di Joseph Massad
Cosa sta accadendo nei parlamenti europei? Nell'ultimo mese e mezzo la Camera dei Comuni inglese ed il parlamento spagnolo, francese, portoghese ed irlandese hanno tutti riconosciuto l'eterno “diritto” di Israele ad essere uno stato razzista tramite il tanto pubblicizzato riconoscimento di un presunto stato palestinese in West Bank e nella Striscia di Gaza, le zone della Palestina occupate nel 1967 da Israele.
Questi atti hanno seguito l'esempio del nuovo governo di centrosinistra in Svezia che poco dopo l'insediamento ha deciso di “riconoscere lo Stato di Palestina” come parte della “soluzione dei due stati”.
Poichè non c'è nessuno stato palestinese da riconoscereall'interno dei confini del 1967, o di qualsiasi altro confine, queste mosse politiche sono state progettate per annullare la morte della soluzione dei due stati, l'illusione che per decenni ha garantito la sopravvivenza di Israele come uno stato ebraico razzista. Infatti queste decisioni parlamentari cercano di imporre un regime de facto che impedisca il collasso di Israele e la sua sostituzione con uno stato che garantisca uguali diritti a tutti i suoi cittadini e che non sia fondato sui privilegi coloniali e razziali.
A differenza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ritiene di poter costringere il mondo a riconoscere un'Israele più grande con l'annessione di diritto dei territori occupati nel 1967, i parlamenti europei insistono che garantiranno la sopravvivenza di Israele come stato razzista solo all'interno dei confini del 1948 e su qualunque altra zona all'interno dei confini del 1967 che l'Autorità Palestinese (ANP) – collaborazionista di Israele – deciderà di concedergli tramite gli “scambi di territori”.
Il parlamento danese e lo stesso parlamento europeo sono gli ultimi enti che stanno considerando di votare per garantire la sopravvivenza di Israele nella sua forma attuale all'interno dei confini del 1948. Anche la neutrale Svizzera, dietro richiesta dell'ANP, si è detta d'accordo ad ospitare un incontro dei firmatari della Quarta Convenzione di Ginevra per discutere soltanto dell'occupazione israeliana del 1967. Come previsto oltre ovviamente alla colonia ebraica le più grandi colonie del mondo – Stati Uniti, Canada ed Australia – sono contrarie alla conferenza e non vi parteciperanno.
Queste mosse avvengono proprio mentre il sostegno internazionale al movimento palestinese di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) sta prendendo piede nell'opinione pubblica statunitense e dell'Europa occidentale. Tra le associazioni accademiche che sostengono il BDS ci sono l'Association for Asian American Studies, la Native American and Indigenous Studies Association, l'American Studies Association e l'American Anthropological Association (che ha bocciato una risoluzione contro il BDS).
Un'eccezione è il MESA, la Middle East Studies Association, i cui membri hanno recentemente votato per discutere del BDS ed hanno involontariamente concesso ai sionisti un anno intero per fare pressioni e per prepararsi a sconfiggere una risoluzione a favore del boicottaggio che potrebbe essere sottoposta al voto dei suoi membri l'anno prossimo.
Di recente anche il Centro per gli Studi Palestinesi della Columbia University – che nell'aprile 2011 aveva rifiutato con insistenza di ospitare Omar Barghouti e il 4 aprile 2013 ha invece ospitato un oratore (in un evento non aperto al pubblico) che ha attaccato Barghouti nel tentativo di delegittimare il PACBI – ha invertito la rotta e il mese scorso ha invitato Barghouti stesso, che è il cofondatore della campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI).
Qual'è il significato di tutte queste mosse?
I liberali razzisti israeliani sono imbarazzati
Il contesto di questi avvenimenti ha a che vedere con il recente comportamento del governo Netanyahu, la cui impazienza sta mettendo in imbarazzo i politici liberali e razzisti israeliani – quelli che preferiscono un approccio più paziente per raggiungere gli stessi obiettivi politici razzisti. La situazione è divenuta talmente ingestibile che gli ardenti sionisti liberali americani guidati nientemeno che da Michael Walzer, professore emerito all'Institute for Advanced Study di Princeton, si sono sentiti costretti ad agire.
