LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Omar Barghouti interviene alla conferenza del Parlamento Europeo

Questo articolo è ri-pubblicato da Omar Barghouti, cliccate qui per leggere l’articolo originale.

Nonostante gli sforzi di Israele di censurarlo, Omar Barghouti ha tenuto questo discorso alla conferenza dal titolo "Le colonie israeliane in Palestina e l’Unione Europea" svoltasi al Parlamento Europeo il 28 febbraio 2018. È stata organizzata dalla parlamentare europea del Portogallo Ana Gomes. Omar è un difensore dei diritti umani palestinese e co-fondatore del movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS).

Verso la fine della complicità dell’UE nel mantenimento delle colonie illegali di Israele e in altre gravi violazioni dei diritti umani

Nonostante Israele sia ormai scivolato in un estremismo di destra senza maschera, in particolare con l’attuale inasprimento della sua brutale occupazione militare e repressione, e malgrado la sua retorica, l’Unione Europea (UE) non ha rispettato i suoi obblighi legali nel quadro del diritto internazionale nei confronti del progetto israeliano di colonizzazione e si rende fondamentalmente complice nel consentire e mantenere l’occupazione e le violazioni dei diritti dei palestinesi. Solo un’efficace pressione da parte della società civile europea può porre fine a questa complicità dell’UE, dando un contributo significativo al raggiungimento di una pace giusta e completa nella nostra regione.

Le gravi infrazioni del diritto internazionale commesse da Israele devono far scattare una serie di obblighi legali da parte dell’UE, il più grande partner commerciale di Israele, e dei suoi stati membri. Come ribadito nella sentenza del 2004 della Corte Internazionale di Giustizia, per garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario e del diritto del popolo palestinese a esercitare l’autodeterminazione, gli stati devono astenersi da ogni atto che implichi il riconoscimento del progetto israeliano di colonizzazione e dal fornire qualsiasi forma di assistenza al mantenimento della situazione illegale che ne deriva.

Come definito dall'OHCHR [l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani – NdT], facendo affari con le colonie illegali di Israele e sostenendo le compagnie coinvolte nel progetto di colonizzazione, l’UE viola sia l’obbligo di non riconoscimento che quello di non assistenza.

L’UE mantiene una rete di rapporti militari, ricerche sugli armamenti, transazioni bancarie e commerci con le colonie, con imprese, banche e istituzioni israeliane coinvolte profondamente in violazioni dei diritti umani.

Ad esempio, l’UE importa beni dalle colonie israeliane per un valore stimato di 300 milioni di dollari all’anno. Questo è oltre 17 volte il valore medio annuale dei beni palestinesi importati dalla UE tra il 2004 e il 2014.

Attraverso il suo programma di ricerca Horizon 2020, l’UE ha approvato oltre 200 progetti con compagnie israeliane, tra cui Elbit Systems e Israel Aerospace Industries, entrambe accusate di profonda complicità con i crimini di guerra di Israele e di possibili crimini contro l’umanità. Un’altra beneficiaria dei finanziamenti UE è la Technion University, uno dei principali centri per lo sviluppo di sistemi di arma israeliani usati per perpetrare crimini contro i civili palestinesi.

Le banche europee continuano i loro rapporti di affari con le banche israeliane, nonostante il ruolo primario di queste ultime nel finanziamento, nella fornitura di servizi e più in generale nel supporto delle colonie illegali di Israele. Un recente rapporto di Human Rights Watch, ha concluso che “le imprese non possono adempiere alle proprie responsabilità riguardo ai diritti umani se continuano a portare avanti attività all’interno delle colonie o a beneficio di esse.”

Nonostante le pressione di centinaia di associazioni della società civile e di ONG europee e di oltre 60 membri del Parlamento Europeo, l’UE si è ostinatamente rifiutata di applicare la clausola sui diritti umani inclusa nel suo Accordo di Associazione con Israele. Questo è continuato anche dopo che un rapporto legale pubblicato l’anno scorso da un’agenzia delle Nazioni Unite ha riscontrato che Israele ha stabilito un regime di apartheid ai danni dell’intera popolazione palestinese. È opportuno ricordare che nel diritto internazionale l’apartheid è al secondo posto tra i crimini più gravi contro l’umanità.

Se i diritti dei palestinesi sono considerati oggi come la cartina di tornasole per i diritti umani, come descritto dal celebre giurista sudafricano John Dugard, l’UE ha fallito questo test. Limitarsi a etichettare alcuni dei prodotti illegali delle colonie israeliane, anziché bandirli in toto, è considerato dai palestinesi come l’ennesima inadempienza nel rispettare il diritto europeo e internazionale da parte dell’UE.

