Il movimento internazionale invita la popolazione dei Territori Palestinesi Occupati a non consumare i prodotti israeliani durante il mese di digiuno per i musulmani. E anche dopo. Il Marocco aderisce
[Scarica il volantino sul boicottaggio dei datteri israeliani in italiano]
Secondo la tradizione religiosa islamica la prima cosa da ingerire a sera, quando si rompe il digiuno nel mese di Ramadan, è un dattero. Tuttavia gli attivisti del Bds (Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni) nei confronti di Israele, esortano la popolazione a fare del Ramadan una occasione di resistenza all’occupazione militare, e, quindi, a non consumare datteri israeliani.
“Non lasciare che l’occupazione ti prepari l’Iftar” (la cena che rompe il digiuno), è lo slogan dei poster che stanno comparendo in tutta la Cisgiordania. Il momento più importante di chi non ingerisce nulla durante il Ramadan è l’Iftar, la cena che rompe il digiuno. Ed è diventata il centro della campagna “Ramadan Tov”, ovvero “felice Ramadan” in ebraico. L’obiettivo è chiaro: incoraggiare le famiglie palestinesi a boicottare i prodotti israeliani durante il mese sacro. E ovviamente a continuare a farlo anche dopo.
“Lavoriamo per sensibilizzare sull’impatto negativo che i prodotti israeliani hanno sul mercato locale – spiega ad Al Jazeera Hazem Abu Helal, membro del comitato Bds – Proviamo a mostrare la connessione tra questi prodotti e le violazioni israeliani dei diritti dei palestinesi, rappresentate da soldati e coloni”.
Il boicottaggio nei Territori occupati non è mai realmente decollato, se non in periodi particolari (l’attacco contro la Striscia di Gaza nell’estate del 2014 o i sei mesi di proteste del 2010), per svariati motivi: perché i prodotti israeliani costano di meno e per molte famiglie è il modo per non intaccare troppo i già magri stipendi; perché alcuni prodotti alimentari non si trovano in versione palestinese né araba, per le restrizioni a certe produzioni locali e a certe importazioni da parte di Israele; perché alcuni hanno la convinzione che i prodotti israeliani siano migliori di quelli palestinesi. Non è secondaria anche una mancanza di interesse o di fiducia di una parte della popolazione verso questo tipo di mobilitazione. E così – calcola il Bds – ogni anno i palestinesi dei Territori Occupati consumano 3.6 miliardi di dollari in prodotti alimentari israeliani.
Ora il Bds palestinese prova a sfruttare il periodo del Ramadan mentre attivisti si riuniscono di fronte ai supermercati, nei poster distribuiti in Cisgiordania si vede un soldato israeliano che offre tipici prodotti israeliani, tra i più consumati dalla popolazione palestinese durante il Ramadan. E il “Tov”, felice, usato nello slogan serve a provocare i palestinesi, a pensarci un po’ di più prima di acquistare i prodotti israeliani.
Non mancano le polemiche interne. Secondo gli attivisti del Bds l’Autorità Nazionale Palestinese parlerebbe del boicottaggio strumentalmente solo in certe occasioni per poi rimetterlo nel cassetto. Così alla dipendenza dell’economia palestinese da quella israeliana ( di fatto sancita dal Protocollo di Parigi del 1994), si sono sommate, aggiungono gli attivisti del Bds, le politiche neoliberiste dell’Anp che avrebbero inferto un colpo mortale all’economia di produzione palestinese. In Cisgiordania si produce poco, a prezzi meno convenienti ed inoltre molti commercianti palestinesi scelgono consapevolmente di rifornirsi di prodotti israeliani per realizzare guadagni più facili, a danno del loro popolo.
Un sostegno arriva da fuori, dal Marocco: il movimento Bds marocchino ha lanciato una campagna poco prima l’inizio del Ramadan per invitare i consumatori a non acquistare i datteri Medjool, di produzione israeliana.
Fonte: Nena News