LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

di Roberto Prinzi

La Commissione degli Affari interni della Knesset ha approvato ieri una proposta di legge che vieterà a chi sostiene il movimento di boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni (BDS) di entrare in Israele. La mozione, passata con 8 voti a favore e cinque contrari, potrà ora seguire il suo iter legislativo: sarà votata a breve alla Knesset in prima lettura e se dovesse ottenere la maggioranza dei voti, come è prevedibile, ritornerà alla Commissione per ulteriori discussioni.

Nel dibattito che ha preceduto il voto, la parlamentare di Meretz (sinistra), Michal Rozin, ha sottolineato come la proposta, sostenuta dal governo Netanyahu, sia “completamente superflua” e sporcherà l’immagine d’Israele all’estero. “Il ministro degli Interni – ha argomentato Rozin – ha già la capacità di fermare gruppi anti-israeliani che arrivano nel Paese. Pertanto, questa [mozione] non apporta nulla di produttivo e darà solo un’immagine nostra negativa all’esterno”.

In effetti, già con i poteri attuali il ministro degli Interni può vietare a determinati individui di entrare nello stato ebraico. Con la risoluzione, però, verrà creata una speciale lista di individui e di organizzazioni giudicati “anti-israeliani” a cui sarà negato l’accesso nello stato ebraico salvo possibili esenzioni da parte del titolare del dicastero degli Interni.

La mozione anti-Bds, introdotta per la prima volta da Yinon Magal del partito di estrema destra Casa Ebraica, è stata difesa ieri in sede dibattimentale da Bezalel Smotrich, già noto alle cronache per le sue posizioni fortemente ostili alla sinistra e agli arabi. A chi, come Rozin, faceva notare l’inutilità della proposta e il danno che reca alla reputazione di Tel Aviv all’estero, il parlamentare di Casa Ebraica ha risposto con toni aspri: “È una vergogna che voi [opposizione, ndr] vi schierate con i nemici d’Israele”. Una categoria molto ampia quella dei “nemici” per il governo Netanyahu: se gli “arabi” interni e i palestinesi lo sono per definizione, non meno pericolosi per l’integrità dello stato ebraico sono gli attivisti di sinistra locali e internazionali. Ecco perché non è un caso che la presentazione di questa mozione segua la recente “Legge delle ong” o “Legge per la trasparenza”.

Quest’ultimo provvedimento – approvato dalla Knesset lo scorso giugno – impone a partire dal 2017 alle Ong finanziate in prevalenza dall’estero di precisare l’origine e l’entità delle donazioni ricevute. Queste organizzazioni, inoltre, dovranno riportare tali donazioni nelle loro pubblicazioni e nelle comunicazioni con funzionari dello Stato. Se non lo faranno saranno multate. L’obiettivo, spiegò in estate Netanyahu, è quello di evitare una situazione “assurda” in cui, a suo dire, alcuni Stati esteri interferiscono negli affari interni del Paese grazie alle Ong ed associazioni israeliane che finanziano.

La campagna contro la sinistra non passa però solo a livello legislativo. L’attacco subito recentemente dal direttore dell’organizzazione per i diritti umani israeliana B’Tselem, Hagai el-Ad, rientra infatti all’interno del duro giro di vite deciso dal governo Netanyahu contro le sole forze veramente di opposizione presenti nel Paese (ong di sinistra e palestinesi d’Israele). A suscitare la rabbia del governo israeliano contro el-Ad è stato il suo discorso a inizio ottobre al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite durante il quale ha denunciato l’occupazione israeliana e la costruzione illegale delle colonie nei Territori palestinesi in Cisgiordania.

Le parole di el-Ad hanno mandato su tutte le furie il premier Netanyahu che ha accusato la ong di “negare i diritti degli ebrei, di diffondere bugie e distorcere la storia”. Come ulteriore punizione, il primo ministro ha anche promesso che proibirà ai volontari del servizio civile di lavorare con l’organizzazione dei diritti umani. E ad attaccare i “nemici” dello stato è anche l’indagine che sta compiendo la polizia sui presunti fondi illeciti ottenuti dal partito arabo Balad. Una campagna contro chi denuncia Israele con toni aspri che sta preoccupando (almeno a parole) anche le Nazioni Unite. Meno di due settimane fa, infatti, il rappresentante speciale dell’Onu, Micheal Lynk, ha fatto sapere che esaminerà nel suo prossimo rapporto il trattamento che Tel Aviv destina ai gruppi umanitari.

Ma se i “nemici” dello stato ebraico vanno combattuti con durezza, tutt’altra accoglienza merita chi prova a normalizzare i rapporti con la fu “entità sionista”. A maggior ragione quando lo stato di provenienza dei normalizzatori non intrattiene ufficialmente rapporti diplomatici con lo stato ebraico. Date queste premesse, dunque, ecco spiegato perché una delegazione di sette noti giornalisti marocchini (cinque donne e due uomini) in visita in questi giorni in Israele sta ricevendo tutti gli onori da parte delle autorità locali. Il gruppo, ospitato dal Ministero degli Esteri, dovrà studiare “di prima mano” la situazione nello stato ebraico in modo da abbattere i “miti negativi” associati al Paese. Secondo il portale israeliano Ynet, “la delegazione incontrerà ministri, parlamentari e ufficiali della Corte Suprema israeliana e farà anche un tour del confine con Gaza”. Soltanto del confine però. Che non sia mai si spingano troppo al di là delle recinzioni a vedere di “prima mano” cosa accada anche lì.

Fonte: Nena News

 Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir