Una coalizione trasversale di organizzazioni si è di recente mobilitata contro Watec Italy 2016, una mostra convegno israeliana sulle tecnologie per la “salvaguardia” delle risorse idriche tenutasi la settimana scorsa per la prima volta in Europa, al Pala Expo di Marghera.
Watec è una creazione della società israeliana Kenes Exhibition, società fieristica israeliana specializzata nella realizzazione di fiere tecnico-scientifiche, e si svolge ogni due anni a Tel Aviv, anche se negli ultimi anni si è allargata ad altri paesi, tra cui l'India nel 2013 e il Perù nel 2014.
Decine di sindacati e movimenti per l’acqua europei hanno scritto alla Commissione europea per chiedere il ritiro del patrocinio da Watec denunciando la partecipazione di aziende che operano nelle colonie illegali israeliane e sottolineando che il patrocinio CE arriva "in un momento in cui Israele sta tagliando l'acqua alle comunità palestinesi, lasciando decine di migliaia di persone senza accesso all'acqua durante il periodo più caldo dell'anno."
I firmatari - tra cui il movimento irlandese Right2Water e il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, FIOM, ARCI eCospe - hanno espresso il loro rammarico nel sapere che non è la prima volta che la CE ha patrocinato Watec. Patrocinio concesso anche nelle passate edizioni a Tel Aviv che hanno avuto tra gli sponsor e i partecipanti la ArielUniversity creata in Cisgiordania nell’omonima colonia e aziende che forniscono servizi alle colonie come Mekorot, Netafim, Tahal International Group, Hagihon, KKL/JNF nonché il produttore di armi Elbit Systems.
La lettera ha sottolineato come la CE "si pone in contrasto con la posizione ufficiale dell'Unione Europea sugli insediamenti" e legittima e incoraggia attività illegali "rafforzando così l’impunità di Israele."
Mekorot, compagnia idrica nazionale di Israele e sponsor principale delle edizioni a Tel Aviv di Watec, curiosamente inizialmente mancava dall'evento. Tuttavia, poco prima dell’inaugurazione, è improvvisamente apparsa sul programma della conferenza con una "presentazione aziendale" durante la sessione "Gestione rurale e urbana dell’acqua". Mekorot è da tempo oggetto di proteste per il suo ruolo chiave nell’implementare le politiche israeliane di apartheid dell'acqua nei confronti dei palestinesi. Sottrae l'acqua dalle falde acquifere palestinesi e la fornisce alle colonie illegali vendendo poi ai palestinesi la stessa acqua rubatagli, spesso, a prezzi esorbitanti.
La lettera alla CE ha anche sollecitato le istituzioni europee a seguire l'esempio dell’ormai lungo elenco di aziende europee che si sono ritirate dai progetti e hanno interrotto accordi di collaborazione con aziende israeliane che violano i diritti dei palestinesi.
Quattordici delle principali organizzazioni agricole e ambientali palestinesi hanno scritto ai loro colleghi della rete degli agricoltori italiani Coldiretti per chiedere il ritiro della loro sponsorizzazione. La lettera presenta in modo dettagliato e documentato le politiche di Israele di apartheid idrica che vengono sviluppate e realizzate dalle imprese del settore delle tecnologie dell'acqua di Israele.
Dalla negazione dell’accesso all’acqua attraverso l'occupazione militare, al sistema impossibile dei permessi che impediscono lo sviluppo delle infrastrutture idriche palestinesi e l’orribilmente iniqua distribuzione delle risorse idriche in seguito agli accordi di Oslo, all'assedio e agli attacchi a Gaza e al Muro dell'Apartheid che separa palestinesi dai loro pozzi d'acqua. Queste organizzazioni hanno denunciato come il controllo israeliano sull’acqua è "uno dei principali strumenti del progetto di colonizzazione e di espulsione della popolazione palestinese."
Mentre una ventina di organizzazioni siciliane, tra cui Forum Acqua, CGIL, ANPI, ARCI, FIOM e Federconsumatori, non solo ha invitato la Regione a ritirare il patrocinio alla manifestazione ma anche a rispettare la legge sull’acqua 19/15 approvata dall’Assemblea regionale siciliana, dato che “Watec Italy a detta degli stessi organizzatori rappresenta una piattaforma di business collaudata”.
Pochi giorni prima del via di Watec, gruppi di attivisti veneti, insieme al Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, hanno organizzato un incontro con Amira Hass: "H2Occupation: Controllo e mercificazione israeliano delle risorse idriche palestinesi".
Parlando a una grande folla riunita in una sala della municipalità, Hass ha parlato dei principali pilastri del controllo israeliano sull'acqua. La frammentazione della Cisgiordania in bantustan rende impossibile trattare il territorio nel suo complesso e costruire condotte per portare l’acqua da una zona all'altra per servire l'intera popolazione. Lo sviluppo dell'agricoltura delle colonie come un mezzo per occupare la terra palestinese ha anche aumentato la domanda di acqua.
