Mentre Israele entra in un’altra fase di inazione diplomatica, l’appello per un boicottaggio economico è diventato una necessità patriottica
Chiunque teme davvero per il futuro del paese a questo punto deve essere a favore di un boicottaggio economico nei suoi confronti.
Una contraddizione in termini? Abbiamo considerato le alternative. Un boicottaggio è il minore di tutti i mali e potrebbe produrre benefici storici. E’ tra le opzioni la meno violenta e quella meno suscettibile di provocare spargimento di sangue. Sarebbe dolorosa come le altre, ma le altre sarebbero peggio.
Partendo dal presupposto che l’attuale status quo non può continuare per sempre, è l’opzione più ragionevole per convincere Israele a cambiare. La sua efficacia è già stata dimostrata. Sempre più israeliani di recente hanno iniziato a preoccuparsi della minaccia del boicottaggio. Quando il ministro della Giustizia Tzipi Livni mette in guardia sulla sua diffusione e chiede, di conseguenza, che la situazione di stallo diplomatico sia spezzata, fornisce la prova della necessità di un boicottaggio. Lei e gli altri quindi stanno unendosi al movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Benvenuti nel club.
Il cambiamento non arriverà dall’interno. Questo è evidente da lungo tempo. Fino a quando gli israeliani non pagheranno un prezzo per l’occupazione, o almeno non cominceranno a fare il collegamento tra causa ed effetto, non avranno alcuna motivazione per porvi termine. E perché il residente medio di Tel Aviv essere dovrebbe essere disturbato da ciò che sta accadendo nelle città di Jenin in Cisgiordania o Rafah nella Striscia di Gaza? Quei luoghi sono lontani e non particolarmente interessanti. Finché l’arroganza e l’auto-vittimizzazione continueranno a sussistere nel Popolo Eletto, il più eletto al mondo, sempre l’unica vittima, la presa di posizione esplicita del mondo non cambierà niente.
E’ anti-semitismo, diciamo: il mondo intero è contro di noi e non siamo i responsabili del suo atteggiamento verso di noi. E a parte questo, nonostante tutto, il cantante inglese Cliff Richard è venuto ad esibirsi qui. La maggior parte dell’opinione pubblica israeliana è separata dalla realtà - la realtà nei territori e all’estero. E ci sono quelli che fanno in modo che questa pericolosa disconnessione sia mantenuta. Le persone qui hanno subito troppo il lavaggio del cervello con il nazionalismo, insieme con la disumanizzazione e la demonizzazione dei palestinesi e degli arabi, per rendersi conto.
Il cambiamento verrà solo dall’esterno. Nessuno – scrivente incluso, ovviamente – vuole un altro ciclo di spargimenti di sangue. Una sollevazione popolare palestinese non-violenta è una opzione, ma è improbabile che accadrà presto. E poi c’è la pressione diplomatica americana e il boicottaggio economico europeo. Ma gli Stati Uniti non faranno alcuna pressione. Se non l’ha fatto l’amministrazione Obama, nessuna amministrazione americana lo farà. Il ministro della Giustizia Livni ha dichiarato che in Europa il discorso è diventata ideologico. Lei sa di che cosa sta parlando. Ha anche detto che il boicottaggio europeo non si sarebbe fermato ai soli prodotti realizzati negli insediamenti in Cisgiordania.
Non c’è alcuna ragione perché dovrebbe. La distinzione tra prodotti dell’occupazione e prodotti israeliani è una creazione artificiale. Non sono i coloni i principali colpevoli, ma piuttosto quelli che alimentano la loro esistenza. Tutta Israele è immersa nell’impresa dell’occupazione, così tutta Israele deve assumersene la responsabilità e pagare il prezzo per questo. Non c’è nessuno che non è coinvolto dall’occupazione, inclusi quelli che si illudono di fare finta di guardare dall’altra parte e di non avere niente a che fare con essa. Siamo tutti coloni.
Il boicottaggio economico si è dimostrato efficace in Sud Africa. Quando la comunità imprenditoriale del regime di apartheid si è rivolta al governo del paese dicendo che le circostanze in corso non potevano continuare, il dado era tratto. La rivolta, la statura di leader come Nelson Mandela e Frederik de Klerk, il boicottaggio dello sport sudafricano e l’isolamento diplomatico del paese hanno certo contribuito alla caduta del regime odioso. Ma il “la” è stato dato dalla comunità imprenditoriale.
E può accadere anche qui. L’economia israeliana non sarebbe in grado di resistere al boicottaggio. E’ vero che all’inizio esso aumenterà il vittimismo, l’isolazionismo e il nazionalismo, ma non nel lungo periodo. Questo potrebbe causare un cambiamento significativo di atteggiamento. Quando la comunità imprenditoriale comincerà a premere sul governo, il governo dovrà ascoltare e forse anche agire. Quando il danno sarà al portafoglio di ogni cittadino, più israeliani si chiederanno, forse per la prima volta, di cosa si tratta e perché sta succedendo.
E’ difficile e doloroso, quasi estremamente, per un israeliano che ha vissuto tutta la sua vita qui, che non ha mai considerato di emigrare e si sente collegato a questo paese con tutto il suo essere, che non lo ha boicottato, richiedere un tale boicottaggio. Non l’ho mai fatto. Ho capito che cosa motivava il boicottaggio e sono stato capace di fornire una giustificazione per questi motivi. Ma non ho mai invitato gli altri a fare un tale passo. Tuttavia visto che Israele è entrata in un'altra fase di profondo stallo, sia diplomatico che ideologico, l’invito al boicottaggio è necessario come l’ultimo rifugio per un patriota.
Fonte: Haaretz
Traduzione: BDS Italia