Walzer, tristemente noto per aver giustificato tutte le conquiste di Israele definendole “giuste guerre”, ed un gruppo di personaggi che la pensano come lui autodefinitisi “Studiosi per Israele e la Palestina” recentemente hanno chiesto al governo statunitense di vietare l'ingresso nel paese ai politici israeliani di destra che sostengono l'annessione di ciò che rimane della West Bank.
Mentre i vari governi israeliani hanno dimostrato una ferma determinazione a rafforzare il diritto di Israele ad essere uno stato razzista su tutta la Palestina storica tramite l'inganno del “processo di pace”, che si sono impegnati a rendere senza sbocchi per decenni.
Questa strategia ha funzionato bene negli ultimi vent'anni senza nessuna opposizione da parte dell'Autorità Palestinese, che deve la sua esistenza a questo “processo” senza fine. Ultimamente anche la dirigenza politica di Hamas, soprattutto quella stanziatasi in Qatar dove ha sede il suo capo Khaled Meshal, sta cercando il modo migliore per unirsi a questo progetto.
Ma le attuali politiche di Netanyahu di terrore contro il popolo palestinese su tutti i territori controllati da Israele – politiche che hanno svelato il “processo di pace” per la farsa che è sempre stato così come la pretesa di Israele di essere “democratica” – hanno indebolito, se non quasi fatto crollare, il consenso internazionale che i liberali israeliani hanno costruito nel corso degli anni per mascherare al mondo la loro orrenda realtà.
I liberali israeliani si rendono conto che ciò che Netanyahu sta facendo è minacciare il loro intero progetto e la sopravvivenza stessa di Israele come uno stato razzista ed ebraico. È in questo contesto che i parlamenti europei si stanno affrettando a salvarli garantendogli la sopravvivenza di Israele nella sua forma razzista tramite il riconoscimento di un inesistente stato Palestinese “nei confini del 1967”.
È anche in questo contesto che nell'anno passato i governi europei hanno iniziato a discutere del BDS (limitato al boicottaggio dei soli prodotti degli insediamenti coloniali israeliani in West Bank) come una possibile arma per minacciare il governo Netanyahu nel caso in cui continui a rifiutarsi di “negoziare” con palestinesi, cioè per mantenere l'illusione di un continuo “processo di pace”. Qui sta il dilemma per chi sostiene il BDS.
BDS: un mezzo od un fine?
Il PACBI di Ramallah è sempre stato chiaro sul fatto che il BDS è uno strumento, un mezzo da utilizzare per raggiungere degli obiettivi strategici – cioè la fine dell'occupazione delle terre palestinesi durante e dal 1967, la fine del razzismo istituzionale israeliano nei confini del 1948 ed il ritorno dei profughi palestinesi alle loro terre e alle loro case. Comunque negli ultimi anni il BDS è stato trasformato in un fine. Molti tra quelli che sostengono i palestinesi hanno cominciato a sostenere il BDS come un obiettivo piuttosto che come un mezzo.
Le recenti votazioni delle organizzazioni accademiche sono un esempio calzante: mentre tre organizzazioni che hanno votato per il BDS hanno dichiarato il loro sostegno alla fine dell'occupazione del 1967 soltanto due, la Native American and Indigenous Studies Association (NAISA) e l'Association for Asian American Studies, si sono esplicitamente opposte alle politiche razziste di Israele contro i suoi cittadini palestinesi.
Solo la mozione della NAISA ha contestato le leggi e le strutture razziste israeliane. Al contrario l'American Studies Association ha solo citato l'occupazione dei territori del '67 mentre la Modern Language Association ha soltanto censurato Israele perché nega ai professori e agli studenti palestinesi le loro libertà accademiche senza condannare l'occupazione od il razzismo di stato israeliano. La mozione della MESA nemmeno menziona gli obiettivi del BDS.
Anche se queste mozioni sono un passo nella giusta direzione, e in molti casi sono l'esito di lunghe ed accanite battaglie condotte da sinceri sostenitori di tutti i diritti dei palestinesi, per lo più non riescono ad enunciare delle posizioni che corrispondono agli obiettivi espliciti del BDS. Infatti nessuna di queste organizzazioni ha menzionato il terzo punto, cioè il diritto dei profughi palestinesi al ritorno che Israele continua a negare in spregio alle risoluzioni ONU e al diritto internazionale per salvaguardare la maggioranza ebraica nel paese.
