Interrogazione a risposta scritta 4-03123
presentato da DAGA Federica
testo di Lunedì 13 gennaio 2014, seduta n. 150
DAGA, BARONI, VIGNAROLI, TERZONI, ZOLEZZI, SEGONI, BUSTO, DE ROSA, BALDASSARRE, D'AMBROSIO, GAGNARLI, SPADONI e DE LORENZIS. —
Al Presidente del Consiglio dei ministri . — Per sapere – premesso che:
lo scorso 2 dicembre durante il Vertice Italia Israele è stato, tra gli altri, stipulato un accordo di collaborazione tra ACEA spa e la Mekorot Water Company ltd, ovvero la società idrica nazionale di Israele, nata nel 1937, che assicura il 70 per cento dei consumi israeliani, coinvolta direttamente nelle politiche israeliane di violazione dei diritti umani in questo settore;
l'accordo è stato firmato alla presenza del primo Ministro italiano, Enrico Letta, e dell'omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, oltre che dall'amministratore delegato ACEA: Paolo Gallo e dal direttore generale, Shimon Ben Hamo;
Israele ha violato e continua a violare, sia in Cisgiordania sia nella Striscia di Gaza, il diritto internazionale come indicato da numerosi documenti di Organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani (Amnesty international e altre) e dai report dello special Rapporteur sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967, l'ultimo dei quali porta la data del 3 giugno 2013;
per fare solo un esempio, tratto dal Rapporteur in allegato, le previsioni dell'ONU sul collasso di Gaza a partire dal 2020 sono state confermate dai rappresentanti di ONG che hanno anche indicato come ottimistica questa previsione, in particolare in relazione con la qualità e la disponibilità dell'acqua, sostenendo un più realistico rischio già per il 2016. Le condizioni attuali, infatti, minacciano di scatenare un'epidemia sanitaria;
l'appropriazione delle falde acquifere da parte di Israele ha negato ai palestinesi la possibilità di usare le proprie stesse risorse idriche per lo sviluppo della propria terra. In totale, Israele – attraverso Mekorot – pompa annualmente circa il 90 per cento della produzione acquifera delle montagne della Cisgiordania agli insediamenti e alle città poste all'interno di Israele, lasciando la popolazione palestinese con poche gocce che sono ben al di sotto degli standard indicati dall'Organizzazione mondiale della sanità;
a seguito delle politiche israeliane di gestione dell'acqua i Palestinesi che vivono in Cisgiordania possono disporre di meno di 60 litri al giorno (rispetto ai 100 litri minimi secondo gli standard internazionali), mentre i coloni dispongono di almeno 300 litri al giorno;
la Mekorot è attivamente impegnata nel mantenimento dell'occupazione israeliana: l'azienda fornisce quasi la metà dell'acqua per usi domestici consumata dalle comunità palestinesi della Cisgiordania, diventando così il più grande fornitore di acqua nei territori palestinesi occupati. Il controllo della Mekorot sul mercato dell'acqua palestinese è stato formalizzato e legittimato dagli accordi di Oslo, che obbligano l'autorità palestinese ad acquistare dalla società israeliana l'acqua estratta dalle falde acquifere dei territori palestinese, imponendo ai palestinesi uno stato di dipendenza dal quale la Mekorot trae profitti, mentre a loro è impedito di sviluppare un proprio settore idrico;
il prezzo di base che Mekorot fa pagare ai coloni e ai clienti in Israele è di NIS 1,8 per metro cubo di acqua, rispetto a una media di NIS 2,5 per metro cubo per i palestinesi;
la Vitens, il più grande fornitore di acqua potabile in Olanda, ha deciso cessare i suoi accordi di cooperazione con la compagnia nazionale israeliana dell'acqua Mekorot, a causa dell'impegno della Vitens verso la legalità internazionale;
in merito a questo accordo, sul sito di Acea si legge:
«in particolare, la collaborazione tra le due aziende si svilupperà nello scambio di esperienze e competenze nel settore del trattamento delle acque reflue, nella ricerca di soluzioni comuni per una gestione innovativa e sempre più efficiente delle reti di distribuzione di acqua potabile, oltre allo studio di soluzioni per la protezione e la sicurezza dei sistemi di approvvigionamento idrico. Inoltre, l'accordo sottoscritto oggi comprende anche la cooperazione nel campo del trattamento dei fanghi di depurazione delle acque reflue, oltre alla condivisione di conoscenza nel settore dell'incenerimento dei rifiuti»;
Acea dovrebbe essere per il 51 per cento una società del comune di Roma e quindi un'azienda della città e dei suoi cittadini e visto che 1.200.000 romani hanno votato contro la privatizzazione e per eliminare i profitti dall'acqua e forse il comune dovrebbe porsi delle remore rispetto agli accordi economici siglati da una sua partecipata;
ma in realtà ormai si tratta di una spa, ovvero un ente di diritto privato, nata pubblica nel 1909, è oggi una delle principali multiutility italiane. Quotata in borsa nel 1999, nel settore idrico il gruppo ACEA è il principale operatore nazionale con un bacino di utenza di oltre 8 milioni di abitanti, gestore del servizio idrico integrato – acquedotto, fognatura e depurazione – negli ambiti territoriali ottimali di Roma e Frosinone e nelle rispettive province. È presente, inoltre, in Toscana, Umbria e Campania eppure il titolo azionario in questi anni ha avuto un tracollo, perdendo oltre il 70 per cento del suo valore negli ultimi 10 anni;
tale regime privatistico da 15 anni ha prodotto aumento della tariffa, un peggioramento della qualità dei servizi e delle condizioni lavorative dei suoi dipendenti. Dopo più di 10 anni di gestione del servizio idrico da parte di Acea Ato2 in molti comuni i cittadini non possono avere un'utenza idrica per mancanza di depuratori o perché questi sono stati posti sotto sequestro in quanto non conformi, un solo dato: il 30 per cento dei depuratori non è funzionante;
l'Italia e Roma hanno un'esperienza millenaria nella gestione dell'acqua. La storia di Roma nasce sulle sponde del Tevere e nella Capitale le opere di adduzione e distribuzione della risorsa rappresentano anzi una delle caratteristiche più interessanti dall'approdo nell'Urbe dell'Acquedotto Vergine (Fontana di Trevi e Fontana del Pincio del 1936 per il Nuovo Acquedotto Vergine Elevato), dell'Acquedotto Felice (Fontana del Mosè), dell'Acqua Paola (Fontana di piazza Trilussa e Fontanone del Gianicolo), dell'Acqua Marcia (Fontana delle Naiadi) e del complesso acquedottistico Peschiera-Capore (Fontane di Piazzale degli Eroi e di Piazzale Ostiense), dobbiamo infatti aggiungere: le splendide fontane monumentali, che impreziosiscono le piazze più belle del centro storico a simboleggiare potenza e la lungimiranza di una città per secoli appellata caput mundi per non parlare degli innumerevoli «nasoni» da cui ancora oggi continuano ad attingere acqua ininterrottamente insieme alla popolazione dei rioni romani, i numerosi passanti e visitatori della città eterna. L'acqua dunque come espressione del potere costituito, della potenza economico-sociale o, più semplicemente e fedelmente, dell'impegno di un'amministrazione locale a servire la popolazione, dotandola della risorsa essenziale alla sua sopravvivenza –:
come giustifichi il Governo italiano l'avallo alla stipula di un accordo che ad avviso degli interroganti contribuisce alle violazioni israeliane del diritto internazionale umanitario;
se il Governo ritenga davvero necessaria questa collaborazione con un'azienda israeliana – con tutto ciò che comporta da un punto di vista logistico ed organizzativo – con il dichiarato obiettivo di farsi spiegare come si distribuiscono e gestiscono le risorse idriche;
se il Governo sia certo che, al fine di porre rimedio alla situazione economica di Acea, fosse veramente necessario stipulare accordi economici con una multinazionale così compromessa dal punto di vista del diritto internazionale;
se intenda introdurre un codice etico e di rispetto della legalità internazionale per le imprese italiane, almeno per quelle partecipate dagli enti locali, che dovrebbero essere emanazione diretta ed esempio per i cittadini. (4-03123)
Fonte: Camera dei Deputati