LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Una dichiarazione del Comitato Nazionale Palestinese per il BDS in occasione della Giornata delle Nazioni Unite per i diritti umani

Palestina Occupata - Dall'adozione della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo e della risoluzione 194 delle Nazioni Unite - 10 e 11 dicembre 1948, l'ONU ha affermato in numerose occasioni i diritti umani del popolo palestinese, compreso il diritto dei rifugiati al ritorno alle loro case e proprietà e il diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese. Ma l'ONU ha fallito riguardo al problema delle gravi e persistenti violazioni israeliane del diritto internazionale che impediscono l'esercizio di questi diritti da parte dei palestinesi o di considerare Israele responsabile di tali violazioni.

Dopo sessantasei anni e in occasione della Giornata per i Diritti umani dell'ONU 2014, il Comitato Nazionale (BNC), Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni (BDS), in rappresentanza di tutti i settori della società civile palestinese, ribadisce il suo invito alle Nazioni Unite e agli stati membri a riconoscere finalmente ciò che è sotto gli occhi di tutti: Israele non è né uno Stato democratico fondato sullo stato di diritto, né una potenza occupante temporanea così come è definito dal diritto internazionale umanitario. Israele è un regime criminale di colonialismo e apartheid che sistematicamente opprime e sposta i palestinesi con l'obiettivo di ottenere il controllo permanente di un esclusivo "stato ebraico" nella maggior parte del paese, compresi la maggior parte dei Territori Palestinesi Occupati (OPT) nel 1967.

Gli elementi dell'apartheid israeliano

Lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale definisce apartheid atti disumani "commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su uno o più gruppi razziali e commessi con l'intenzione di mantenere tale regime."

L'articolo 1 della Convenzione Internazionale per l'Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione Razziale definisce come "discriminazione razziale" "ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale o in ogni altro della vita pubblica."

Discriminazione razziale istituzionalizzata

In Israele l'oppressione razziale e il dominio sui palestinesi sono già istituzionalizzati nel diritto interno, anche senza il nuovo disegno di legge razzista di uno "stato-nazione ebraico", approvato dal governo israeliano nel novembre 2014. Indipendentemente dal fatto che questa legge finirà per essere adottata dal Parlamento, la legge israeliana già esistente:

  • Definisce Israele come "Stato del popolo ebraico" e impedisce la candidatura alle elezioni parlamentari di partiti politici che contestano questo principio (Legge fondamentale: la Knesset (1985), Emendamento 9 del 1985).
  • Rivendica la sovranità dello "stato del popolo ebraico" in tutto il paese, tra cui OPT (Territori Occupati Palestinesi) (Area di Giurisdizione e Decreto Governativo, No. 29 del 5708-1948). Un'altra legge autorizza il governo ad incorporare nuove aree sequestrate nello stato (Decreto legge e amministrativo, 27 giugno 1967, Sezione 11 B). Su questa base, Israele considera l'OPT (Territori Occupati Palestinesi) come proprio territorio, ne sfrutta le risorse naturali, estende gli insediamenti coloniali ebraici illegali e si sta annettendo Gerusalemme Est. Mappe ufficiali israeliane indicano l'intera area del Mandato Britannico in Palestina come Israele, senza fare alcun riferimento al territorio palestinese occupato. Il diritto interno di Israele, quindi, contraddice il concetto e le regole di occupazione ai sensi del diritto internazionale umanitario.
  • Riserva "diritti nazionali" e democrazia solo agli ebrei. Secondo la legge israeliana, non c'è nazionalità israeliana ma solo "nazionalità ebraica", che si distingue dalla cittadinanza. [1] Lo status superiore e i diritti dei cittadini, in Israele, sono riservati dalla Legge del Ritorno (1950) alle persone classificate come "ebreo", tra cui i nuovi immigrati e i coloni nei Territori Palestinesi Occupati (OPT). La Corte Suprema Israeliana ha respinto i tentativi da parte dei cittadini di essere classificati nel registro nazionale della popolazione come "Israeliani", sostenendo che questa sarebbe per Israele una minaccia alla creazione di una sua identità come stato ebraico per il popolo ebraico.
  • Il diritto all'uguaglianza in Israele, è omesso nelle Leggi Fondamentali che hanno potere costituzionale. Il cosiddetto disegno di legge israeliano sui diritti umani (Legge Fondamentale: Dignità umana e Libertà del 1992) impone il rispetto dei valori di Israele come "stato ebraico e democratico" e su questa base consente la discriminazione razziale. Organi per i diritti umani delle Nazioni Unite hanno ripetutamente invitato Israele ad abrogare o riformare la legge in conformità con le norme internazionali, e anche il Dipartimento di Stato degli USA ha regolarmente criticato Israele per il suo sistema di "discriminazione istituzionale, giuridico e sociale."

