di Munir Atalla
Il movimento per il Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) sta esercitando una pressione sempre maggiore su Israele, offrendo così una potenziale alternativa al ristagno dei negoziati.
Sette anni fa, la società civile palestinese lanciò un appello alla resistenza nonviolenta per mezzo di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro lo stato d'Israele. Sottoscritto da 108 enti ed organizzazioni, rappresentava il più grande momento di consenso entro la società civile palestinese nella storia recente. Quest'anno, nel settimo anniversario del movimento, non può più essere considerato un movimento "marginale". Anche se qualcuno ha voltato la schiena, questa iniziativa dal basso sembra essere l'unico movimento che raccolga sostegno fra gli attivisti internazionali nei campus universitari di tutto il mondo.
Il Comitato nazionale BDS, nel suo sito web, avalla varie forme di boicottaggio finché Israele non adempia agli obblighi del diritto internazionale:
1. terminando l'occupazione e la colonizzazione di tutte le terre arabe occupate nel giugno 1967 e demolendo il Muro;
2. riconoscendo i fondamentali diritti di piena eguaglianza di tutti i cittadini arabo-palestinesi d'Israele; e
3. rispettando, proteggendo e promuovendo i diritti dei profughi palestinesi di tornare alle loro case e proprietà come stipulato dalla Risoluzione 194 delle Nazioni unite.
Da Toronto a Sao Paulo a Londra, ramificazioni di questo movimento nascono più velocemente di quanto si possano contare. Questo si deve soprattutto alla struttura del movimento. È un'iniziativa decentrata in cui tutti e ciascuno sono invitati a diventare sostenitori. Il virus si diffonde facilmente fra gli attivisti, e il movimento non ha tratto altro che benefici dalla Primavera araba e da Occupy.
Forse il disinvestimento dal valore simbolico più alto nella breve storia del movimento è stato quello dell'Università di Johannesburg in Sudafrica, quando ha reciso i legami con l'Università Ben Gurion in Israele. La decisione è venuta in seguito ad una campagna guidata dal premio Nobel il reverendo Desmond Tutu, Arcivescovo emerito, che ha avuto le firme di quattrocento accademici sudafricani per interrompere il "l'andazzo" con Israele finchè non soddisfacesse certe richieste. Non lo ha fatto.
Mentre ci sono voluti trenta anni continui di campagne prima che gli studenti vedessero dei risultati in Sudafrica, il BDS è un movimento abbastanza giovane. Celebrando il settimo anniversario, il sito web del movimento ha pubblicato una lista dei suoi risultati fino ad ora. Mostra statistiche sulla percezione negativa dello Sato di Israele che sono aumentate bruscamente a partire dall'inizio del movimento.
Ma questa è solo la punta dell'iceberg. La vera pressione esercitata dal movimento è stata applicata sulle aziende considerate "fiancheggiatori nel mantenimento dell'apartheid". Dei gruppi di studenti in tutto il mondo hanno lanciato campagne per attaccare Veolia, Elbit Systems, Alstom, Caterpillar e Group 4 Securicor (G4S), che sono risultate devastanti per le loro relazioni pubbliche. Quasi tutte le aziende prese di mira finora hanno perso contratti, investitori o clienti a causa del loro coinvolgimento nell'occupazione della Cisgiordania.
Anche se il movimento ha avuto un successo travolgente, ci sono ancora degli ostacoli importanti da superare prima di conseguire le sue ambizioni. Il primo è la American Israel Public Affairs Committee, plausibilmente la lobby più ricca e arroccata in America. Poiché gli Stati uniti sovvenzionano Israele con tre miliardi di dollari in aiuti annuali, la lobby ha un ruolo importante nel mantenimento della superiorità militare israeliana.
Per ogni sostenitore del BDS c'è almeno un critico ansioso di dar voce al suo dissenso. Una comune critica al movimento è che ottemperare alle tre richieste implicherebbe che Israele perda il suo carattere ebraico. Mentre alcuni lo considerano un problema, altri pensano che, se si deve ottenere l'uguaglianza, nessuna razza o etnia possa essere preferita dallo stato.
Un'altra argomentazione è che dei boicottaggi mirati, rivolti direttamente alle colonie, sarebbero più efficaci, suggerendo che i boicottaggi olistici sono "antisemiti". Gli attivisti del BDS hanno risposto in vari modi a queste accuse. Omar Barghouti, per esempio, osserva che nel BDS non c'è niente che si opponga ai boicottaggi mirati. Dalit Baum e Merav Amir, due femministe israeliane e coordinatrici di "Who Profits?" ("Chi ci guadagna?"), un progetto che tiene traccia il coinvolgimento di grandi aziende nell'occupazione, affermano che "Il confine della Linea verde è sparito del tutto dalla mappa delle attività aziendali, anche se consideriamo soltanto le colonie israeliane, e ancora ci concentriamo solo sulla costruzione di colonie, scopriamo che i principali attori nell'economia israeliana sono inestricabili fiancheggiatori dell'occupazione". Questa loro affermazione riflette la realtà che ci sono attivisti sia israeliani che palestinesi impegnati in questo movimento.
Oltre al boicottaggio economico di Israele, c'è stato recentemente un boicottaggio culturale che spinge musicisti e artisti a rifiutarsi di esibirsi o pubblicare le loro opere in Israele finché le richieste [del movimento] non siano state soddisfatte. Degli artisti come Carlos Santana e Bono si sono rifiutati di esibirsi in Israele. Recentemente Alice Walker, autrice di "Il colore viola", ha scritto una lettera aperta rifiutandosi di pubblicare il libro in Israele, parlando di "apartheid e persecuzione del popolo palestinese".
Con un processo di pace che è al di là della riconciliazione, sempre più palestinesi si rivolgono al BDS per accelerare in modo nonviolento la loro battaglia per i diritti civili. Attivisti da tutto il mondo, incluso Israele, uniscono la loro voce a questo movimento in crescita.
Munir Atalla, giordano-palestinese, è un collaboratore fisso di "Your Middle East".
Fonte: Your Middle East
Traduzione di BDS Pisa