Un’altra componente importante è la separazione di Gaza dal resto della Cisgiordania. Gaza è trattata come un'entità separata secondo gli accordi di Oslo e l'accesso all'acqua è limitato a quella della falda acquifera costiera che non contiene la quantità necessaria per gli 1,8 milioni di abitanti di Gaza. Anni di sovra-pompaggio ha portato alla contaminazione della falda e oggi il 95% di acqua a Gaza non è potabile.
"La cosa più logica da fare sarebbe quella di erigere una enorme condotta da Israele a Gaza, per compensare l'acqua rubata dalla Cisgiordania, e pompare decine di milioni di metri cubi di acqua all'anno a Gaza per evitare il disastro imminente". Invece quello che Israele propone sono irrealizzabili impianti di desalinizzazione, che sono costosi e consumano grandi quantità di energia. Perché collegare Gaza all'acqua della Cisgiordania significa riconoscere Gaza come parte della Cisgiordania.
"Il controllo di Israele delle risorse idriche palestinesi è parte integrante del controllo israeliano generale sulla vita dei palestinesi, presente e futura, ed ha lo scopo di mantenerli come entità debole, costretta a contrattare, supplicare e implorare per qualche goccia di acqua", ha concluso Hass.
Renato Di Nicola, del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, che ha partecipato all'evento, ha ricordato ai partecipanti il processo internazionale in corso non solo per la privatizzazione dell'acqua, ma anche per la sua mercificazione. "La tecnologia trasforma l'acqua da risorsa a merce", e questo è qualcosa in cui Israele eccelle.
"Nel momento in cui Israele arriva qua a Venezia a fare una conferenza vuol dire che hanno già mosso altre cose in Italia". Infatti, il presidente della regione d'origine di Di Nicola, l’Abruzzo, ha recentemente portato una delegazione in Israele e si è incontrato con la Mekorot. Anche le società idriche di Roma e Milano hanno sottoscritto accordi di cooperazione con la Mekorot, nonostante il suo coinvolgimento in chiare violazioni del diritto internazionale, le stesse violazioni che hanno portato l'azienda idrica olandese a interrompere un accordo analogo.
Considerando che la Mekorot è una società statale, Di Nicola ha osservato come la gestione pubblica delle risorse idriche non è sufficiente, "abbiamo bisogno di un approccio partecipativo".
Questo approccio partecipativo è mancato del tutto a Watec. Infatti si è trattato di un affare strettamente business-to-business, con un costo di ingresso alla conferenza di presentazione del programma e delle sessioni di 100 euro e la non trascurabile difficoltà per gli eventuali visitatori nel reperire informazioni o un semplice manifesto sull’evento in città.
È interessante notare che, mentre le edizioni a Tel Aviv di Watec vantano il sostegno ufficiale del governo israeliano, tra cui lo sponsorship di numerosi ministeri, e Watec Perù e India hanno messo in evidenza Israele come una “storia di successo nell’acqua”, nel caso di Watec Italy quanto accade nei territori occupati è stato in gran parte minimizzato con un moderato accenno nel materiale promozionale.
Presentata come una conferenza internazionale, uno sguardo più attento avrebbe notato che le aziende e i relatori, tuttavia, dimostrano quanto Watec sia stato più di un incontro bilaterale volto a rafforzare i legami tra le imprese israeliane e le imprese italiane, e per mantenere un piede in Europa.
Durante la conferenza stampa ho chiesto a Prema Zilberman, direttrice generale di Watec, se la partecipazione di imprese che operano nelle colonie illegali non rischiava di trasformare la conferenza in una vetrina per le aziende che violano il diritto internazionale. Zilberman ha risposto: "Io non voglio entrare in una discussione, siamo una società multiculturale, stiamo lavorando per il bene di tutti. Non vogliamo portare la politica in questo ambito." Quando le ho fatto notare che non aveva risposto alla mia domanda e le imprese avevano già portato la politica nella conferenza, ha continuato a offrire "non risposte".
Watec Italy 2016 era inizialmente previsto per la metà di maggio ed è poi slittato a settembre dopo che il partner locale,Expo Venice, è fallito. I problemi di Expo Venice sono iniziati con il flop di Aquae Venezia, un evento collaterale di Expo2015 a Milano. Israele era tra i membri del comitato scientifico per Aquae Venezia e aveva in programma di fare sfoggio della sua tecnologia dell'acqua. Era stato ipotizzato un numero di visitatori di un milione a fronte dei 90.000 effettivi, ciò ha portato gli espositori ad accusare gli organizzatori di aver gonfiato anche queste cifre molto inferiori.
Anche Watec Italy sembra sia caduta nello stesso errore. Del coinvolgimento di 40 paesi dichiarati in conferenza e sul loro sito, l'elenco e il programma della conferenza mostra meno di dieci paesi; la stragrande maggioranza degli espositori provenivano dall’Italia e da Israele. Lo spazio espositivo in sé era praticamente vuoto, con le aziende che si sono lamentate del "ristretto numero di partecipanti".
Il tornaconto che Israele si aspetta dalla conferenza è il rafforzamento dei legami commerciali e politici con l'Italia. Ma, come ha osservato Di Nicola, la società civile dovrà mobilitarsi per difendere sia i diritti dei Palestinesi che il bene comune e vitale che è l'acqua.
Fonte: La Città Futura