Assente un diritto all'uguaglianza, costituito solidamente, che in tribunale possa vincere quanto sopra, il sistema giuridico israeliano contiene una miriade di leggi discriminatorie aggiuntive che minano i diritti umani fondamentali dei palestinesi, compresi i cittadini palestinesi di Israele. Soprattutto, il diritto nazionale israeliano, così come gli ordini militari modellati a loro volta su di esso, non riconoscono l'esistenza del popolo palestinese, il loro status di indigeni e i diritti alla terra o il loro status di cittadini in base alla legge del Mandato Britannico.

Per esempio:

  • La Legge di Cittadinanza Israeliana (1952) esclude i (discendenti dei) profughi palestinesi da ogni diritto di stato civile, rendendoli apolidi e prevenendo in maniera permanente il loro ritorno. La stessa legge rende i palestinesi che si sono trovati sotto il dominio israeliano dopo la Nakba del 1948 e i loro discendenti "cittadini israeliani", cioè uno status di individui senza una identità nazionale, diritti per gli indigeni o collettivi.
  • Nella Legge Ingresso in Israele (1952) e Regolamenti dell'Ingresso in Israele (1974), che si applicano nella Gerusalemme Est occupata nel contesto dell'annessione illegale, trasformano i palestinesi in "residenti permanenti", cioè, uno status di quasi stranieri che non salvaguarda il diritto a rimanere, lasciare e tornare nel proprio paese e costituisce la principale base giuridica della revoca di residenza in corso e la deportazione dei palestinesi da Gerusalemme Est.
  • Sulla base degli ordini militari israeliani che hanno assegnato un altrettanto precario status di "residente" ai palestinesi che abitano nei Territori Occupati (OPT), Israele già fino al 1994 aveva revocato lo status civile e deportato 140.000 palestinesi dalla Cisgiordania e 108.878 dalla Striscia di Gaza. Da allora il regime militare di Israele tratta i palestinesi della Cisgiordania come quasi-cittadini dell'Autorità Palestinese (PA). Anche se mantiene il controllo totale sull'Autorità Palestinese (PA), compreso il registro della popolazione, Israele rifiuta qualsiasi responsabilità riguardo ai diritti umani della popolazione palestinese. Israele include anche la Cisgiordania (il cosiddetto "distretto di Giudea e Samaria") nelle sue statistiche demografiche ufficiali, ma tralascia di fare cenno alla popolazione palestinese che abita lì.
  • Una serie di leggi israeliane regola la confisca sistematica e irreversibile di terra e proprietà palestinesi, e il loro trasferimento in proprietà permanente allo Stato e al Fondo Nazionale Ebraico (JNF). Fra queste ci sono il Diritto alla Proprietà degli Assenti (1950), la Legge Autorità allo Sviluppo (Trasferimento di Proprietà) (1950), l'Ordinanza di Acquisizione della Terra a Scopo Pubblico (1943), e la Legge Fondamentale: Terre d'Israele (1960). La legge israeliana che regola l'annessione di Gerusalemme Est occupata, inoltre, contiene una disposizione che consente richieste per proprietà ebraiche a Gerusalemme Est ante-1948, ma non richieste per proprietà palestinesi ante-1948 a Gerusalemme Ovest [Legge (Versione Unica) di Questioni Legali e Amministrative (Regolamento) , 1970].
  • Infine, un altro insieme di leggi israeliane trasmette, sia in Israele che nei Territori Palestinesi Occupati (OPT), gestione pubblica e funzioni, soprattutto nell'amministrazione e sviluppo dei terreni palestinesi espropriati, delle comunità e dei servizi pubblici, a organizzazioni sioniste private che hanno il compito di provvedere esclusivamente al "popolo ebraico" (World Zionist Organization-Jewish Agency “Status”, Legge del 1952; Keren Kayemet Le-Israele, Legge del 1953; Alleanza con l'Esecutivo Sionista del 1954). La combinazione di queste leggi con il sistema sopra citato delle leggi della terra e della proprietà, dà come risultato che in Israele il 93% della terra è passato sotto il controllo dello Stato ed è amministrato dall'Autorità Israeliana della Terra [Israel Land Authority, ILA, ex Israel Land Administration (Amministrazione Israeliana della Terra)], in cui al JNF (Jewish National Fund), per legge, è attribuita un'"influenza decisiva" perché la terra sia utilizzata esclusivamente a beneficio degli ebrei.

