L’establishment militare israeliano è di nuovo all’offensiva, ma invece di armi ad alta tecnologia e di missili, usa schermi di computer, tastiere e connessioni wireless veloci per combattere ciò che rappresentanti dell’esercito israeliano hanno etichettato come “nuova guerra mediatica.”
Ai primi di febbraio, il portavoce militare Avi Benayahu ha annunciato che circa 1,6 milioni di dollari sarebbero stati investiti nella formazione di più di un centinaio di “guerrieri mediatici” israeliani all’uso dei social media per diffondere la propaganda israeliana in tutto il mondo.
“Dobbiamo conseguire la fiducia del pubblico e assistere il ministro degli affari esteri ad ottenere la legittimazione necessaria al nostro esercito per effettuare operazioni militari, al nord come al sud”. Così Benayahu ha presentato questa nuova campagna mediatica durante l’undicesima conferenza annuale sulla sicurezza di Herzliya all’inizio di febbraio.
La conferenza, che si tiene presso il Centro Interdisciplinare di Herzliya, vicino a Tel Aviv, è soprattutto un raduno della destra neo-conservatrice, che riunisce principalmente i governi israeliano e statunitense oltre a personalità accademiche e del mondo degli affari per discutere della politica israeliana e di questioni regionali e globali. La conferenza di quest’anno, oggetto di questo reportage, aveva come tema “L’equilibrio tra la forza e la sicurezza nazionale di Israele”.
Parlando durante una sessione chiamata “I nuovi media come arma strategica”, Benayahu ha detto al pubblico di Herzliya che i soldati israeliani sono ora costretti a essere più consapevoli del fatto che gli utenti dei nuovi media possono documentare le loro azioni in qualsiasi momento.
“I comandanti [hanno] una responsabilità senza precedenti” ha detto. “Devono pensare se i civili di fronte a loro o il bambino al secondo piano sopra di loro sono dei combattenti o una nuova generazione mediatica.”
Secondo Benayahu, l’esercito israeliano ha dato priorità al nuovi media al fine di combattere gli “elementi pro-iraniani” che utilizzano Internet per “delegittimare Israele.”
“E’ una cosa orchestrata, pianificata e finanziata da tutti gli elementi pro-iraniani”, ha affermato. “Loro sanno come inondarci con i media e le informazioni. Inoltre allevano tutte queste organizzazioni pro-radicali. La diaspora palestinese [sta] conducendo questa [opera] nelle università, nelle istituzioni [delle Nazioni Unite], nelle istituzioni per i diritti umani, e nei nuovi media”, ha aggiunto.
Strategia perfezionata durante l’attacco su Gaza
La campagna di Hasbara israeliana ha concentrato la sua attenzione sulle nuove fonti di informazione durante gli attacchi di Israele a Gaza nell’inverno del 2008-09, nel corso della quale più di 1.400 palestinesi, tra cui 300 bambini, sono stati uccisi.
“Hasbara”, la parola ebraica per “spiegazione”, è il termine usato per descrivere l’attività ufficiale di informazione, promozione e propaganda effettuata dallo stato israeliano attraverso i canali governativi di comunicazione e informazione.
Tra i messaggi chiave diffusi durante le tre settimane di attacchi, denominati da Israele Operazione Piombo Fuso, c’erano le affermazioni che era stato Hamas a rompere l’accordo di cessate il fuoco con Israele, che l’obiettivo di Israele era quello di difendere i propri cittadini e che Hamas è un’organizzazione terroristica.
L’assalto israeliano a Gaza è stata condannata da numerose organizzazioni internazionali per i diritti umani. I funzionari israeliani responsabili degli attacchi sono sospettati di crimini di guerra, in base ai risultati dell’inchiesta commissionata delle Nazioni Unite e guidata dal giurista internazionale Richard Goldstone.
“Israele era consapevole della portata della violenza della guerra pianificata contro Gaza ben prima di effettuarla”, ha detto a The Electronic Intifada Ramzy Baroud, un analista politico, giornalista e scrittore palestinese-americano.