Nonostante l’UE voti sempre compatta a sostegno delle risoluzioni ONU a favore dei diritti dei palestinesi, incluso il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, e condanni come illegali le colonie israeliane, queste posizioni non sono state tradotte in concrete misure che mettano Israele di fronte alle proprie responsabilità.

Invece, l’UE ha adottato rapidamente sanzioni contro la Russia dopo la presa del potere in Crimea, una violazione che impallidisce di fronte agli oltre 50 anni di occupazione militare di Gaza e della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est. Nulla può giustificare una simile ipocrisia.

Il governo di estrema destra di Israele getta la maschera

Mentre il regime israeliano diviene sempre più apertamente legato all’estrema destra mondiale, che include i gruppi di suprematisti bianchi e i gruppi antisemiti negli Stati Uniti e in Europa, e diventa il modello delle politiche xenofobe di schedatura su base etnica di Trump, di espulsione di musulmani e rifugiati e del muro razzista con il Messico, la sua popolarità sta affondando. Un recente sondaggio della BBC mostra che Israele è al quart’ultimo posto per popolarità tra molti paesi ed è visto negativamente da oltre il 60% dell’opinione pubblica inglese, francese e spagnola.

Sempre più persone di coscienza nel mondo – inclusi contribuenti in paesi che continuano ad armare Israele, come Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Italia e Francia, – stanno riconoscendo il loro dovere morale e agendo di conseguenza per porre fine alla complicità dei propri governi con i crimini di Israele.

In modo determinante, il sostegno a misure che chiedono a Israele di render conto delle sue responsabilità sta crescendo tra gli ebrei americani e più in generale nell’opinione pubblica USA. Un sondaggio del 2014 di J Street ha mostrato che il 46% degli ebrei maschi americani non ortodossi sotto i 40 anni è a favore di un completo boicottaggio di Israele per mettere fine all’occupazione, mentre un sondaggio del 2016 della Brookings Institution rivela che quasi la metà degli americani sostiene l’imposizione di sanzioni contro Israele per fermare gli insediamenti illegali.

Con una fedeltà senza precedenti da parte della Casa Bianca di Trump e del Congresso alle sue politiche fanatiche, il regime israeliano di occupazione, colonialismo d’insediamento e apartheid è diventato così ubriaco di potere da aver gettato la sua esile e logora maschera di democrazia, rinunciando all’apparenza di un sostegno a una “soluzione a due stati” e salutando l’ascesa al potere di Trump come un’occasione unica per seppellire il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione.

Il governo di Israele, “il più razzista” della sua storia, continua a commettere gravi crimini contro la popolazione nativa della Palestina, con un’arroganza e un’impunità senza precedenti, così da alienarsi le simpatie dell’opinione liberale occidentale dominante, che è stata per decenni la spina dorsale del suo sostegno in Occidente, proteggendolo dal rispondere delle sue responsabilità di fronte al diritto internazionale.

Israele sta intensificando la costruzione delle sue colonie illegali e del suo muro accaparrando terre nella Cisgiordania occupata, soprattutto a Gerusalemme Est.

Sta rafforzando il suo mortale assedio decennale di due milioni di palestinesi a Gaza, negando loro i bisogni di base, persino le matite e gli strumenti musicali, mentre vengono contate le calorie pro capite che vengono fatte entrare con lo scopo di mantenerli sull’orlo della fame, o per “per tenerli a dieta” come ha confessato una volta un funzionario israeliano. Di conseguenza, le Nazioni Unite prevedono che Gaza diventerà invivibile entro il 2020.

Sta consolidando quello che persino il Dipartimento di Stato americano aveva descritto come un sistema di “discriminazione istituzionale, legale e sociale” nei confronti dei cittadini palestinesi nell’odierno Israele, imposto per mezzo di oltre 65 leggi razziste. Lo scorso anno, le forze armate israeliane hanno demolito il villaggio beduino di Umm al-Hiran, nel Naqab (Negev), per costruire sulle sue rovine un nuovo insediamento per soli ebrei, chiamato stranamente “Hiran”.

Inoltre continua a negare i diritti riconosciuti a livello internazionale dei palestinesi in esilio, per la maggior parte rifugiati, che rappresentano il 50% di tutti i palestinesi.

