La controversia continua a vorticare intorno a un forum programmato per giovedì 7 febbraio al Brooklyn College per discutere il crescente movimento globale di boiccotaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele.
In una lettera al Brooklyn College, la presidente Karen Gould e nove membri del Consiglio cittadino di New York, hanno minacciato di tagliare i fondi alla scuola se il dipartimento di scienze politiche dovesse continuare a co-sponsorizzare l’evento. La sera prima dell’incontro, però, la Gould ha difeso il suo diritto di tenere l’incontro, affermando che l’impegno del Brooklyn College e il suo personale “ai principi della libertà accademica rimane saldo.” Questa settimana, due consiglieri del municipio hanno rifiutato il loro appoggio alla lettera e perfino il sindaco Michael Bloomberg ha difeso il diritto del Brooklyn College e dei suoi studenti a tenere l’incontro di protesta contro Israele.
L’uomo al centro della tempesta è Omar Barghouti. Nel 2005, insieme ai sindacati palestinesi e ia gruppi della società civile, ha aiutato a lanciare l’invito per una campagna internazionale di BDS per contestare Israele per la sua occupazione della Palestina e per il suo razzismo contro i palestinesi. La campagna è modellata sul tentativo di boicottaggio contro l’apartheid in Sudafrica durante gli anni ’70 e ’80.
Barghouti ha parlato con Peter Rugh a proposito della controversia del Brooklyn College, del movimento BDS e della ribellione della Primavera Araba nel mondo arabo, oltre ad altri argomenti. Un segmento di questa intervista è andata in onda sul notiziario della Radio di Libera espressione. Qui di seguito c’è la prima parte dell’intervista – la settimana prossima pubblicheremo la seconda parte.
Che cosa è il BDS e perché ha spinto diversi gruppi di difesa filo israeliani e l’ardente zionista Alan Dershowitz a istigare questa “controversia” sulla presenza al Brooklyn College?
Il BDS è un movimento globale che si è formato per appoggiare la richiesta di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni della società civile palestinese espressa nel 2005 dalla vasta maggioranza dei partiti politici palestinesi, sindacati , gruppi di donne, ONG e così via.
Il presupposto del movimento BDS è che, data la complicità della comunità internazionale con l’occupazione di Israele e la sua negazione dei diritti ai palestinesi, essi non possano acquisire i nostri diritti fondamentali in base alla legge internazionale, senza la mobilitazione delle organizzazioni della società civile. La tattica fondamentale – usata anche dal movimento sudafricano contro l’apartheid – è quella di tagliare i collegamenti con Israele e con le istituzioni che mantengono l’occupazione e l’apartheid di Israele.
Il movimento BDS opera specificamente per ottenere tre diritti palestinesi fondamentali: uno, porre fine all’occupazione dei territori del 1967 (comprese le colonie illegali, il muro illegale, e così via; due, porre fine al sistema di discriminazione razziale contro i suoi palestinesi nativi che sono cittadini dello stato di Israele, ma senza uguali diritti; e, tre, stabilire il diritto di ritorno dei profughi palestinesi che erano stati espulsi ed erano stati vittime delle pulizia etnica dalla loro patria nel 1948 e in seguito. Il loro ritorno è garantito dalla legge internazionale.
Il BDS è quindi un movimento fondato moltissimo sui diritti ed è ancorato ai diritti umani universali e alla legge internazionale. Chiede il boicottaggio, il disinvestimento dallo stato di di Israele e infine le sanzioni contro questo stesso – come è stato fatto in Sudfrica – per acquisire questi diritti palestinesi. E’ l’insieme di resistenza popolare interna all’occupazione di Israele e all’apartheid con la pressione interna di boicottaggi e disinvestimenti che possono portare al cambiamento necessario a garantire i nostri dirittti.
Ho parlato con una donna del Consiglio per le relazioni della Comunità Ebraica di New York, che ha avuto delle parole speciali per lei. Lo ha descritto come un anti semita che ha richiesto la distruzione dello stato di Israele, e ha detto che “la soluzione di un solo stato” che lei e il movimento DBS difendono è una richiesta di sterminio dello stato ebraico. Un’altra delle sue critiche è che il BDS crea un’atmosfera di ostilità che è controproducente per la pace e che danneggia i lavoratori palestinesi. Come risponderebbe?
