ann Shirazi, New York City, USA

22. Jason Schulman, Adjunct Assistant Professor, Lehman College, City University of New York, USA

23. Terry Weber, New York, NY, USA

24. Prof. James C. Faris, Director Emeritus, University of Connecticut Program in Middle East Languages and Area Studies, USA

25. Dr. Naomi Foyle, poet and novelist, English and Creative Writing Department, Chichester University, UK

26. Dr. Sam Noumoff, McGill University (retired), Montreal, Canada

27. Noa Shaindlinger, doctoral candidate, Department of Near and Middle Eastern Civilizations, University of Toronto, Canada

28. Dr. Clint Le Bruyns, University of KwaZulu-Natal, South Africa

29. Prof. Mona Baker, Division of Languages and Intercultural Studies, University of Manchester, UK

30. Smadar Carmon, Toronto, Canada

31. Dr. Claudia Chaufan, Associate Professor of Sociology and Health Policy, University of California-San Francisco, USA

32. Julian Field, University of California, Santa Cruz, USA

33. Jake Javanshir, Independent Jewish Voices; Not in Our Name – Jewish Voices Opposing Zionism, Toronto, Canada

34. Dr. Denis G. Rancourt, B.Sc., M.Sc., Ph.D., former professor, University of Ottawa, Canada

35. Dr. Kamal Mattar, MSc, MD, FRCSC, Niagara Falls, Ontario, Canada

36. Priscilla Read, Jewish Voice for Peace-Westchester, NY, USA

 

 

[1] http://www.pacbi.org/etemplate.php?id=1108

[2] La decisione fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale israeliana n° 1425, e quindi “legalizzata” unilateralmente da Israele. Quella terra, per la maggior parte, era (e lo è ancora) proprietà privata di palestinesi che vivevano in quell'area. Grande parte della terra confiscata fu quindi data alla Hebrew University per l'espansione del suo campus, per lo più dormitori. I proprietari palestinesi si rifiutarono di abbandonare la loro terra e le loro case, contenstando il fatto che la confisca ordinata nel 1968 fosse illegale. Quando il caso fu portato davanti alla Corte di Gerusalemme nel 1972 (file n° 1531/72), questa decretò in favore dell'università, stabilendo che le famiglie palestinesi avrebbero dovuto abbadonare le proprie case e accettare un'abitazione alternativa. Vedere anche http://news.nationalpost.com/2012/02/12/un-report-accuses-israel-of-pushing-palestinians-from-jerusalem-west-bank/

[3] Keller, Uri Yacobi (2009) The Economy of the Occupation: A Socioeconomic Bulletin – The Academic Boycott of Israel and the Complicity of Israeli Academic Institutions in Occupation of Palestinian Territories. Jerusalem: Alternative Information Center.

http://www.alternativenews.org/images/stories/downloads/Economy_of_the_occupation_23-24.pdf

[4] http://www.jpost.com/Local-Israel/In-Jerusalem/Hebrew-University-in-Arabic

[5] http://www.ynet.co.il/articles/0,7340,L-3827102,00.html

 

 

 

Fonte: usacbi.org

Traduzione: BDS Italia