Il recente successo per il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) nel dissuadere accademici di spicco dal partecipare a conferenze in Israele, è un notevole passo in avanti nel sottrarre rispettabilità accademica alle istituzioni israeliane e nel persuadere nuovi docenti ad astenersi dal collaborare con l’occupazione israeliana e il regime di apartheid.
Due conferenze previste per il giugno 2014 – la Conferenza sulla Storia Orale all’Università Ebraica di Gerusalemme (7-9 giugno) e il Seminario in Studi su Cinema e Televisione all’Università di Tel Aviv (8-11 giugno) – hanno perso i loro previsti relatori principali. In entrambi i casi, relatori internazionali si sono rifiutati di pronunciare i loro discorsi di apertura, e la conferenza all’Università di Tel Aviv ha perso altresì una delle relatrici nella sessione plenaria. Gli organizzatori di entrambi gli eventi sono stati costretti a ripiegare su relatori israeliani, e la maggior parte dei contributi ai due forum provengono ora da istituzioni locali. Il supposto carattere internazionale delle conferenze è ormai evidentemente una farsa; gli accademici israeliani, che mancano di sostenere i diritti civili dei loro colleghi palestinesi, sono sempre più isolati.
In nove anni, dal 2005 quando 170 organizzazioni della società civile palestinese lanciarono una campagna internazionale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro il regime di apartheid e l’illegale e brutale occupazione israeliana, le adesioni sono giunte numerose da tutto il globo. Di recente, l’apparentemente inespugnabile comunità accademica statunitense ha mostrato un crescente impegno nella causa dei diritti civili palestinesi e dell’opposizione all’occupazione, così come hanno fatto numerosi docenti in Irlanda, Australia, Francia, Spagna e altrove.
Un’attenzione crescente si sta posando sul boicottaggio di collaborazioni accademiche con università israeliane, partecipazioni a conferenze in Israele, così come partnership in progetti di ricerca. Il mondo accademico israeliano non ha mai agito come organo di supporto né all’occupazione né alla causa dei diritti civili – figurarsi alla libertà accademica per i palestinesi – nonostante la prolungata chiusura di istituzioni accademiche da parte delle forze di occupazione (in alcuni casi per più di quattro anni) così come le quotidiane persecuzioni subite da professori e studenti palestinesi, in Israele e nei territori occupati palestinesi.
Parlando a nome di molti studiosi di storia orale che hanno aderito all’appello per il boicottaggio della conferenza di Gerusalemme, la professoressa Rosemary Sayigh, socio anziano del Carnegie Middle East Center di Beirut, Libano, ha commentato così sul decorso della questione, ringraziando i colleghi che hanno ritirato la partecipazione:
“La reazione alla nostra campagna di boicottaggio della conferenza ‘internazionale’ di storia orale all’Università Ebraica è stata incoraggiante. Dimostra infatti, in maniera inequivocabile, che gli studiosi di tutto il mondo stanno diventando sempre più consapevoli della facciata di rispettabilità che le università israeliane forniscono ad un regime colonialista, e del fatto che al contrario lo assistono. Il ruolo svolto in particolare dall’Università Ebraica nella colonizzazione è stato largamente provato. L’ampio numero di firmatari raggiunto, inoltre, conferisce forza alla petizione come mezzo di propaganda. Attraverso le due petizioni siamo stati in grado di informare un largo segmento della comunità scientifica internazionale sui metodi attraverso i quali l’università Ebraica e quella di Tel Aviv supportano lo stato di Israele.”
Il regista ed educatore John Greyson ha aggiunto la sua voce a quelle che supportano il boicottaggio accademico e culturale:
“La campagna di boicottaggio non colpisce accademici, registi o film per se; al contrario, essa invita conferenze internazionali o festival a rifiutare finanziamenti dallo stato di Israele e le sue istituzioni complici quando presentano uno studioso, film o regista israeliani. Allo stesso modo, la campagna chiede ad accademici internazionali e artisti di non partecipare a festival o accettare inviti a qualsiasi occasione professionale che riceva questi fondi (in Israele così come in altri paesi) e non visitare Israele se non per scopi di opposizione politica. Quindi, il bersaglio non è la cultura israeliana – quello a cui si punta è l’apparato statuale impegnato nell’occupazione ed altre violazioni di diritti umani.”
Il professor Michel Chanan della Roehampton University di Londra ha aggiunto:
“Il governo israeliano ha recentemente modificato le leggi riguardo al finanziamento pubblico per le produzioni cinematografiche, rendendo impossibile ricevere supporto economico a quelle produzioni che non supportano apertamente il governo, oltre che l’idea di Israele come ‘Stato ebraico’. Tali modifiche fanno sì che sia vietata ad ogni voce critica la possibilità di esprimersi. Queste misure, aggiunte alle molte altre mosse legali e politico-economiche di stampo anti-democratico avvenute negli ultimi due anni, mostrano come Israele non sia solo un aggressore militare, ma anche un paese profondamente anti-democratico.”
L’azione per il boicottaggio di entrambe le conferenze è stata portata avanti dai membri del BRICUP (British Committee for Universities in Palestine) e dall’USACBI (US Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel), ed è supportata da entrambe le organizzazioni. Gli organizzatori ringraziano gli studiosi di fama internazionale per la loro presa di posizione, e invitano la comunità accademica internazionale a seguire il loro esempio.
Testo di BRICUP, USACBI
Fonte: Alternative
Traduzione di AIC Italia