LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Il Comitato Nazionale Palestinese del BDS, la più ampia coalizione presente nella società civile palestinese, che include i sindacati, i partiti politici, i comitati popolari e le ong, chiede alla Oxfam di troncare ogni rapporto con l’attrice hollywoodiana Scarlett Johansson in seguito al suo esplicito supporto dato alle colonie illegali israeliane nei Territori palestinesi Occupati.[1]

Scarlett Johansson promuove una raccolta fondi per  Oxfam America SodaStream si definisce attenta all’ambiente, ma dietro a questa affermazione si nasconde una realtà meno positiva: la compagnia è un’impresa coloniale la cui produzione è localizzata nella colonia di Ma’al Adumim nei Territori Occupati. Gli insediamenti sono illegali secondo il diritto internazionale e costituiscono un crimine di guerra.[2]

Le dichiarazioni della Johansson in difesa del suo rapporto pubblico con gli sfruttatori dell’occupazione di SodaStream contraddice la posizione di Oxfam che si è definita contraria ad ogni relazione economica con gli insediamenti illegali israeliani. Oxfam non può opporsi in modo credibile alle colonie illegali israeliane, descrivendole come una causa profonda della diffusa povertà tra i palestinesi e contemporaneamente avere come ambasciatrice una persona che ha ritenuto appropriato descrivere lo stabilimento di un’impresa coloniale posta sulla terra in cui i palestinesi hanno subito una pulizia etnica come una forma di “cooperazione economica.”  

Oxfam ha dichiarato di “dialogare” al momento con la Johansson a proposito della sua attività di promotrice della SodaStream.[3] E’ però sempre più chiaro che il “dialogo” non ha portato ad alcun risultato positivo e la posizione della Johansson è stata esplicitata molto chiaramente.

Rimproveriamo alla Johansson le sue dichiarazioni accondiscendenti a proposito di SodaStream che starebbe costruendo “un ponte di pace tra Israele e Palestina.” Tale affermazione sembra essere stata presa direttamente dal manuale di propaganda della compagnia ed è stata costantemente rifiutata dai palestinesi.[4] Non è il ruolo della Johansson spiegare ai palestinesi cos’è buono per loro. I palestinesi non lavorano nelle colonie israeliane per libera scelta, ma perché sono soggetti a una economia moribonda (le colonie hanno giocato un ruolo chiave nel distruggerla[5]) e perché hanno in gran parte perso le loro terre e le fonti di guadagno in seguito all’occupazione e colonizzazione israeliana. 

I sindacati palestinesi e le organizzazioni della società civile hanno continuamente rifiutato ogni lettura della realtà secondo cui l’oppressione di vivere sotto un’occupazione brutale – lasciando alle volte i palestinesi con la sola possibilità di scegliere di esportare i propri prodotti tramite le complici compagnie israeliane o di lavorare nelle colonie illegali – sia una ragione per non agire attivamente per porre fine alla complicità internazionale nelle violazioni dei diritti umani.[6] Inoltre, molti lavoratori palestinesi presso la SodaStream hanno raccontato di essere sottoposti a una discriminazione sistematica e di essere “trattati come degli schiavi.”

SodaStream è uno dei principali beneficiari dell’occupazione israeliana e della negazione del diritto di auto-determinazione del popolo palestinese. La compagnia gode di sussidi governativi e sgravi fiscali pensati per promuovere nuove aziende che operino nelle colonie israeliane, permettendo loro ampi profitti.

La terra su cui SodaStream opera è stata sottratta forzatamente ai palestinesi. Secondo Oxfam, all’inizio degli anni ’90, l’esercito israeliano ha cacciato 200 famiglie palestinesi dalle loro case per far spazio alla costruzione di Ma’ale Adumim.[7] Israele ha recentemente annunciato un piano che prevede l’espulsione di altri 2.300 palestinesi e il furto di ulteriore terra per far spazio alla crescita della colonia.[8] SodaStream e altre compagnie che operano illegalmente nelle colonie giocano un ruolo molto importante in questo sistema oppressivo.

In questi giorni questa notizia ha creato un gran numero di dibattiti sulla stampa internazionale e nei social media, con Oxfam al centro dell’attenzione. In quanto coalizione che include anche dei partner storici di Oxfam, noi crediamo che ci debba essere una chiara scelta tra principi e celebrità. Una mancata presa di distanza dalla Johansson offuscherebbe la credibilità dell’associazione tra i palestinesi e tra le molte persone con una morale nel mondo. Oxfam si è continuamente opposta agli insediamenti israeliani illegali e recentemente ha fatto un appello all’Unione Europea affinché “ci fosse una coerenza tra le parole e i fatti”[9]. Oxfam deve oggi ascoltare il proprio consiglio e fare la stessa cosa.  

Fonte: Comitato Nazionale Palestinese del BDS

Traduzione di Alternative Information Center

Note:

[1] http://www.huffingtonpost.com/2014/01/24/scarlett-johansson-sodastream-statement_n_4661945.html

[2] http://www.icrc.org/customary-ihl/eng/docs/v1_cha_chapter38_rule130

[3] http://www.independent.co.uk/news/people/news/scarlett-johansson-blasted-by-oxfam-over-israeli-campaign-deal-9083827.html

[4] http://whoprofits.org/content/palestinian-workers-settlements

[5] http://www.haaretz.co.il/st/inter/Hheb/images/worldbankctar.pdf

[6] http://www.bdsmovement.net/2013/palestinian-agricultural-org-call-10515

[7] http://policy-practice.oxfam.org.uk/publications/on-the-brink-israeli-settlements-and-their-impact-on-palestinians-in-the-jordan-232131

[8] http://www.ochaopt.org/documents/ocha_opt_communities_jerusalem_factsheet_june_2013_english.pdf

[9] http://www.oxfam.org/en/eu/pressroom/reactions/oxfam-welcomes-europes-unprecedented-criticism-israeli-government-west-bank-policies