Questa affermazione è antisemita. Perché dico che la sua affermazione che un invito a boicottare Israele è antisemitico è essa stessa antisemitica? Perché mette sullo stesso piano il boicottaggio di Israele con un boicottaggio degli ebrei – un attacco alla politica israeliana con un attacco agli ebrei. Equiparare “gli Ebrei” a Israele, come se fossero una somma monolitica di persone, senza diversità, senza differenze umane, è un’affermazione antisemita. Dire che Israele parla a nome di tutti gli ebrei e che tutti gli ebrei sono rappresentatti da Isrele e hanno la responsabilità collettiva rispetto Israele, è un’affermazione molto antisemita.
Non c’è nessuno che monopolizza la voce ebraica – negli Stati Uniti e in qualsiasi altro posto. Ci sono gruppi ebraici diversi, come le Voci ebraiche per la pace, la Rete internazionale ebraica anti-sionista, e molti altri gruppi ebraici.
Se si va in un qualsiasi campus negli Stati Uniti e si osservano le campagne di di disinvestimento realizzate in quei campus, si troverà un numero sproporzionatamente alto di attivisti ebrei. E’ – una cosa di cui siamo molto orgogliosi – che molti ebrei americani, specialmente i più giovani, stiano abbandonando il sionismo e si stiano rendendo conto di che cosa è Israele.
E’ uno stato colonialista, è uno stato segregazionista, e non vogliono che un tale stato parli a loro nome. E stanno sempre di più aderendo alla causa per la giustizia e la pace.
Il secondo punto è che il BDS non prende posizione sul problema che si debba perseguire la soluzione di uno stato o di due stati in Palestina. Questa donna sta ripetendo un mito, è una montatura. Il nostro movimento è totalmente neutrale riguardo ai termni di un accordo politico per il conflitto.
Ognuno di noi, però, in quanto essere umano e attivista, ha una posizione su questo e io non mi vergogno della mia. Per 30 anni ho sostenuto la soluzione di un unico stato per quanto era nelle mie capacità. Ho fatto ricerche e ho scritto riguardo alla soluzione di un solo stato democratico nella Palestina storica. Questo significa uguaglianza per tutti – indipendentemente dall’identità, appartenenza etnica, religione o qualsiasi altra caratteristica. E che cosa c’è di male in questo? Perché una persona, un voto va bene per tutti i paesi del mondo tranne che per la Palestina? Perché quella democrazia improvvisamente diventa una cosa brutta in questo caso?
Gli Ebrei americani sono stati all’avanguardia del movimento per i diritti civili per revocare le leggi Jim Crow sulla segregazione negli Stati meridionali del loro paese. * Si sono uniti agli afro-americani per chiedre l’uguaglianza per tutti, la separazione tra religione e stato, e diritti uguali per tutti gli esseri umani. In Israele invece, i gruppi filo-israeliani difendono un sistema di apartheid.
Questa non è una cosa che dice soltanto il movimento BDS. Il famoso scrittore americano I.F.Stone, già nel 1967, diceva che il sionismo e Israele creavano una situazione di schizofrenia tra le comunità ebraiche. Da una parte, difendono i diritti civili e l’uguaglianza nei paesi dove vivono, e in Israele invece difendono un inseme di leggi che è razzista, che permette i matrimoni misti, che dispprova l’guaglianza in modo categorico. Questa schizofrenia è più riconosciuta dai giovani attivisti ebrei dovunque, specialmente negli Stati Uniti.
Infine, l’idea che il BDS è contro producente e che colpisce i lavoratori palestinesi che sono impiegati negli insediamenti israeliani. Permemettemi di cominciare dicendo che questo è un argomento eccezionalmente paternalistico e molto colonialista. Infatti avere l’insolenza di sostenere che lei (la signora della comunità ebraica di new York, presumo, n.d.t.) conosce quali sono i migliori interessi dei palestinesi più dei palestinesi stessi, è proprio il simbolo dell’ipocrisia e della boria.