Alla luce di questa Nakba che continua e dato il fallimento della comunità internazionale, con l’egemonia di USA e UE, nel sostenere i diritti palestinesi nel quadro del diritto internazionale, nel 2005 la più ampia coalizione della società civile palestinese ha lanciato il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) per i diritti palestinesi. Chiede di porre fine all’occupazione del 1967da parte di Israele, al suo sistema di discriminazione razziale legalizzata e di garantire il diritto dei rifugiati palestinesi di ritornare nelle case e nelle terre da cui sono stati sradicati ed espropriati a partire dalla Nakba del 1948.

Questi tre diritti basilari corrispondono ai tre principali segmenti della popolazione palestinese: quelli nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est (38% della popolazione, secondo le statistiche del 2016), i palestinesi cittadini d’Israele (12%) e quelli in esilio (50%). Più dei 2/3 dei palestinesi sono rifugiati o sfollati.

Radicato nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il BDS si è opposto coerentemente ad ogni forma di razzismo e discriminazione razziale, inclusi antisemitismo, razzismo verso i neri e islamofobia. L’identità di una persona, sostiene il movimento, non deve in alcun modo diminuire la sua titolarità ai diritti. Di conseguenza, il BDS prende di mira la complicità, non l’identità.

Sostenere che boicottare Israele sia intrinsecamente anti-ebraico non è solo falso, ma presume che Israele e “gli ebrei” siano la stessa cosa. Questo è tanto assurdo e fazioso, quanto affermare che un boicottaggio di un paese auto-definitosi “stato islamico” come, ad esempio, l’Arabia Saudita, a causa dei suoi orrendi precedenti sui diritti umani, della discriminazione istituzionalizzata nei confronti delle donne o dei suoi crimini di guerra in Yemen, dovesse essere necessariamente islamofobico.

Poiché non c’è nulla di ebraico nel regime di assedio, pulizia etnica e oppressione di Israele, non c’è quindi nulla di intrinsecamente anti-ebraico in una lotta per i diritti umani nonviolenta e moralmente coerente, per porre fine a questo sistema di ingiustizia. Il sostegno al BDS sta crescendo considerevolmente tra i millennials ebrei [giovani diventati maggiorenni dal 2000 in poi – NdT] in tutto il mondo, di fatto con attivisti BDS ebrei israeliani che giocano un ruolo sempre più significativo nel movimento.

Il BDS trae molta ispirazione dalle relazioni intersezionali con i movimenti che difendono i diritti dei rifugiati, dei migranti, delle donne, dei lavoratori, dei neri, dei musulmani, delle nazioni indigene e delle comunità LGBTQI, oltre che dal movimento per la giustizia climatica.

Il movimento BDS è sostenuto da un consenso quasi unanime nella società palestinese. Il mese scorso l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) – unico legittimo rappresentante del popolo Palestinese – ha dichiarato il suo sostegno al BDS ed ha lanciato un appello per sanzioni contro Israele.

L’impatto del BDS

L’impatto strategico del movimento nonviolento BDS per i diritti dei Palestinesi è ormai ampiamente riconosciuto dalla dirigenza israeliana.

Nel dicembre scorso la famosa cantante neozelandese Lorde ha cancellato un concerto che doveva tenere a Tel Aviv, diventando così la più rinomata e coraggiosa artista della sua generazione nel rispettare il limite stabilito dal boicottaggio culturale palestinese. In risposta a una minacciosa campagna diffamatoria contro di lei da parte di figure della lobby israeliana negli Stati Uniti, oltre cento artisti famosi, incluse star di Hollywood, hanno firmato una lettera in suo sostegno pubblicata dal Guardian.

Dei 26 attori nominati agli Oscar nel 2016 a cui erano stati offerti costosi viaggi di propaganda pagati dal governo israeliano, nessuno, ad oggi, ha accettato l’offerta.

Alcune delle maggiori Chiese degli Stati Uniti, inclusa la Chiesa Metodista Unita, la Chiesa Presbiteriana e la Chiesa Unita di Cristo, hanno disinvestito dalle banche israeliane o da aziende internazionali complici, come Caterpillar, HP e G4S, a causa del loro coinvolgimento nell’occupazione israeliana.

