Al sindaco,
agli Assessori tutti,
al Consiglio Comunale di Milano

Oggetto: concessione spazi pubblici a SODASTREAM

Siamo molto sorpresi che durante due eventi milanesi,

uno al Museo della Scienza [1]

ed uno presso la Fabbrica del Vapore [2]

il Comune abbia concesso degli spazi pubblici a Sodastream, un’azienda israeliana che produce gasatori per l'acqua di rubinetto, per iniziative di marketing nel quadro di una imponente campagna pubblicitaria che prevede una serie di eventi in diverse città italiane.

Ci stupisce vedere il Comune di Milano concedere spazi che appartengono a tutti ad un’azienda che opera in violazione dei diritti umani e della legalità internazionale: Sodastream ha il suo principale impianto di produzione nei Territori palestinesi occupati nell’insediamento israeliano illegale di Ma'aleh Adumim. In questo modo si rende complice dell’occupazione e trae profitti dalla sistematica violazione dei diritti umani basilari del popolo palestinese e del diritto internazionale.[3]

 

Nonostante la campagna pubblicitaria in Italia, su cui Sodastream ha investito 3 milioni di euro per il 2012,[4] cerca di fare leva sull’immagine di “azienda ecologista”, le due principali organizzazioni ambientaliste italiane hanno rifiutato di farsi coinvolgere dall’azienda per via delle gravi violazioni del diritto internazionale. Il Presidente del Comitato Oasi WWF Dune degli Alberoni ha scritto una lettera di diffida all’azienda lo scorso mese negando l’uso del marchio WWF e a febbraio di quest'anno, Legambiente si è vista costretta ad inviare una diffida a Sodastream, minacciando il ricorso a un’azione legale, per il continuato utilizzo del proprio logo dopo che questa associazione nel 2010 ha annullato un contratto di sponsorizzazione con Sodastream.

La collaborazione del Comune di Milano con Sodastream rischia di essere oggettivamente un atto di complicità con l’occupazione militare israeliana, attraverso il sostegno diretto ad un’azienda che produce in un insediamento illegale.

Il rapporto Human Right Watch sulla Palestina “Separate and Unequal” denuncia esplicitamente le imprese israeliane e multinazionali e le loro controllate che violano diritti umani e legalità internazionale traendo profitto dagli insediamenti in diversi modi, ad esempio ricevendo, producendo, esportando e commercializzando beni agricoli e industriali provenienti dagli insediamenti e finanziandovi o costruendovi edifici e infrastrutture. [5]

Crediamo che il sostegno a imprese come Sodastream sia anche in contraddizione con lo Statuto del Comune di Milano che all’articolo 1 dichiara che “le donne e gli uomini che compongono la comunità milanese si riconoscono nei valori di libertà, giustizia, pace, solidarietà, moralità, cooperazione, pari opportunità, responsabilità individuale e sociale, operosità e spirito di iniziativa, promozione della cultura e della qualità della vita, rispetto dell'ambiente, riconoscimento del ruolo della famiglia nelle sue diverse espressioni, rispetto e valorizzazione delle differenze.” [6]

I valori fondamentali richiamati dallo Statuto sono continuamente calpestati nei territori palestinesi occupati, attraverso un regime di oppressione militare e di apartheid e attraverso un sistema di espropriazione delle risorse e di negazione di opportunità di sviluppo autonomo, di cui le aziende come Sodastream sono complici.

Poiché la coerenza delle istituzioni è altrettanto necessaria di quella delle persone, indichiamo una divergenza di intenzionalità del comune di Milano quando apre le sale di Palazzo Reale alla mostra di Fabio Mauri e nel contempo quelle del Museo della Scienza alla ditta israeliana Sodastream. [7]

Mauri vuole “mettere lo spettatore in grado di svolgere le attività di riflessione o di ricordo o, comunque, di partecipazione emotiva”. Fuori dalle sale espositive, nell'adempiere ai propri compiti d'ogni giorno, fare memoria amministrando la città è inevitabile.

Nella convinzione che sappiamo essere propria anche della attuale giunta milanese che un impegno per l’ambiente non può essere disgiunto dal rispetto dei diritti umani, chiediamo

al Comune di Milano

  • di interrompere ogni rapporto con l’azienda israeliana Sodastream e con le aziende che la rappresentano in Italia;
  • di rifiutare di essere coinvolto in iniziative di marketing a favore di tale azienda, anche se mascherate da azioni ambientaliste;
  • di mantenere fede al suo Statuto, denunciando le violazioni dei diritti che avvengono quotidianamente nei Territori palestinesi occupati e sostenendo la popolazione palestinese nella sua lotta per i diritti umani e la legalità internazionale
  • di usare il suo potere di concerto con gli altri comuni, per chiedere alle aziende partecipate di evitare rapporti commerciali e/o promozionali con Sodastream.

