Il governo olandese ha annunciato che introdurrà nuove linee guida che invitano i rivenditori ad etichettare i prodotti agricoli provenienti dagli insediamenti israeliani illegali in modo che si possano distinguere dai prodotti provenienti dall'interno di Israele. "Non vogliamo contribuire all'economia degli insediamenti illegali", ha detto il ministro degli Esteri Frans Timmermans durante una dichiarazione al parlamento mercoledì.
L’Olanda è una destinazione chiave per i prodotti agricoli israeliani, molte delle principali compagnie di esportazioni agricole israeliane hanno filiali e centri di distribuzione nel paese. Seguire le linee guida sarà su base volontaria e nessun’azione sarà presa nei confronti dei rivenditori che non le seguono.
Palestinesi accolgono con favore la presa di mira delle operazioni finanziarie con gli insediamenti
La mossa olandese segue simili misure da parte dei governi di Gran Bretagna, Danimarca e Sud Africa. Inoltre, una lettera del 22 febbraio, inviata dal capo della politica estera dell'Unione europea Catherine Ashton a tutti i Ministri degli Esteri dell’UE, invita gli Stati membri dell'UE ad attuare un'etichettatura differenziata sui prodotti agricoli degli insediamenti in accordo con la decisione del Consiglio Affari Esteri del maggio 2012.
Zaid Shuaibi, un portavoce per il Comitato Nazionale palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, un'ampia coalizione delle più grandi organizzazioni, sindacati e reti palestinesi, ha dichiarato:
“È davvero incoraggiante vedere che i governi europei stanno iniziando a combinare la loro condanna della continua espansione degli insediamenti di Israele e le conseguenti violazioni dei diritti umani con azioni mirate alle operazioni finanziarie che permettono agli insediamenti israeliani illegali di prosperare. Il livello di coordinamento tra i governi europei su questo tema non ha precedenti ed è il risultato di una campagna determinata ed efficace di reti di base, sindacati e ONG europee”.
Il commercio con gli insediamenti è illegale
Shuaibi prosegue: “La costruzione di insediamenti costituisce un crimine di guerra e i governi europei stanno venendo meno ai propri obblighi derivanti dal diritto internazionale, consentendo al commercio con gli insediamenti di continuare. Mentre questo è un primo passo positivo, un’etichettatura non vincolante fa ben poco per porre fine in termini pratici alle esportazioni di prodotti agricoli dagli insediamenti ai mercati europei, dalle quali molti insediamenti illegali dipendono. I governi europei dovrebbero adottare una legislazione efficace che vieta ogni forma di commercio che sostiene gli insediamenti”.
Un recente rapporto pubblicato dai capi missione dell'UE a Gerusalemme raccomanda all'UE di “impedire, scoraggiare e sollecitare presa di coscienza sulle implicazioni problematiche delle transazioni finanziarie … dall'interno della UE, a sostegno di attività relative a insediamenti, infrastrutture, servizi”.
Dawood Hammoudeh, direttore esecutivo del Sindacato palestinese degli agricoltori, una delle 16 organizzazioni agricole e della società civile palestinesi che hanno recentemente lanciato un appello ai governi e ai rivenditori di prendere misure contro le imprese che esportano dagli insediamenti, ha detto:
"Fino a quando sarà consentito il commercio con gli esportatori israeliani degli insediamenti come Mehadrin e Hadiklaim, i contadini palestinesi continueranno ad essere costretti ad abbandonare le loro terre per far posto a prodotti coltivati dagli insediamenti israeliani illegali destinati all'esportazione ai supermercati europei."
"Il commercio con gli esportatori operanti negli insediamenti incoraggia e premia l'espansione degli insediamenti israeliani illegali, lo sfruttamento dei lavoratori palestinesi, il lavoro minorile e il furto delle risorse idriche palestinesi, tutto in violazione del diritto internazionale."
Un dossier pubblicato da organizzazioni di agricoltori palestinesi a febbraio descrive in dettaglio come almeno un supermercato della Gran Bretagna continua a vendere prodotti agricoli degli insediamenti etichettati 'Made in Israel' in violazione delle linee guida ufficiale del governo britannico perché è stato indotto in errore dai suoi fornitori israeliani. Tutte le principali aziende di esportazione israeliane traggono in inganno regolarmente i rivenditori e i governi circa l'origine dei loro prodotti. Molti rivenditori della Gran Bretagna continuano a vendere prodotti agricoli degli insediamenti, nonostante le norme sull’etichettatura.
"Un’etichettatura accurata dei prodotti degli insediamenti diventa quasi impossibile nel contesto dell’inganno creato dai fornitori israeliani, specialmente quando sono le stesse società israeliane a gestire l'importazione di prodotti israeliani in Olanda e in altri paesi europei. L'unico modo per garantire che i prodotti degli insediamenti israeliani illegali non vengano venduti come 'Made in Israel' è di vietare il commercio con qualsiasi società che tratta con prodotti degli insediamenti o che comunque opera negli insediamenti illegali", ha aggiunto Hammoudeh.
Con una misura esemplare, la catena di supermercati britannici, il Co-Operative, ha annunciato lo scorso anno che non avrebbe più avuto rapporti commerciali con qualsiasi società che esportava dagli insediamenti a seguito di una campagna ampiamente sostenuta dai propri membri. Sono in corso campagne per fare pressione su altri supermercati europei perché prendano simili misure.
Un recente parere giuridico pubblicato dall’organizzazione palestinese per i diritti umani Al Haq sostiene che i governi europei stanno venendo meno ai propri obblighi ai sensi del diritto internazionale di non riconoscere come legali le violazioni israeliane del diritto internazionale.
Una missione di inchiesta dell’ONU sugli insediamenti israeliani illegali ha recentemente chiesto agli Stati di rispettare i propri obblighi legali di adottare provvedimenti per porre fine all'espansione delle colonie e ha invitato le imprese ad interrompere le loro attività con gli insediamenti.
Lo scorso mese manifestazioni si sono svolte a Gaza e in più di 40 città in tutta Europa per chiedere ai governi e ai rivenditori di agire per interrompere il commercio che sostiene l'espansione degli insediamenti israeliani illegali.
Fonte: Comitato nazionale palestinese per il BDS
Traduzione di BDS Italia