Ancor prima che le Nazioni Unite pubblicassero la lista delle imprese coinvolte nel progetto di colonizzazione illegale di Israele, importanti multinazionali, come Veolia, Orange, CRH e G4S, negli ultimi anni hanno subìto considerevoli perdite finanziarie e/o reputazionali, a causa di efficaci campagne BDS in Europa, negli Stati Uniti, nel mondo arabo o in America Latina. Come risultato, [queste aziende] hanno posto fine del tutto o quasi al loro coinvolgimento nelle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele. Hewlett Packard (HP) sta affrontando una campagna globale BDS che sta crescendo enormemente, con molte Chiese statunitensi e il Sindacato Nazionale degli Insegnanti (NUT) in Gran Bretagna, che hanno annunciato di essere “HP-free”.

Importanti fondi di investimento globale in Norvegia, nei Paesi Bassi, in Danimarca e altrove hanno ritirato i loro investimenti dalle banche israeliane o da aziende internazionali implicate nelle violazioni dei diritti umani da parte di Israele

Nel 2017, il municipio di Barcellona ha annunciato misure per porre fine alla complicità con l’occupazione israeliana, imitando dozzine di consigli comunali in tutto lo stato spagnolo che negli ultimi due anni si sono dichiarati “Zone Libere dall’Apartheid Israeliana”.

Importanti confederazioni sindacali internazionali, come la norvegese LO, si sono unite al movimento BDS nel 2017.

Associazioni accademiche e decine di consigli degli studenti negli USA, in Gran Bretagna, Cile, Sudafrica, Canada, tra gli altri paesi, hanno votato a favore di varie iniziative BDS.

La prestigiosa Università Cattolica di Lovanio in Belgio ha recentemente annunciato che si ritirerà dalla “Law Train”, un progetto di ricerca finanziato dall’UE particolarmente inquietante che si occupa di sviluppare tecniche di interrogatorio per delinquenti comuni con la collaborazione della polizia israeliana e del Ministero della Pubblica Sicurezza israeliano. Queste due entità israeliane sono state accusate da difensori dei diritti umani di essere profondamente coinvolte in omicidi extragiudiziali e nella tortura di prigionieri palestinesi, bambini inclusi, oltre ad altre serie violazioni del diritto internazionale.

Il Ministero della Giustizia portoghese è stato il primo a ritirarsi da questo progetto nel luglio 2016. Venticinque autorevoli studiosi di diritto hanno pubblicato un parere legale che conferma l’illegalità del progetto “Law Train” a causa del coinvolgimento delle entità israeliane in serie violazioni del diritto internazionale.

Il nuovo maccartismo di Israele

Dopo avere perso parecchie battaglie nel tentativo di conquistarsi i cuori e le menti della gente comune, nel 2014 Israele ha adottato una nuova strategia “top-down” per combattere il BDS, rimpiazzando la precedente e inefficace strategia che combatteva il movimento soltanto attraverso il "branding" e una vasta propaganda.

Evocando memorie del maccartismo, la nuova strategia israeliana impiega guerra legale e spionaggio massicciamente finanziati per indebolire, o addirittura mettere fuori legge, il sostegno pacifico al BDS. Israele ha perfino assunto un grande studio legale per intimidire e ridurre al silenzio gli attivisti BDS in Nord America, in Europa e altrove, oltrepassando le “linee della legalità”, come ha riferito un avvocato israeliano che ha passato le informazioni.

Un disperato ministro del governo israeliano ha creato una “unità di diffamazione” per infangare i difensori dei diritti umani palestinesi, israeliani e internazionali impegnati nel movimento BDS, mentre un altro ci ha pubblicamente minacciato di “assassinio civile mirato”. Amnesty International ha condannato queste minacce.

Una legge anti-BDS israeliana vieta ora l’ingresso alle organizzazioni che sostengono il BDS o che semplicemente sono a favore di boicottaggi selettivi nei confronti delle colonie israeliane. Il Ministero israeliano degli Affari Strategici anti-BDS sta ora lavorando ad una “lista nera” di israeliani impegnati in qualsiasi forma di attività BDS.

Glenn Greenwald ha descritto i tentativi fatti da Israele e di suoi gruppi lobbistici di criminalizzare la solidarietà con la Palestina, soprattutto nelle sue forme più efficaci come il BDS, come “la più grande minaccia alla libertà di parola in occidente”.

In ogni caso, il movimento BDS sta vincendo alcune significative battaglie contro questo maccartismo israeliano. L’Unione Europea, i governi di Svezia, Irlanda e Paesi Bassi, i parlamenti di Svizzera e Spagna, Amnesty International, la Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), Human Rights Watch, l’Internazionale Socialista, l’Unione Americana per le Libertà Civili (ACLU), tra gli altri, hanno tutti difeso il diritto al boicottaggio di Israele, come una questione di libertà di parola.

