Vedi video e foto della manifestazione e leggi il comunicato di BDS France
di Julien Salingue, dottorato in scienze politiche e membro del Nuovo Partito Anticapitalista
In Cisgiordania i soprusi commessi dai coloni israeliani si moltiplicano, fino ad avere, recentemente, portato alla morte di un neonato e di suo padre nell'incendio doloso della loro casa. A Gaza, un anno dopo l'offensiva omicida dell'estate 2014, il blocco continua e si è appena saputo da un rapporto dell'ONU che per la prima volta da 50 anni la mortalità infantile è in aumento. A Parigi, per denunciare questi crimini, si organizza una grande festa sulle rive della Senna, in onore di Tel Aviv. Non vi sembra un'indecenza?
Tel Aviv è Israele
«Ma non bisogna confondere Tel Aviv, una città, con Israele, uno Stato!» ci dicono. Quest'argomentazione potrebbe far sorridere se la situazione non fosse così grave. Bisogna ricordare agli organizzatori dell'iniziativa che Tel Aviv è la sola capitale internazionalmente riconosciuta di Israele, sede di quasi tutte le ambasciate? Bisogna precisare che l'agglomerato urbano di Tel Aviv (il "Gush Dan" [Area della tribù di Dan, ossia l'area metropolitana di Tel Aviv. N.d.tr.]) è di gran lunga il più popolato del Paese, con i suoi 3,5 milioni di abitanti, cioè quasi la metà della popolazione totale? Infine, bisogna ricordare che Tel Aviv è la capitale economica e finanziaria di Israele ed anche la sua capitale tecnologica, dove si elabora una gran quantità delle piccole meraviglie destinate all'esercito israeliano? No, Anne Hidalgo [la sindaca di Parigi. N.d.tr.], Tel Aviv non è una repubblica autonoma.
«Ma Tel Aviv è di sinistra, ed è contraria al governo e ai coloni, che la detestano!» dicono ancora. Se alcuni ritengono che un sindaco membro del partito Laburista - che ha fatto parte, durante gli scorsi anni, di diverse coalizioni con la destra e l'estrema destra - sia di sinistra, è un loro problema. Ma se Tel Aviv fosse così contraria al governo Netanyahu e ai coloni, e se «Tel Aviv non è Israele», come spiegare il sostengo a "Tel Aviv sulla Senna" da parte del Ministero del Turismo israeliano, dell'ambasciata di Israele in Francia e di organizzazioni così amanti della pace come il CRIF [Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni Ebraiche in Francia] o, peggio ancora, della Lega per la Difesa Ebraica? No, Bruno Julliard [vicesindaco di Parigi. N.d.tr.], Tel Aviv non è la Comune di Parigi.
Ripulire Israele dei suoi crimini
Bisogna essere ingenui, ciechi o in malafede per non capire che, per lo Stato di Israele e per i suoi sostenitori, l'iniziativa "Tel Aviv sulla Senna" è un'operazione eminentemente politica, che intende ripulire Israele dei suoi crimini quotidiani, mostrando il volto "aperto" e "festaiolo" di uno Stato la cui immagine sta sempre più peggiorando sulla scena internazionale. E potremmo consigliare, a quelli che ci spiegano che il turismo non ha niente a che fare con la politica, di meditare su questa affermazione di Hila Oren, responsabile di "Tel Aviv Global & Tourism", organismo pubblico che si occupa dello sviluppo della città: «Il marchio Tel Aviv è uno strumento per aggirare il conflitto (perché) Israele è un marchio difficile da vendere.»
La nostra opposizione all'iniziativa del municipio di Parigi è un'opposizione politica a un'iniziativa politica. Si tratta di rifiutare che, mentre continuano il blocco di Gaza e la colonizzazione della Cisgiordania, si festeggino Tel Aviv e Israele sulle rive della Senna in un ambiente caloroso e festoso. Si tratta di rifiutare ogni tentativo di ripulire l'immagine di uno Stato che, mentre calpesta quotidianamente le risoluzioni dell'ONU ed il diritto internazionale, cerca in ogni modo di sedurre l'opinione pubblica occidentale con operazioni comunicative ben organizzate. Si tratta di opporsi alla banalizzazione degli inviti a delle istituzioni i cui massimi responsabili dovrebbero essere portati davanti ai tribunali internazionali.
Chi è «irresponsabile»?
Uno degli aspetti più scandalosi della polemica è che ad essere trattati da "irresponsabili" sono coloro che denunciano quest'iniziativa, mentre essere irresponsabili è piuttosto partecipare ad un'operazione di ripulitura di Israele appena un anno dopo l' operazione omicida contro Gaza, che aveva destato l'indignazione in tutto il mondo. Essere irresponsabili è dichiarare, come Patrick Klugman, assessore di Anne Hidalgo, a chi gli fa notare che un anno fa l'esercito israeliano uccideva quattro bambini su una spiaggia di Gaza, che lui «rifiuta» ogni dimensione simbolica perché «la morte di quei quattro bambini è avvenuta in luglio e non in agosto.» Essere irresponsabili è rifiutare di capire le legittime proteste contro questo avvenimento e volerlo confermare a tutti i costi, a rischio di trasformare le rive della Senna in un accampamento militare.
Ma i peggiori irresponsabili sono, una volta per tutte, quelli che confondono le critiche a Israele con l'antisemitismo. Rispondiamo loro: non tolleriamo alcun antisemitismo nelle nostre file e lottiamo accanitamente contro tutti coloro che cercano di strumentalizzare la questione palestinese per fini antisemiti. Ma rispondiamo anche: quelli che fanno intendere che criticare Israele significa criticare gli ebrei, recitano esattamente lo stesso copione di quelli che vogliono rendere gli ebrei responsabili della politica dei dirigenti israeliani, operando una identificazione tra gli uni e gli altri. Quindi no, non ci lasceremo intimidire da questi irresponsabili. Sì, esigiamo che il Comune di Parigi faccia marcia indietro. E sì, continueremo a criticare Israele, Stato fuorilegge, difendendo anche il boicottaggio delle istituzioni israeliane, in mancanza di sanzioni da parte degli Stati che dovrebbero garantire il diritto internazionali.
Fonte: Libération
Traduzione di Amedeo Rossi