Questo quadro giuridico discriminatorio è completato da uno stato di emergenza rimasto in vigore dal 1948, e da una serie di regolamenti di emergenza. Queste sono le basi che permettono la confisca dei beni palestinesi ai sensi della Legge della Proprietà degli Assenti (Absentees’ Property Law), e atti disumani come la tortura, la detenzione amministrativa e le demolizioni punitive delle case, commessi in nome della "sicurezza", il tutto in violazione del diritto e delle norme internazionali.

Segregazione razziale 

La segregazione razziale, vale a dire la separazione forzata e disparità di trattamento tra le popolazioni ebraiche e palestinesi che vivono in uno stesso territorio, è un ulteriore elemento del sistema israeliano di oppressione razziale istituzionalizzata e della dominazione. La segregazione razziale (in ebraico: hafrada) è una politica israeliana ufficiale, che è stata fortemente condannata dal Comitato ONU per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale (UN Committee on the Elimination of Racial Discrimination). Esempi ne sono il mantenimento dei "dipartimenti arabi" e di "settori arabi" ed "ebrei" separati nella pubblica amministrazione israeliana, così come i successivi regimi militari oppressivi nei confronti dei palestinesi, ma non della popolazione ebraica, prima sui cittadini palestinesi (1948 - 1966), e poi nei Territori Palestinesi Occupati (OPT) dal 1967.

Atti disumani di apartheid 

Nel contesto di questo sistema istituzionalizzato di discriminazione razziale e segregazione, e sulla base della massiccia pulizia etnica dei palestinesi nel 1948, Israele, come "Stato del popolo ebraico", ha rovesciato titolarità e il controllo del territorio, ha cambiato la composizione demografica del paese, e ottenuto il controllo efficace di tutto il territorio della Palestina ante- 1948. Mentre la maggior parte dei palestinesi vivevano in Palestina come cittadini fino al 1948, circa la metà dei 11,8 milioni di palestinesi di oggi vivono all'estero, e quasi il 70% sono profughi e sfollati. Considerando che almeno il 90% del territorio della Palestina storica era di proprietà palestinese prima del 1948 Nakba, i Palestinesi hanno il controllo effettivo di solo circa il 10% dei terreni oggi (3% in Israele, il 40% nei Territori palestinesi occupati).

Israele mantiene milioni di palestinesi in perenne condizione di profughi e in esilio forzato. Dal suo "disimpegno unilaterale" (2005) da Gaza e dalla dichiarazione dell'Autorità Palestinese (PA) sotto la guida di Hamas come "entità ostile" (2007), Israele ha perseguito una politica di separazione permanente della Striscia di Gaza occupata dal resto del paese , al fine di sbarazzarsi della piccola striscia di terra con la sua numerosa popolazione palestinese (1,7 milioni), la maggior parte composta da profughi (75%), con risarcimenti insoluti per la loro terra confiscata da Israele e le case (distrutte) situate a pochi chilometri di distanza.

Altrove Israele continua ad espropriare e a spostare con la forza i palestinesi, cittadini di Israele, che sono rimasti nel paese come i residenti di Gerusalemme Est occupata, o della Cisgiordania occupata sotto dominio militare israeliano. Israele distrugge o si appropria dell'eredità culturale palestinese, di villaggi e case, confisca proprietà palestinesi e risorse naturali, e nega servizi adeguati alle popolazioni che ha privato di mezzi propri di sussistenza e sviluppo.