“La giustificazione politica era che Hamas doveva subire una lezione, sperando in due possibili esiti: o che Hamas semplicemente si disintegrasse sotto il peso delle bombe israeliane, o che la popolazione facesse cadere il governo”, ha aggiunto Baroud. “Perché ciò accadesse, l’entità della violenza doveva essere straordinaria, e doveva colpire in gran parte le infrastrutture civili facendo pagare un prezzo alto in termini di vittime civili”.
“Questo ha richiesto pianificazione, moltissima pianificazione. La propaganda, consistente nella diffusione di disinformazione, menzogne, mezze verità e versioni selettive di eventi, è stata più istituzionalizzata che mai”, ha aggiunto ancora.
Per portare avanti la sua campagna di hasbara, l’esercito israeliano ha aperto un account su YouTube nel dicembre 2008 (http://www.youtube.com/user/idfnadesk ), in cui sono stati caricati decine di video raffiguranti bombardamenti israeliani e attacchi missilistici, e immagini di aiuti umanitari inviati da Israele nella Striscia di Gaza assediata.
Uno dei primi video caricati sull’account il 31 dicembre 2008, ad esempio, mostra quello che l’esercito israeliano ha definito come “un attacco [aereo] di precisione contro armi nascoste in una moschea di Gaza”.
Secondo Aliza Landes, un soldato israeliano originario di Boston, nel Massachusetts, che ora dirige la nuova unità mediatica dell’esercito, l’account su YouTube è “il più grande successo” mai ottenuto dell’esercito israeliano.
“YouTube è il nostro più grande successo”, ha detto Lande, che è stato chiamato sul palco da Benyahu durante la sessione su “I nuovi media come arma strategica”, per parlare specificamente del nuovo programma mediatico dell’esercito israeliano, di cui parlato per circa dieci minuti. “Il materiale visivo è quello che più attira l’attenzione online. È una prova. È una prova in un modo in cui non lo è una dichiarazione scritta. Se c’è una grande operazione in corso e siamo in grado di fornire la prova visiva di ciò che sta accadendo, altre persone possono poi utilizzarla nelle loro argomentazioni e discussioni”.
Impatto tangibile sui palestinesi
Mentre l’impatto reale dell’hasbara israeliana è difficile da determinare, forse il suo effetto più pericoloso è il modo in cui si insinua facilmente nei giornali e nelle riviste in Israele e all’estero, influenzando così il discorso pubblico.
“Penso che i media abbiano l’enorme potere di influenzare il modo in cui la società vede se stessa, come interpreta la sua realtà”, ha spiegato Nasser Rego, Coordinatore per le Relazioni Internazionali di I’lam, il Media Center per i palestinesi arabi in Israele. “I media sono la principale fonte di informazione in Israele. Il 90 per cento del pubblico basa regolarmente la sua opinione sui media. Per questo il loro effetto è così importante”.
Secondo Rego, la rappresentazione dei cittadini palestinesi di Israele fatta dai media israeliani ha un impatto tangibile sulla comunità, che rappresenta il 20 per cento della popolazione. “Penso che quello che fa è disumanizzare i palestinesi e la comunità [ritraendoli come] intrusi o come persone che vengono da fuori. Poi sembra quasi giustificato trattarli in un modo che riflette tale rappresentazione, continuando a negare loro i diritti umani, i diritti civili fondamentali, e continuando e incrementando la politica di demolizione delle case”.
Rego ha spiegato che il modo in cui gli israeliani hanno risposto all’attacco a Gaza nell’inverno 2008-09 è un esempio lampante di come l’hasbara israeliana - e l’ampio spazio dedicato dalle fonti giornalistiche israeliane a questa propaganda - può influenzare l’opinione pubblica, che era in gran parte favorevole all’attacco israeliano.
“Penso che, purtroppo, quando una comunità viene disumanizzato, davvero [non ci sono] troppi ostacoli alla continuazione di tale tipo di azioni o addirittura al loro peggioramento. Penso che sia questo ora l’effetto più pericoloso”, ha detto a The Electronic Intifada.
