Mentre in Stati come l'Inghilterra il 73% del mondo accademico ha deciso per il boicottaggio totale delle istituzioni accademiche di Israele, quelle Perugine scelgono come interlocutore privilegiato, uno Stato totalmente responsabile di crimini di guerra. Ieri, 13 ottobre 2015, le istituzioni Israeliane aprivano la quattro giorni della Settimana Internazionale all'Unipg.
Per quanto la comunità internazionale neghi l'occupazione dei territori palestinesi, è sotto gli occhi di tutti la politica di apartheid che le istituzioni israeliane portano avanti senza alcun rispetto per i diritti fondamentali.
Esiste una campagna mondiale di Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni (BDS) che si sta dimostrando capace di ottenere un sostegno di massa e di convincere aziende, istituzioni culturali, e governi a boicottare e sostenere la lotta contro questa guerra, che a molti, sembra invisibile.
Israele non è solo uno Stato che occupa e opprime un intero territorio, ma esporta nel mondo il suo spietato modello di sicurezza e di repressione. Esso è profondamente coinvolto nell’addestramento e nell’armamento degli squadroni della morte in America Latina; è coinvolto nella vendita di armi e di consulenze militari alle dittature in Asia e in Africa; nella militarizzazione delle forze di polizia in tutto il mondo. Israele oggi è un protagonista chiave nella repressione interna contro i movimenti che lottano contro le discriminazioni razziali, per la giustizia sociale ed economica e per la difesa dell'ambiente.
Proprio per questo volevamo partecipare e confrontarci sulle motivazioni che hanno spinto i dirigenti dell' Università di Perugia a finanziare progetti di istituzioni che attuano politiche di distruzione di territori e di popoli interi, ma ci è stato impedito.
Assieme ad altri lavoratori, studenti, e in generale liberi cittadini siamo stat* identificat*,bloccat* e ripres* sin da subito all'ingresso con scuse prive di fondamento e trattenut* per un'ora e mezza in attesa di riavere i documenti.
Dopo varie provocazioni siamo stati scortati davanti all'entrata dell'Aula Magna dove siamo rimasti a manifestare il nostro dissenso sotto gli occhi di una camionetta di celerini,degli studenti inermi e di docenti che uscivano dal convegno scappando, senza affrontare un minimo di confronto sulla questione.
L'unica risposta che c'è stata data univocamente è che la Palestina non è zona occupata, distrutta e desertificata da Israele; che le immagini di morte, reperibile anche facilmente sui social , che ci mettono davanti ogni giorno non equivalgono alla realtà.
Insomma, tutto opinabile, anche i dati di fatto. La dialettica viene sostituita dalle opinioni da talk show. L'eccidio a cui assistiamo ogni giorno, da 70 anni a questa parte, secondo i luminari perugini non esiste.
Siamo fermamente convinti che continuando a finanziare questi progetti non si fa che alimentare e legittimare la politica di razzismo e colonialismo che Israele attua da ormai troppo tempo; che è doveroso condannare e disincentivare , come gia accade nei Paesi del nord Europa, la macchina da guerra israeliana.
Questa politica, che determina la pulizia etnica costituendo un crimine di guerra secondo il diritto internazionale, si attua attraverso incessanti confische di terre, l'espansione del muro coloniale, le demolizioni di case, la presa di case palestinesi da parte di coloni, le esecuzioni extragiudiziali, gli arresti e le espulsioni, il tutto sostenuto dal sistema israeliano di "giustizia"-
Non saranno le intimidazioni da parte di digos e polizia a fermarci, Continueremo la nostra lotta e siamo convinti che l'isolamento culturale di Israele sia uno dei punti di partenza per far riacquisire uno Stato di diritto al popolo Palestinese.
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