Continueremo a vigilare ed attivarci, assieme a tutti i cittadini che hanno a cuore i diritti umani, per impedire che gli enti locali e le aziende ad essi legate intraprendano rapporti e diano sostegno ad aziende che traggono profitto dall’occupazione militare israeliana e dalla violazione della legalità internazionale e dei diritti umani dei palestinesi.

Campagna "Stop SodaStream"
BDS Italia
Gruppo BDS Milano

Contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Note:

[1] http://most.tomdixon.net/ SodaStream to Launch New Home Soda System Designed by Yves Béhar at Milan’s International Design Fair, Location: MOST, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, Via Olona 6, 20123 Milano

[2] Sodastream sponsorizza e partecipa a "Fashion Camp": http://www.fashioncamp.it/fashioncamp-unconferences/
Per Sodastream, ci saranno workshop con Petra Schrott e Paola Maugeri, Cattedrale della Fabbrica del Vapore, in Via Procaccini, 4

[3] La Campagna STOP Sodastream a livello internazionale ha ampiamente documentato e denunciato con fermezza queste violazioni, promuovendo una campagna di boicottaggio contro l’azienda israeliana che si sta sviluppando dal Nord America all’Europa, all’Oceania. (vedi: Il caso Sodastream: Bollicine e occupazione; http://www.whoprofits.org/sites/default/files/WhoProfits-ProductioninSettlements-SodaStream.pdf).

In Italia STOP Sodastream, oltre ad avere organizzato iniziative informative indirizzate ai consumatori, ha lanciato un appello rivolto ai rivenditori e promotori dei prodotti Sodastream, chiedendo di porre termine ad ogni rapporto con l'azienda. L'appello è stato firmato da oltre 1100 persone insieme a 30 firme collettive. Le giustificazioni dell’azienda hanno trovato una ben documentata replica della Campagna.

[4] http://www.youmark.it/article/37365/Sodastream-Join-The-stream-youmark

[5] http://www.hrw.org/sites/default/files/reports/iopt1210webwcover_0.pdf
Il rapporto di Human Right Watch sulla Palestina “Separate and Unequal” a pag. 6 afferma :

“Gli alleati di Israele, soprattutto gli Stati Uniti, dovrebbero incoraggiare risolutamente il governo israeliano a rispettare i propri obblighi, ed essi stessi dovrebbero assicurarsi di non contribuire o rendersi complici delle violazioni del diritto internazionale prodotte dagli insediamenti, quali le violazioni discriminatorie dei diritti umani che sono oggetto di questo rapporto.”

a pag. 7 afferma:

“Le imprese israeliane e multinazionali e le loro controllate traggono profitto dagli insediamenti in diversi modi, ad esempio ricevendo, producendo, esportando e commercializzando beni agricoli e industriali provenienti dagli insediamenti e finanziandovi o costruendovi edifici e infrastrutture. Le aziende hanno contribuito in modo diretto alla violazione discriminatoria dei diritti dei palestinesi, ad esempio svolgendo attività lucrative su terreni confiscati illegittimamente e senza indennizzo ai palestinesi a beneficio dei coloni, o attraverso attività che impiegano risorse naturali - come acqua o cave di pietra – cui le industrie degli insediamenti godono di accesso preferenziale grazie alle politiche israeliane, che ne negano nel contempo il giusto accesso ai palestinesi. Queste aziende beneficiano inoltre di sovvenzioni governative israeliane, sgravi fiscali, accesso discriminatorio alle infrastrutture, permessi e canali di esportazione. Le aziende palestinesi, private di equo accesso a tali aiuti governativi, sono talvolta di conseguenza impossibilitate a competere con le aziende degli insediamenti sui mercati palestinesi, israeliani ed esteri.

Le imprese che traggono vantaggi diretti da queste discriminazioni dovrebbero esaminare urgentemente e obiettivamente l’impatto delle loro attività sui diritti umani dei palestinesi e individuare e mettere a punto strategie per prevenire e ridurre le violazioni, in conformità con i loro codici di etica aziendale e gli standard internazionali, come ad esempio il «Quadro Ruggie» elaborato dal Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite in materia di diritti umani e imprese, o le Linee guida dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) destinate alla imprese multinazionali, che impongono alle aziende di rispettare i diritti umani di coloro che sono colpiti dalla loro attività. Nei casi accertati in cui l’attività di un’azienda contribuisca a produrre violazioni gravi del diritto internazionale nei Territori occupati palestinesi, tra cui la discriminazione, l’azienda coinvolta dovrebbe, di concerto con i coloni e i palestinesi coinvolti, porre fine a tale attività.”

[6] Statuto del Comune di Milano: http://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/contentlibrary/In+Comune/In+Comune/Normativa/

[7] http://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/CDM?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/ContentLibrary/giornale/giornale/tutte+le+notizie+new/cultura%2C+expo%2C+moda%2C+design/fabio_mauri_the_end