Mentre tutto quanto sopra è realizzato gradualmente, come se fosse una questione di ordinaria amministrazione, Israele regolarmente cerca e sfrutta anche situazioni di conflitto armato e di acuta crisi - come è avvenuto recentemente nella Striscia occupata di Gaza e a Gerusalemme Est - per giustificare in nome della "sicurezza" e della "lotta al terrorismo" l'attuazione aggressiva di queste politiche e l'oppressione della resistenza palestinese attraverso campagne punitive e punizioni collettive.

Le violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani commesse da Israele non sono le violazioni occasionali di uno Stato basato sullo Stato di diritto, o accidentali crimini di guerra di una potenza occupante altrimenti legittima. Basato su un sistema legale che definisce Israele come lo stato di una "nazione ebraica", rivendica la sovranità nei Territori Occupati Palestinesi (OPT) e sostiene la discriminazione razziale e la segregazione, Israele ha sistematicamente e deliberatamente oppresso il popolo indigeno palestinese, al fine di minarne e precluderne l'autodeterminazione, e con l'intenzione di mantenere il regime del dominio ebraico-israeliano ed espanderlo nei Territori Occupati.

Come confermato da rinomati studiosi di diritto internazionale, [2] le politiche israeliane e le misure applicate a questo scopo, nel loro insieme, contro i palestinesi, soddisfano la definizione di "atti disumani" (crimini) di apartheid che si trova nella Convenzione sull'Apartheid del 1973 (1973 Apartheid Convention) e nello Statuto di Roma della Corte Internazionale Criminale (ICC), in particolare: trasferimento forzato della popolazione; persecuzioni (privazione sistematica e grave dei diritti umani fondamentali a causa di affiliazione ad un gruppo razziale); omicidio; tortura, detenzione illegale e altrettanto gravi forme di privazione della libertà fisica, e persecuzione a causa della opposizione all'apartheid.

In occasione di questo anniversario della Dichiarazione delle Nazioni Unite dei diritti umani universali, la BNC esorta gli Stati, le Nazioni Unite e le imprese private ad assumersi pienamente le loro responsabilità nei confronti delle gravi violazioni e crimini commessi da Israele. Tutti gli Stati devono adottare misure, comprese sanzioni, per porre fine al colonialismo israeliano, all'apartheid e al trasferimento di popolazione. Nessuno Stato deve dare riconoscimento, aiuto o sostegno per la loro conservazione e i responsabili devono essere assicurati alla giustizia.

Invitiamo le persone di coscienza in tutto il mondo ad intensificare le campagne BDS per isolare il regime israeliano di colonialismo e apartheid nei campi accademico, culturale, economico e militare, al fine di garantire il pieno rispetto di Israele dei suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale. Questo deve includere pressioni sulle imprese per porre fine alla complicità negli affari e sulle istituzioni perché disinvestano. Si deve aumentare la pressione sui governi perché adottino finalmente misure efficaci, a partire da un embargo militare globale, così come la sospensione degli accordi di libero scambio e di cooperazione con Israele.

Comitato Nazionale Palestinese per il BDS 

Note:

[1] Come sottolineato da Miloon Kothari, ex Relatore Speciale delle Nazioni Unite per un' Abitazione Adeguata, la traduzione ufficiale israeliana della Legge (1952) Ezrahut (Ebreo per Cittadinanza) come " Legge di Nazionalità" è fuorviante. La relazione del Relatore Speciale sull'Abitazione Adeguata come componente del diritto ad un adeguato standard di vita, Miloon Kothari', della Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Cinquantanovesima sessione, 15 giugno del 2002, nota a piè pagina # 4, p.23.

[2] Si veda, ad esempio, Tribunale Russell sulla Palestina, Cape Town Session (2011), sintesi dei risultati; inoltre, UN Special Rapporteur John Dugard, A/HRC/4/17 (29 gen 2007); Relatore speciale delle Nazioni Unite Richard Falk, A/HRC/16/72 (10 gennaio2011)

Fonte: Comitato nazionale palestinese per il BDS

Traduzione BDS Italia