BRUXELLES, 29 settembre 2010 (IPS) - Le organizzazioni che raccolgono fondi per l’esercito e gli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania beneficiano di esenzioni fiscali in Europa, secondo un'inchiesta realizzata dall’IPS.
di David Cronin
La Fondazione Sar-El è uno dei tanti gruppi attivi in Olanda nel sostegno alle Forze di difesa israeliane (IDF), organizzando corsi di addestramento per volontari europei di tre settimane in Israele presso le IDF.
Max Arpels Lezer, presidente della fondazione con sede ad Amsterdam, cerca di incoraggiare i volontari a lavorare negli ospedali israeliani ma, spiega, “se questo non è possibile possono svolgere attività civili nelle basi militari”.
Dopo aver detto che i volontari non diventano soldati ma “possono dare il loro contributo nella battaglia contro i palestinesi”, non ha risposto alla domanda sul perché volesse aiutare l’esercito israeliano, visto che un’inchiesta delle Nazioni Unite condotta dal giudice sudafricano in pensione Richard Goldstone ha rivelato la responsabilità delle Forze israeliane in crimini di guerra durante l’offensiva contro Gaza durata tre settimane nel 2008-2009.
“Non voglio rispondere”, ha detto. “Non parliamo di politica. La nostra è un’organizzazione non-politica”.
Per la legge olandese, le fondazioni come Sar-El sono esenti dalle tasse, e le donazioni a favore della fondazione possono essere dedotte dal reddito.
Un altro gruppo analogo, il Collectieve Israël Action (CIA), raccoglie circa otto milioni di euro all’anno, secondo il sito web della stessa organizzazione. Tra i suoi progetti, l’addestramento di soldati israeliani, in particolare sulle applicazioni delle tecnologie avanzate. Tra i membri della commissione di consulenza del gruppo c’è Doron Livnat, il direttore di Riwal, una ditta fornitrice delle gru utilizzate nella costruzione dell’imponente muro costruito da Israele in Cisgiordania. Il muro è stato dichiarato illegale in una sentenza del 2004 emessa dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aja.
La Fondazione Nachamoe raccoglie fondi per il mantenimento delle famiglie israeliane. La fondazione ha ammesso che alcune delle famiglie vivono in insediamenti israeliani tra Gerusalemme e Betlemme, insediamenti che violano il diritto internazionale: la quarta Convenzione di Ginevra del 1949 proibisce infatti alla potenza occupante di trasferire parte della propria popolazione civile nel territorio occupato.
Alcuni gruppi in Olanda hanno definito il sostegno all’IDF come “aiuti umanitari”. Il gruppo Visie voor Israël incoraggia le donazioni tra i suoi simpatizzanti, con le quali acquista tra le altre cose zaini da donare ai soldati. Secondo un dato diffuso dalla stessa organizzazione, la quantità di regali è aumentata considerevolmente dopo l’offensiva dell’esercito israeliano contro Gaza negli ultimi due anni.
Shuva è una delle tante organizzazioni cristiane sioniste attive in Olanda che considerano la fondazione di Israele e l’occupazione di Gaza e Cisgiordania il compimento di una profezia biblica. In un loro comunicato del 2009, si legge che avrebbero finanziato una scuola a Nofei Nechemia, un’estensione (spesso definita dai giornali israeliani un “avamposto illegale”) di un insediamento israeliano di Ariel, in Cisgiordania. Anche Shuva ha dichiarato di collaborare nell’insediamento di centinaia di coloni in quattro comunità israeliane in Cisgiordania ogni anno.
Secondo il portavoce dell’agenzia delle entrate olandese, le leggi fiscali nazionali non contengono nessuna clausola legata alle violazioni del diritto internazionale. La legislazione olandese, ha spiegato, consente alle organizzazioni no profit di fare domanda di esenzione fiscale in base ai loro obiettivi dichiarati. “In qualunque momento, le autorità fiscali olandesi possono decidere di revocare queste agevolazioni”, dopo aver esaminato le attività di chi ne beneficia, aggiunge. Ma il portavoce ha anche detto di non poter rivelare lo status di cui gode ogni organizzazione nello specifico.
Ghada Zeidan, del gruppo solidale palestinese United Civilians for Peace con sede in Olanda, afferma che “è molto difficile” convincere le autorità ad adottare misure contro la raccolta fondi in favore di organizzazioni filo-israeliane. “Il problema è che c’è una cultura di accettazione in questo senso”, spiega.
All’inizio di quest’anno, il Fondo nazionale ebraico (JNF) ha rinunciato allo status di ente di beneficienza. Mentre si presenta come un ente di orientamento ambientalista impegnato nella piantagione di alberi in Israele, da diversi decenni sostiene attivamente le violenze contro i palestinesi. Uno dei suoi membri di spicco, Yosef Weitz, sosteneva apertamente nel 1940 - otto anni dopo la nascita dello Stato di Israele - che i palestinesi dovessero essere cacciati dalla Palestina. Più di recente, il JNF ha concentrato gran parte delle sue energie negli insediamenti ebraici nel Negev, un processo che ha implicato lo sradicamento delle popolazioni indigene dei beduini, spesso con la demolizione delle loro case.
Secondo gli ultimi resoconti diffusi dal JNF a Londra, il suo reddito totale nel 2008 ammontava a 7,7 milioni di sterline (12,2 milioni di dollari). Un’altra priorità del Fondo sono gli aiuti alla Benji Hillman Foundation: istituita in memoria di un soldato ucciso durante l’attacco israeliano contro il Libano del 2006, la fondazione offre alloggi ai giovani stranieri che si recano in Israele per unirsi all’esercito israeliano.
Un portavoce dell’agenzia delle entrate britannica dice di non sapere se siano state avviate delle indagini sulle attività del JNF.
L’International Solidarity Movement (ISM) - una delle organizzazioni di monitoraggio del lavoro del JNF - sta investigando per stabilire se gli organismi di raccolta fondi per gli eserciti stranieri possano essere considerate istituti di beneficienza secondo la legge britannica. Secondo Matthew Richardson, dell’ISM, il JNF ha alleati potenti - il primo ministro britannico David Cameron ha accettato di essere tra i suoi sostenitori. “Il JNF - aggiunge Richardson - è molto inserito all’interno della lobby (filo-israeliana) e in generale dell’intera élite politica”.
Fonte: Inter Press Service