L’ipotesi è che noi – soltanto perché siamo scuri di pelle, soltanto perché viviamo nel sud globale – in qualche modo non abbiamo la facoltà della ragione, non possiamo parlare di quali sono i nostri migliori interessi, né capire come difenderli, che abbiamo bisogno di qualcuno del nord, di una persona con la pelle chiara che ci dica come pensare, come formulare ciò che vogliamo, e come esprimerlo. Questo è estremamente razzista.
Mettendo però da parte per un momento il suo atteggiamento paternalistico, il fatto che i lavoratori palestinesi devono lavorare per i progetti israeliani, compresi gli insediamenti illegali, è una prova della corruzione dell’occupazione e dello strangolamento dell’economia palestinese. Israele ha distrutto sistematicamente l’agricoltura e l’industria palestinese; ha sistematicamente rubato la terra palestinese migliore, più fertile le risorse idriche, e ha a reso l’economia palestinese completamente dipendente dalla potenza occupante.
Quegli agricoltori palestinesi cacciati dalle loro terre quando queste sono state confiscate per gli insediamenti solo ebrei, non potevano avere altra scelta se non diventare lavoratori. Data la totale distruzione dell’economia palestinese, l’unica opzione per molta gente è quella di lavorare a progetti israeliani. E’ una cosa ideale? Assolutamente no.
Porre fine all’occupazione permetterebbe ai palestinesi di costruire la nostra proprie economia e di avere i nostri progetti economici, dove non dovremmo dipendere da una potenza coloniale per sostenre la nostra vita. Possiamo costruire, piantare, produrre, essere creativi, se ci viene data l’opportunità. E per averla, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutta la gente responsabile di tutto il mondo, compresi tutti gli ebrei reasponsabili di tutto il mondo, per aiutarci a porre fine all’occupazionee all’apartheid voluta da Israele, in modo da poter andare avanti con il nostro sviluppo sostenibile.
Lei ha parlato in innumerevoli campus in tutti gli Stati Uniti e in tutto il mondo. Ha incontrato questo tipo di livore negli altri suoi eventi?
Finora non abbiamo ancora sperimentato alcun disturbo durante gli eventi organizzati nei campus degli Stati Uniti. Speriamo che il Brooklyn College sia il primo e l’ultimo, mano ne abbiamo la sicurezza, a causa dei rabbiosi sentimenti anti-palestinesi che sono stati istigati. C’è stato un razzismo estremo e si è usato un linguaggio pieno di violenza nei confronti di questo evento.
Alcune delle persone più estemiste che sono dietro a queste affermazioni sono sostenitori di Meir Kahane e del suo Partito Kach che è considerato ufficialmente un’entità terrorista dal governo statunitense. Al Kach una volta è stato perfino proibito dal governo di Israele di presentarsi alle elezioni israeliane.
I sostenitori di questo partito fanatico e fascista sono i capobanda del “circo” che prende di mira l’evento del movimento BDS al Brooklyn College. Stanno facendo di tutto per sopprimere la libertà accademica negli Stati Uniti, dicendo: “Noi, la lobby filo-israeliana decidiamo a chi è permesso di parlare al campus e a chi non è permesso, quali argomenti possono essere discussi al campus e quali non possono essere discussi.”
Stanno distruggendo la nozione di libertà accademica distorcendola perché sia utile al loro programma di estrema destra, anti-liberazione e anti-palestinese. Onestamente, era da molti anni che non mi trovavo davanti a un razzismo così vile e violento come quello che ho incontrato in occasione di questo evento al Brooklyn College. Ho parlato in campus grandi e piccoli negli scorsi due anni, e non abbiamo mai avuto alcun disturbo.
Continuiamo a sperare che non ci sarà alcun disordine, ma, ahimè, siamo preoccupati della nostra sicurezza. Con un tale incitamento alla violenza, e tale odio razziale, che è stato trasmesso da personaggi come Dershowitz e altri, temo per la mia sicurezza, e spero che il Brooklyn College farà i passi necessari per evitare che queste voci rabbiose ci attacchino e/o disturbino l’evento.