Come riconosciuto dai politici europei il BDS ora può essere utilizzato come un mezzo per il raggiungimento di finalità decise da loro stessi: non è più garantito il monopolio dei palestinesi sul processo decisionale (tramite il PACBI ed il Comitato Nazionale per il Boicottaggio) e sulla scelta degli obiettivi.
Parti diverse che si dichiarano solidali con i palestinesi possono considerare, e di fatto considerano del tutto, il PACBI come una delle numerose organizzazioni internazionali che sostiene il BDS, affermando che ogni sostenitore del boicottaggio può determinare da solo qualunque obiettivo ritenga opportuno. In sintesi il sempre maggiore sostegno al BDS negli USA e in Europa non si traduce necessariamente in un sempre maggiore sostegno all'obiettivo di far cessare il razzismo israeliano, l'occupazione e l'esilio dei profughi ma piuttosto è un mero sostegno all'utilizzo del boicottaggio come mezzo per ottenere un obiettivo qualsiasi determinato da chi utilizza questo strumento.
Come ho scritto e spiegato sin dalla firma degli accordi di Oslo nel 1993 tutte le “soluzioni” offerte dai governi occidentali ed arabi e dai liberali israeliani e dell'ANP per la cessazione del cosiddetto “conflitto israelo-palestinese” si fondano sul garantire la sopravvivenza di Israele come uno stato razzista ed ebraico. Tutte le “soluzioni” che non offrono questa garanzia vengono scartate a priori in quanto irrealizzabili, non pragmatiche ed anche antisemite. I recenti tentativi di cooptare il BDS per lo stesso identico motivo sono in linea con questo obiettivo.
Ciò spiega il repentino declassamento della minaccia del BDSdall'essere qualcosa di innominabile per i funzionari europei ed americani e per gli accademici e gli attivisti liberali – che avevano compreso che il suo obiettivo ultimo non era solo il rifiuto di garantire la sopravvivenza di Israele come uno stato razzista ma puntava anche nello specifico a smantellare tutte le sue strutture razziste - all'essere uno strumento sempre più sicuro da adottare visto che ora può essere utilizzato per assicurare la sopravvivenza di Israele.
I palestinesi ed i loro sostenitori devono essere vigili su questa cooptazione del BDS e devono riconoscere che raggiungere l'opinione pubblica può comportare anche dei gravi rischi. Se non si riafferma che il sostegno per il BDS è anche il sostegno per gli obiettivi espliciti delineati inizialmente dal PACBI allora questa recente ed evidente “trasformazione” della mentalità, che in realtà non è una trasformazione a tutti gli effetti, prenderà una brutta china – il cui obiettivo finale è ahimè ben troppo noto ai palestinesi per ripercorrerla nuovamente.
A causa della prolungata assenza di un movimento di liberazione palestinese indipendente, rappresentativo ed unificato che sia capace di elaborare una strategia coerente e di guidare la lotta per la liberazione nella migliore delle ipotesi il BDS continuerà, al contrario degli obiettivi dichiarati dal PACBI, ad essere utilizzato come una “minaccia” nei confronti di Israele per far cessare la sua occupazione del 1967. Ciò è a dir poco una cortina fumogena per perpetuare le altre forme di controllo coloniale di Israele sulla Palestina storica e sui palestinesi, e per preservare il suo razzismo istituzionalizzato e legale.
Piuttosto che chiedere alla comunità internazionale di adottare il BDS senza un impegno specifico sui suoi obiettivi i palestinesi dovrebbero insistere sul fatto che chi solidarizza con loro adotti il BDS non come un obiettivo bensì come una strategia per porre fine al razzismo e al colonialismo di Israele in tutte le sue forme dentro e fuori i confini del 1948.
Altrimenti il BDS può e verrà usato per rafforzare la colonia ebraica ed il progetto liberale israeliano che lo sostiene.
Joseph Massad è un professore di politica e storia intellettuale araba moderna alla Columbia University. Il suo ultimo libro è Islam in Liberalism (University of Chicago Press).
Fonte: Electronic Intifada
Traduzione di Emanuele Calitri per Communia