LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Da qualche anno a questa parte, articoli ed editoriali sulla stampa sudafricana e israeliana si sono rivelati un po' confusionari nella comparazione tra Israele e il Sud Africa dell'apartheid. Come sistemare la confusione mentale che permea questa discussione?

Prima di tutto, esaminiamo il significato di “apartheid”. Questo termine viene usato per definire il regime di dominazione politica ed emarginazione sociale basato sulla razza in vigore in Sud Africa dal 1948 al 1994. A fianco di questo significato, nella legge internazionale è emersa un'altra definizione, sempre redatta sull'esempio del Sud Africa ma che gradualmente ha cominciato a maturare.

Con la caduta del regime d'apartheid nel 1994, il suo significato legale ha cominciato a discostarsi dalle realtà sudafricane. Lo Statuto della Corte Penale Internazionale del 2002 non contiene alcun riferimento al Sud Africa e definisce l'apartheid come “un regime istituzionalizzato di dominazione ed oppressione sistematiche di un gruppo etnico su un altro”.

Bisogna anche tenere in mente che, nel 1965, la Convenzione Internazionale per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale ha esteso la definizione del termine a “qualsiasi distinzione, esclusione, restrizione o preferenza fatta in base alla razza, il colore, la discendenza, la nazionalità o il gruppo etnico di origine”. In altre parole, il concetto non è ristretto alla “razza” nel comune significato immaginario collettivo che richiama le reali o presunte differenze biologiche della sua definizione.

Così, mentre nelle nostre menti il termine apartheid rimane associate alle sue origini sudafricane, legalmente non ha alcuna relazione con lo stato africano: non c'è bisogno di andare a trovare pratiche segregazionistiche identiche a quelle che venivano applicate in Sud Africa prima del 1994 per determinare se il crimine di apartheid esiste da qualche altra parte, il punto centrale della questione è l'identificazione di un regime che pratica sistematicamente oppressione e dominazione di un gruppo su un altro. E come si applica questa definizione ad Israele?

Per rispondere a questa domanda, bisogna prima chiarire un altro concetto: Israele. Mentre di solito viene visto entità stante all'interno dei suoi confini del 1967, il regime israeliano esercita un controllo sui palestinesi nei Territori Occupati di Cisgiordania e Striscia di Gaza. Negli ultimi 46 anni, tutti coloro che risiedono all'interno della “Grande Israele” hanno vissuto sotto lo stesso regime, che si proclama essere la solo autorità politica e militare legittimata ad essere presente. Lo stato controlla il territorio che va dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo, governando 8 milioni di cittadini aventi pieni diritti (75% dei quali ebrei) e 4 milioni di palestinesi a cui vengono negat i loro diritti umani, civili e politici. A completare il quadro, milioni di rifugiati palestinesi (nati in questi territori o discendenti di coloro che sono stati scacciati dalle loro terre nel 1948) non possono mettere piede sulla loro terra natia, per tacere il potersi avvalere di un futuro con status di “cittadini”.

Come questa definizione di apartheid si collega a questa realtà?

Il regime israeliano è basato su una distinzione etnica/religiosa tra ebrei e palestinesi. Estende il diritto alla cittadinanza oltre i confini del suo territorio, potenzialmente a tutti gli ebrei del mondo indipendentemente dai loro legami col paese israeliano, mentre ai palestinesi che vivono nei Territori Occupati e ai rifugiati non è concessa la possibilità di diventare cittadini israeliani.

Il regime israeliano combina anche differenti modalità di amministrazione: autorità civile con istituzioni democratiche all'interno della Linea Verde (confini del 1967) e autorità militare oltre quest'ultima, nei territori palestinesi. In periodi d'emergenza, la legge militare può essere applicata anche ai palestinesi che risiedono (senza avere la cittadinanza) in Israele all'interno della Linea Verde, mentre regolarmente le legge civile viene applicata nelle colonie israeliane situate nei Territori Palestinesi Occupati. Ne consegue che Israele, come stato ebraico democratico, sia “democratico” per gli ebrei ed “ebraico” per gli arabi.

Nei fatti, Israele è uno “stato demografico ebraico”. La demografia, in particolar modo il timore che gli ebrei all'interno di Israele possano diventare una minoranza, è la prima preoccupazione che sottosta alle politiche governative. Tutte le istituzioni e le pratiche dello stato sono mirate a conservare una permanente maggioranza ebraica esercitante un'assoluta dominazione politica.

Questi fatti sono particolarmente visibili nei Territori Occupati: i coloni israeliani vivono in comunità esclusive, dove ai palestinesi autoctoni è vietato l'accesso (eccetto, occasionalmente, come mano d'opera lavorativa), hanno a disposizione strade costruite esclusivamente per il passaggio di ebrei, godono della protezione dell'esercito israeliano e di tutti i diritti a cui porta avere la cittadinanza israeliana, incluso il diritto di voto. Ai palestinesi viene negato l'accesso a tutti i servizi sopracitati, e non hanno diritto di parola per modificare il modo in cui vengono amministrati dalle autorità israeliane. “No taxation without representation” (niente tasse senza rappresentazione) è un nobile principio politico che non viene applicato però ai palestinesi, ma solo ai coloni israeliani.

Come si dovrebbe chiamare un regime che lascia milioni di persone senza diritti politici, che pratica politiche segregazioniste in quasi tutti gli aspetti quotidiana della vita delle persone e che nega i diritti basilari per costruire il futuro di alcuni individui? Vero, esiste anche un'Autorità Palestinese, ma non ha alcun potere sulle questioni principali come la sicurezza, la proprietà della terra, dell'acqua, la libertà di movimento delle persone e delle merci, dell'industria e del commercio. Tutti questi aspetti sono controllati dall'autorità militare israeliana, che opera al servizio e su richiesta dei coloni e delle lobby israeliane. Il fatto che la Cisgiordania non sia ancora ufficialmente stata annessa da Israele è irrilevante, non cambia nulla nelle politiche oppressive che i palestinesi sono costretti ogni giorni ad affrontare.

Alcune persone preferiscono non etichettare questo regime col termine apartheid perchè è diverso (non migliore) da quello che è esistito in Sud Africa fino al 1994, ma quale altro termine sarebbe più consono per descrivere tutto ciò?

 

 

 

 

Fonte: 972mag.com

Traduzione: BDS Italia