Se hanno argomenti contro il BDS, li affrontino in maniera civile. Vengano all’evento, ascoltino la professoressa Judith Butler e me e poi presentino i loro argomenti in una maniera razionale e tranquilla. Facciamo un dibattito come si deve sull’argomento. Questo è il modo in cui esseri razionali decidono e discutono le differenze di opinioni.
Gli Stati Uniti sono direttamente, immediatamente, e profondamente responsabili del fatto che Iraele continui l’occupazione e l’apartheid per mezzo dei miliardi di dollari che manda a Israele ogni anno, a spese della giustizia sociale, dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione qui negli Stati Uniti. Invece di spendere denaro in queso paese per migliorare l’istruzione, le possibilità di impiego, la formazione professionale e la protezione ambientale, gli Stati Uniti mandano miliardi su milardi di dollari a Israele perché compri armi che uccidono, mutilano e servono per realizzare la pulizia etnica. Questo deve finire.
I cittadini americani hanno l’obbligo, il dovere e il diritto di contestare questo enorme flusso di denaro e anche la complicità che lo accompagna. Abbiamo anche il diritto di discutere di Israele in quiesto paese, e anche di prendere posizione contro le politiche di occupazione e di apartheid di Israele specialmente qui negli Stati Uniti, in questo paese che è così complice del progetto colonialista di- Israele
Nessuno può impedire che questa contestazione avvenga. Con la loro violenza e con l’impunità di cui hanno goduto finora forse riusciranno ad “affondare” uno o due eventi, o a mandare via un professore dall’università, o a perseguitare un dissidente o un giornalista che osa sollevare dubbi su Israele. Sì, ci sono riusciti prima e in certi casi continuano a riuscirci.
Non possono, però nascondere il sole con il palmo della mano. Non possono nascondere il sole con questa violenza, il loro linguaggio violento e il loro incitamento all’odio. Il movimento sta crescendo, il BDS sta crescendo. La responsabilità di Israele riguardo ai diritti umani e alla legge internazionale sta cerescendo ogni mese, ogni anno, anche negli Stati Uniti.
Molti studenti ebrei in tutti gli Stati Uniti stanno abbandonando il sionismo e anche se non stanno ancora aderendo al movimento BDS, almeno mettono in dubbio le politiche di Israele e se Israele davvero parla in loro nome. I venti del cambiamento stanno soffiando e Alan Dershowitz e altri non possono fermarli.
Riescono a comprendere questo, ed ecco perché sono così fanatici e violenti nelle loro reazioni. Sono stati assolutamente isterici e questo è un segno di debolezza. Se si sentissero forti e fiduciosi, non avrebbero dovuto ricorrere a tali incitamenti alla violenza e all’odio razziale. Sarebbero in grado di venire a controbattere i nostri argomenti con una controargomentazione, come farebbe qualsiasi persona razionale.
Può spiegarci come questo tipo di apartheid influenza le vite quotidiane dei palestinesi che vivono a Israele, in Cisgiordania e a Gaza?
Per prima cosa mi lasci spiegare perché uso il termine apartheid, dato che la gente talvolta è sorpresa quando i sostenitori dei diritti dei palestinesi dicono che Israele è colpevole di reati di apartheid. I difensori di Israele e le voci anti-palestinesi esclamano arrabbiate:” Come osate dire che Israele è uno stato dove vige l’apartheid? Israele è così diversa dal Sudafrica.”
Questo però è un fraintendimento di che cosa è l’apartheid che non è sotanto un crimine del Sudafrica. E’ un crimine internazionale riconosciuto e definito dalla legge internazionale, specialmente dalla Convenzione dell’ONU del 1973 per la soppressione e la punizione del crimine di apartheid. Naturalmente il Sudafrica è stato un caso chiaro di apartheid, così come gli stati del sud degli Stai Uniti prima del movimento per i diritti civili. Che cosa è, allora che fa di un sistema razzista un sistema di apartheid e un altro un sistema dove non c’è l’apartheid?