ACLU, che ha condannato l’applicazione della legislazione anti-BDS in Texas come “una oltraggiosa violazione del Primo Emendamento [della Costituzione USA] che ricorda i giuramenti di fedeltà di epoca maccartista”, ha recentemente ottenuto una vittoria legale contro la legislazione anti-BDS dello stato del Kansas, che costituisce un precedente in una corte federale.

Nel 2016, Federica Mogherini, capo della diplomazia della UE, ha affermato:

L’UE è ferma nel proteggere la libertà di espressione e di associazione in base alla "Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea", che è applicabile al territorio degli Stati membri dell'UE, anche per quanto riguarda le azioni del BDS portate avanti in questo territorio.

Nella stessa maniera, il governo olandese ha confermato che il sostegno al BDS è libertà di parola protetta, “sancita dalla Costituzione olandese e dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani”. Ha anche respinto richieste di punire il BDS sulla base del fatto che avrebbe implicato “discriminazione” nei confronti di Israele, affermando che “i diritti umani, inclusa la proibizione di discriminare, hanno l’esplicito scopo di proteggere individui [e] gruppi di individui. Sulla base della libertà di parola è permesso richiedere che un governo applichi delle sanzioni contro un altro paese”.

Sempre nel 2016, dando un serio colpo alla guerra legale repressiva di Israele nei confronti del movimento BDS, una dichiarazione rivoluzionaria di più di 200 studiosi di legge di 15 paesi europei, inclusi ex giudici di corti internazionali, ha difeso il diritto al BDS, affermando:

Gli Stati che vietano il BDS stanno minando questo diritto umano fondamentale e minacciano la credibilità dei diritti umani esentando un determinato Stato dall’essere destinatario di misure pacifiche volte a ottenere il suo rispetto del diritto internazionale.

Conclusione

Mentre noi palestinesi apprezziamo il sostegno europeo alla nostra tenacia nella nostra terra, noi palestinesi non cerchiamo carità, ma solidarietà. Quantomeno, ci aspettiamo che l’UE non faccia danni.

La media di 300 milioni di euro che l’UE dà ai palestinesi ogni anno sovvenziona principalmente l’occupazione israeliana e serve a mascherare la continua complicità dell’UE nel mantenerla. Inoltre, impallidisce in confronto al costo dell’occupazione per l’economia palestinese, che nel solo 2010 ha raggiunto circa 7 miliardi di dollari – circa l’85 % del PIL totale stimato della Palestina.

I palestinesi chiedono ai membri progressisti del Parlamento Europeo, così come ai parlamenti nazionali in tutta Europa e alla società civile europea, di intensificare la pressione sull’UE perché adempia ai suoi obblighi nel quadro del diritto internazionale nei confronti del popolo palestinese, quantomeno:

  1. Bandendo l’importazione di prodotti di aziende israeliane e di altre aziende che operano illegalmente nei territori occupati.
  2. Sospendendo l’Accordo di Associazione tra UE e Israele fino a quando Israele non rispetterà la seconda clausola, che esige il rispetto dei diritti umani.
  3. Mettendo in atto la raccomandazione del Consiglio Europeo sulle Relazioni Internazionali di bloccare tutte le transazioni finanziarie con le banche israeliane che finanziano l’occupazione di Israele, inclusi il muro e le colonie.
  4. Smettendo di prender in considerazione la possibilità di importare gas naturale o energia elettrica israeliani, visto il saccheggio delle risorse di energetiche palestinesi da parte di Israele e i seri rischi di natura legale, finanziaria e di sicurezza connessi con una simile iniziativa.
  5. Imponendo un embargo militare bidirezionale nei confronti di Israele, come è stato fatto contro il Sudafrica dell’apartheid, che includa il taglio dei finanziamenti a tutte le compagnie e università israeliane coinvolte nella ricerca militare che consente ad Israele di commettere crimini di guerra.

L’arcivescovo Desmond Tutu, già leader sudafricano contro l’apartheid, ha detto una volta: “Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore”. Ben lontana dall’essere “neutrale”, l’Unione Europea consente all’oppressore di continuare con le sue ingiustizie. È arrivato il momento di porre fine a questa complicità e di mantenere viva la speranza che un giorno potremo vivere in dignità, libertà, giustizia e pace autentica.

 

Fonte BNC

Traduzione di BDS Italia