I prof che lo hanno sottoscritto lamentano di essere stati censurati. La replica: «È un sito ufficiale e va utilizzato per dare notizia delle attività di ricerca»
Il rettore Elda Morlicchio chiede di rimuovere dal sito ufficiale del centro di studi postcoloniali, uno dei link della pagina online di ateneo, l’appello al boicottaggio dei prodotti israeliani e all’università l’Orientale divampa la polemica. La docente parla di uso improprio del sito, ma alcuni dei suoi colleghi l’accusano di censura.
Il caso è scoppiato ieri, ma affonda le sue radici nel 2014. Risale infatti a ben due anni fa la decisione del professore britannico Iain Chambers, sociologo ed esperto di studi culturali, volto molto noto nell’ex Collegio dei Cinesi, di pubblicare sulla pagina del centro studi postcoloniale e di genere, struttura di ricerca dell’ateneo, del quale è presidente, l’invito lanciato da gruppi ed associazioni, nell’ambito della campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), a non comprare il «made in Israel». BDS sollecita ad evitare di acquistare merci di varia natura: stampanti, computer cosmetici,farmaci, prodotti agricoli. Accomunate, argomentano gli attivisti, dal lucrare sulla occupazione dei territori palestinesi, o perché realizzate in fabbriche all’interno delle colonie, o perché «finanziano il colonialismo», o per altri analoghi motivi. «Ci ispiriamo – sostengono i promotori di BDS – al movimento contro l’apartheid in Sudafrica e rispondiamo all’appello lanciato da centinaia di associazioni palestinesi». Piace anche a Chambers, quell’appello, e ad altri suoi colleghi del centro di studi postcoloniali. Lo collocano dunque in bella evidenza sul sito e lì resta praticamente per quasi due anni. Fino a ieri, però, quando lo stesso Chambers, su invito del rettore e con estremo disappunto, lo rimuove.
Cosa accade perché improvvisamente i vertici dell’ateneo accendono i riflettori su quell’invito al boicottaggio che era sulla pagina ufficiale dell’ateneo da tanto tempo? Succede che inizia a circolare in rete un altro appello, che invita a non stringere accordi commerciali con l’ateneo israeliano Technion, accusato di sviluppare tecnologie impiegate dall’esercito israeliano nella repressione contro i palestinesi, per esempio strumenti idonei a guidare a distanza le ruspe che demoliscono le case dei familiari di chi abbia commesso azioni di terrorismo contro i civili o di lotta armata contro i militari. Lo sottoscrivono 200 docenti universitari e molti lavorano od hanno lavorato all’Orientale. C’è naturalmente anche Chambers. L’appello non passa inosservato, anche perché ne fa cenno, in un articolo pubblicato da Il Foglio, Gabriella Steindler Moscati. Anch’ella docente per molti anni all’Orientale, dove ha insegnato lingua e cultura ebraica, sionista dichiarata, si rammarica della partecipazione alla campagna di non pochi tra i suoi ex colleghi.
La polemica sul nuovo documento, quello che non è mai arrivato sul sito di ateneo, ma è circolato in rete tra gruppi ed associazioni, finisce per sollevare l’attenzione anche sull’altro testo, quello di Boicottaggio Investimento Sanzioni, che invece è da tempo sulla pagina del centro di studi postcoloniali dell’università. Il rettore decide che quell’appello va rimosso e contatta Chambers. Il docente ubbidisce, ma a malincuore. «Ci sono rimasto male – dice – perché l’università deve essere uno spazio critico, nel quale si possano esprimere posizioni ed idee in piena libertà. Se non c’è critica e non si dà spazio al dibattito in ateneo, si mortifica la tradizione de l’Orientale». Si arrabbiano pure altri membri del centro di studi postcoloniali, che annunciano battaglia e si lamentano di essere stati censurati. Marina Vitale, un’anglista, aggiunge:«E’ normale schierarsi con i palestinesi, date le circostanze, e non chiamateci antisemiti. Siamo contro lo stato di Israele e le sue politiche di occupazione, certo non contro gli ebrei».
Il rettore, la professoressa Morlicchio, respinge le accuse di Chambers e colleghi: «Nessuna censura. Semplicemente ho fatto presente che la pagina internet del centro di studi postcoloniali va utilizzata per divulgare le attività di studio e di ricerca della struttura. Non entro nel merito dell’appello e delle posizioni dei colleghi in merito al conflitto israelo – palestinese. Ritengo, però, che quell’appello in quella pagina di ateneo non doveva stare”. Interviene pure Gabriella Steindler Moscati, la professoressa, ormai in pensione, che con l’intervento su Il Foglio ha involontariamente acceso i riflettori anche sull’appello al boicottaggio pubblicato sul sito dell’ateneo.”Guardi – dice – negli anni in cui ho insegnato non mi è mai capitato di percepire ostilità verso Israele. Vedo, tra l’altro, che nn hanno firmato i colleghi che insegnano lingue e letterature arabe. Qualcosa vorrà pur dire».
Fonte: Corriere del Mezzogiorno