La differenza non sta nel fatto che si applichi solaanto una politica razzista in un paese o in un altro, ma quando questo razzismo è istituzionalizzato e legalizzato, quando si ha l’oppressione sistematica di un gruppo appartenente a una razza rispetto a un altro gruppo fatta in modo legalizzato. Ecco quando diventa apartheid.
Facciamo un esempio concreto: il 93% della terra di Israele può essere usata soltanto a beneficio della popolazione ebrea di Israele, non per gli abitanti dello stato di Israele, non per i cittadini dello stato di Isrele in generale. Quindi qualsiasi cittadino non ebreo dello stato di Israele non può beneficiare del 93% della terra. In confronto, in Sudafrica, l’86% andava a beneficio dei bianchi e il resto alla popolazione indigena.
Ci sono letteralmente dozzine di leggi di Israele che fanno discriminazione tra i cittadini ebrei e quelli non ebrei. In questo senso, Israele è chiaramente colpevole del reato di apartheid, perché l’apartheid consiste proprio in questo. E’ il modo in cui è definita nella legge internazionale. Ci sono leggi che fanno discriminazione fra ebrei e non ebrei, dando una precisa serie di privilegi soltanto ai cittadini ebrei.
Un’altra realtà molto elementare che affrontano i palestinesi a Israele, è che Israele è l’unica nazione della terra che non si definisce come stato dei suoi cittadini. E’ uno stato del “popolo ebraico.” Che cosa significa? Significa che se anche si è vissuti in Palestina da generazioni, anche se si era lì prima che diventasse Israele, non si ottiene tutta la serie di diritti perché non si è ebrei. Israsele enon vi appartiene. Appartiene alla “nazione ebraica”. Infatti proprio il concetto di “nazione ebraica” è controverso, e le comunità ebraiche in tutto il mondo hanno dibattuto e continuano a dibatterlo con vigore.
Immaginate l’equivalente qui. Immaginate che gli Stati Uniti si dichiarassero uno “stato Cristiano” – uno stato della nazione cristiana. Qualsiasi cristiano del mondo avrebbe i pieni diritti negli Stati Uniti, ma non le sue comunità ebraiche, musulmane e altre non cristiane. Chiunque accederebbe ua tale disuguaglianza scritta nelle leggi stesse? Chiunque accetterebbe un trattamento disuguale basato sulla loro identità? Perché allora si accetta che Israele abbia tante leggi che discriminano i suoi cittadini che non sono ebrei?
In Cisgiordania, compresa Gerusalemme est e a Gaza questo trattaemento di tipo segregazionista è ovviamente molto più notevole che all’interno di Israele. Per lo meno i palestinesi di Israele possono votare. Certo, tutti i partiti devono fare un giuramento di lealtà allo stato come “stato ebraico giusto e democratico”, ma questo, naturalmente è un ossimoro: uno stato non può essere sia uno stato che crede nella supremazia di una razza in modo esclusivo e allo stesso modo uno stato democratico.
Se si va in Cisgiordania e a Gaza, si vede che l’apartheid è un fatto concreto. Il “muro di separazione” costruito da Israele si trova soprattutto nei Territori Occupati, ed è stato decretato come una violazione della legge internazionale dalla Corte di Giustizia internazionale.
Ci sono anche insediamenti di coloni nei Territori Occupati che solo soltanto per gli ebrei israeliani. Sono considerati un crimine di guerra, in base alla Quarta Convenzione di Ginevra. Trasferire parte della popolazione dello stato occupante nei territori occupati è considerato un crimine di guerra, ed esattamente quello che ha fatto Israele. Fino dal 1967 e dall’occupazione della Cisgiordania e di Gaza, esso ha trasferito parte della popolazione nel territorio occupato violando così la legge internazionale.
Questo significa che quei coloni hanno privilegi di cittadinanza a tutti gli effetti – fanno parte del sistema legale israeliano e devono votare per il parlamento israeliano – mentre i palestinesi dei Territori Occupati sono una rappresentanza del tutto diversa. Non sono parte del sistema e non godono alcun diritto in base alla legge militare israeliana. I coloni hanno le strade riservate soltanto a loro, che servono soltanto gli ebrei israeliani, mentre ai palestinesi che vivono in Cisgiordania e a Gaza molto spesso non è permesso usarle.
