Le sale della mensa dell’Università di Harvard sono l’ultimo campo di battaglia nel dibattito sugli insediamenti israeliani.

Nel cuore della disputa ci sono le macchine distributrici di acqua vendute dalla compagnia israeliana Sodastream, la cui più importante fabbrica è situata in Cisgiordania. La ditta costruttrice del sistema casalingo di gasatori per l’acqua non è nuova alle controversie. Gli attivisti contrari agli insediamenti hanno subito attaccato la compagnia quando hanno saputo dei suoi piani di partecipare al Super Bowl (campionato di football americano) reclutando l’attrice Scarlett Johansson in gennaio.

La reazione aveva spinto la Oxfam a condannare pubblicamente la Sodastream costringendo la Johansson a porre fine alla sua collaborazione di otto anni come ambasciatrice dell’associazione benefica. Dopo i numerosi appelli al boicottaggio le vendite della compagnia e i prezzi delle azioni hanno subito un tracollo.

I servizi della mensa dell’Università di Harvard hanno rimosso le etichette dalle loro macchine Sodastream e hanno deciso di sostituirle con macchine prodotte negli Stati Uniti in aprile, dopo che membri del Comitato di solidarietà con la Palestina dell’Università di Harvard e della Società Islamica di Harvard si erano detti offesi da quelle macchine.

“Per i palestinesi studenti di Harvard, la presenza del marchio Sodastream rappresentava un sostegno diretto al furto di terra che ha distrutto le loro comunità e lasciato migliaia di persone senza casa”, ha sostenuto il Comitato di solidarietà con la Palestina dell’Università di Harvard in una dichiarazione riportata dal (giornale studentesco) Harvard Crimson.

“Queste macchine possono essere viste come una microaggressione verso gli studenti palestinesi e le loro famiglie e come se l’università non si preoccupasse dei diritti umani dei palestinesi”, ha detto al Crimson Rachel J. Sandalow-Ash, un membro dell’Unione progressista ebraica del College di Harvard.

Il rettore dell’Università dott. Faust G. Drew ha avuto notizia del boicottaggio la settimana scorsa e ha sollecitato un’inchiesta. “Le decisoni riguardanti gli approvvigionamenti dell’Università non dovrebbero essere prese in base a individuali punti di vista su aspetti fortemente contrastanti di una controversia politica”, ha scritto il preside Alan M. Garber in una dichiarazione all’Harvard Crimson.

I gruppi ebraici del campus hanno appoggiato l’inchiesta. In una dichiarazione riportata dal Crimson, le organizzazioni Harvard Hillel, Studenti per Israele e la Commissione pubblica per gli affari isareliani hanno scritto, “Noi deploriamo il fatto che né noi né l’intero corpo studentesco sia stato coinvolto nella discussione. Siamo fortemente contrari ai tentativi di boicottare e delegittimizzare lo Stato di Israele”.

In seguito all’inchiesta gli addetti al servizio mensa si sono scusati. La portavoce Crista Martin ha detto al Crimson che essi sono stati erroneamente influenzati da questioni politiche nelle loro scelte di acquisti .

Ma la sala mensa di Harvard non è nuova a prendere posizioni politiche . Nel 2013 ha bloccato l’acquisto della pasta Barilla dopo che il presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda aveva detto che non avrebbero mai rappresentato famiglie con caratteristiche gay nei loro messaggi pubblicitari.

Sul sito web Electronic Intifada un portavoce del Comitato di solidarietà con la Palestina ha definito “contraddittorio” il passo indietro nel boicottaggio della Sodastream alla luce del precedente boicottaggio contro la Barilla. Non è chiaro se quel boicottaggio è ancora in atto.

In un editorial del Crimson, il professore di diritto Alan Dershowitz ha condannato la decisione “unilaterale” di unirsi al movimento di boicottaggio contro Israele senza una discussione ampia e aperta da parte di tutta la comunità universitaria.

Ha difeso la Sodastream, sostenendo che la collocazione della sua fabbrica nell’insediamento israeliano di Ma’ale Adunim in Cisgiordania “non è affatto nei territori disputati” e che “non costituisce un ostacolo per la soluzione dei due Stati”, anche se gli insediamenti all’esterno della linea dell’armistizio del 1967 sono considerati illegali in base alla legge internazionale.

L’ex sindaco di Ma’ale Adumim sarebbe stato probabilmente in disaccordo con Dershowitz . Egli è citato in un articolo del 2012 sull’insediamento in una rivista di politica estera dal titolo “L’insediamento che ha rotto la soluzione dei due Stati”, dicendo che la colonia era stata costruita proprio per rendere impossibile uno Stato di Palestina contiguo.

In ottobre la Sodastream ha annunciato un piano per trasferire la sua principale fabbrica nel sud di Israele entro la fine del 2015. Il presidente del Consiglio di amministrazione Daniel Birnbaum ha dichiarato all’Independent che la compagnia richiederà dei permessi per i lavoratori palestinesi perché possano arrivare fino alla nuova fabbrica. Sodastream è uno dei più grandi datori di lavoro per i Palestinesi, con ben 900 operai. Il tasso di disoccupazione in Cisgiordania è stimato al 22 per cento.

Fonte: The Washington Post 

Traduzione di BDS Italia