Un esempio più recente di come l’hasbara israeliana riesca ad infiltrarsi nei media ufficiali e a influenzare una situazione si è verificato all’inizio di quest’anno, quando Jawaher Abu Rahmah è morta dopo aver inalato una quantità eccessiva di gas lacrimogeni durante una manifestazione contro il muro israeliano e le colonie illegali nel villaggio di Bilin, nella Cisgiordania occupata.
Subito dopo la sua morte, l’esercito israeliano ha rilasciato delle dichiarazioni che suggerivano una serie di bugie e promuovevano la disinformazione. “Fonti militari” anonime ampiamente citate da giornalisti e blogger israeliani hanno affermato che Abu Rahmah non era forse nemmeno presente alla manifestazione di Bilin del 31 dicembre 2010, o che la sua morte era stata causata da una condizione medica preesistente.
Mentre queste affermazioni sono state subito smentite dai testimoni oculari e dai medici dell’ospedale di Ramallah in cui Abu Rahmah era deceduta, il danno era già stato fatto: il legame tra finzione e realtà era stato offuscato.
“L’esercito sta cercando di eludere la sua responsabilità per la morte di Jawaher con menzogne e racconti inventati che non hanno fondamento. Diffondono queste menzogne e invenzioni attraverso i media, che non si preoccupao di controllare i fatti”, ha spiegato Mohammed Khatib, membro del Comitato Popolare di Bilin, in un comunicato stampa emesso dal Comitato di Coordinamento della Lotta Popolare.
“La nostra versione è supportata da fonti indicate con precisione e da documenti medici. In una società che funzioni correttamente, la versione dell’esercito, che è stata diffusa da fonti anonime, non sarebbe considerata degna di pubblicazione”, ha aggiunto Khatib.
Il nemico più grande dell’Hasbara è Israele stesso
Secondo Ramzy Baroud, l’assenza di voci palestinesi nelle rappresentazioni della situazione in Palestina da parte dei media statunitensi rende più difficile contrastare la propaganda israeliana.
“Io credo che la questione non sia tanto quella del successo o del fallimento della macchina propagandistica israeliana nel causare l’incomprensione da parte del pubblico generale, soprattutto in Occidente”, ha detto. “La disinformazione e la confusione sono in gran parte causate dall’assenza di voci palestinesi e filo-palestinesi nei principali media statunitensi - in effetti dalla totale assenza di voci ragionevoli e obiettive - quando si parla del conflitto in Palestina”.
La mancanza di coordinamento, l’assenza di piattaforme mediatiche e “il muro dei media mainstream”, tutto questo rende molto più difficile far arrivare le voci palestinesi al grande pubblico internazionale di quanto non lo sia far arrivare le voci israeliane, i cui messaggi sono presenti da molto tempo e sono radicati nel discorso occidentale, ha spiegato Baroud .
“La propaganda israeliana è più vecchia ed è quasi incorporata nella psiche occidentale che vede Israele come l’incarnazione della bontà, della libertà, del coraggio e della democrazia, mentre gli arabi sono l’antitesi di tutto ciò che è buono e ‘americano’ o ‘occidentale.’ In altre parole, gli israeliani sono ‘noi’ e gli arabi sono ‘loro’”, ha detto.
Tuttavia Baroud ha aggiunto che la sfida più grande per la campagna di hasbara israeliana sono le stesse azioni e politiche israeliane: “La vera sfida per Israele non è la voce palestinese di per sé, ma proprio il comportamento di Israele. Anche se non vi è alcuna voce palestinese, i crimini di guerra di Israele a Gaza e in Cisgiordania sono così rivoltanti che anche campagne mediatiche ben finanziate non possono nascondere la loro atrocità nella sua interezza”.
“Il più grande nemico di Israele nei media sono i suoi crimini”.
Fonte: Electronic Intifada
Traduzione di Federico Zanettin