Dopo che Israele ha ritirato i suoi insediamenti da Gaza nel 2005, non ci sono più coloni lì, ma Gaza è ancora sotto occupazione. Israele ha il controllo completo del territorio, che in base alla legge internzionale ne fa la potenza occupante. Israele ha circondato la Cisgiordania e Gaza con muri e recinzioni che impedisconi ai palesitnesi la libertà di movimento. La realtà dell’apartheid è quindi qui estremamente pronunciata.
In che modi le insurrezioni che hanno iniziato a scuotere il Medio Oriente nel 2011 hanno cambiato la situazione concreta?
La Primavera Araba ha aperto un’enorme opportunità per costruire l’appoggio ai diritti dei palestinesi nel mondo arabo dove l’appoggio ai diritti dei palestinesi è stata una realtà di fatto, un consenso. Ogni singolo cittadino di ogni stato arabo – con pochissime eccezioni – sostiene i diritti dei palestinesi.
Tuttavia, in paesi guidati da dittatori e da governi non democratici, questo appoggio non ha mai portato a qualsiasi cambiamento effettivo. Perché una campagna di DBS abbia successo ci vogliono un minimo di democrazia e di diritti civili in regola.
Non basta avere un milione di marocchini che protestano contro il bombardamento di Gaza fatto da Israele alla fine del 2008 e all’inizio del 2009. In effetti abbiamo avuto 1 milione di persone nelle strade di Rabat che protestano a favore dei diritti palestinesi. E’ stata una dimostrazione di solidarietà estremamente importante.
Questo si è però tradotto in una campagna effettiva contro la Caterpillar, contro la Veolia, contro le compagnie internazionali che stanno violando i diritti dei palestinesi dato che sono complici dell’occupazione israeliana? No, non è accaduto. E non poteva accadere in un paese che manca della democrazia di base.
Grazie alla Primavera Araba in Egitto, Tunisia e in altri paesi, vediamo l’alba della libertà e l’inizio della democratizzazione, e non diciamo ancora che è una democrazia matura. Però, malgrado le turbolenze, malgrado le lotte che la gente deve affrontare per costruire davvero le loro democrazie, questa ha già creato un’enorme apertura perché gli sforzi di solidarietà della Palestina diventino campagne efficaci e sostenibili che possono portare a risultati concreti ritenendo le grosse imprese e le istituzioni devono responsabili dei principi fondamentali dei diritti unami.
Non sono passati neanche due anni dall’inizio della Primavera Araba, e quindi è troppo presto aspettarsi grossi risultati. Le rivoluzioi impiegano molto tempo a superare i conflitti del passato e a costruire una democrazia stabile. Ci vorrà un certo tempo prima che gli egiziani, i tunisini e altri, sistemino la loro lotta interna e costruiscano i loro sistemi sulla base della giustizia sociale, delle libertà e dei diritti civili per tutti i cittadini e fino a quando siano in grado di affrontare il loro obbligo di stare dalla parte dei palestinesi.
Quando si parla di solidarietà araba, questa parola non è sempre la più precisa, perché è una famiglia. Ecco che cosa provano i palestinesi – siamo parte di questa famiglia di nazioni arabe e di stati arabi. Non è come chiedre aiuto a un vicino. E’ come chiedere aiuto al proprio padre, madre, sorella e figlia.
Ecco come ci sentiamo quando chiediamo agli Egiziani di appoggiare i nostri diritti. Non chiediamo aiuto al nostro vicino, chiediamo aiuto a un nostro fratello. A qusto punto, però, il nostro vicino ha un sacco di guai e sta ancora cercando di mettere in ordine la sua casa, e quindi è necessario che aspettiamo pazientemente fino a quando essi potranno stare in piedi da soli. Allora saremo sicuri di avere un appoggio massiccio.
Fonte: Socialistworker
Traduzione a cura di ZNet Italy