Non si può sostenere il razzismo nel nome dello sport!

MEDITERRANEO ANTIRAZZISTA intende lo sport come strumento per abbattere frontiere e costruire diritti e non vuol girare lo sguardo da un'altra parte di fronte al muro che nel 2004 la Corte Internazionale di Giustizia ha condannato e che ha comportato la sottrazione illegale di terreni di proprietà palestinese e la separazione tra villaggi e città palestinesi, costringendo la popolazione autoctona in aree anguste e violandone il diritto alla mobilità. Né può accettare che lo sport venga utilizzato per coprire una simile realtà. Quale scambio potrebbe mai essere favorito, quando sono violati i più elementari diritti e lo stesso sport diventa un privilegio? Tante volte bambini palestinesi sono stati uccisi mentre giocavano a calcio in campetti improvvisati dietro casa, com'è successo anche al piccolo Ahmed Younis Khader Abu Daqqa lo scorso novembre.

Come potrebbe lo sport favorire l'incontro, quando ad atleti viene impedito di raggiungere il luogo della competizione, come è accaduto anche alla prima maratona della Cisgiordania, che si è tenuta a Betlemme lo scorso 21 aprile, quando dall'occupante israeliano sono stati negati i "permessi" per partecipare a 25 uomini ed 1 donna di Gaza? Tra gli impossibilitati c'erano Sanaa Abu-Bahit, una donna di 29 anni ed anche il rappresentante palestinese alle Olimpiadi di Pechino del 2008, Nader Al-Masri.

L'impegno di "parlare di un Mediterraneo diverso", quello che dalle sponde sud si è manifestato nelle rivolte e nel desiderio di liberazione, è anche impegno ad ascoltare la richiesta d'aiuto lanciata dalla costa orientale dalla società civile palestinese ed in particolare dalle sue organizzazioni sportive affinché non si tengano in Israele le prossime finali del campionato Uefa under 21. Non si può pensare a partite giocate solo per un pubblico israeliano ed, eventualmente, internazionale, ma dal quale è rigorosamente escluso quello palestinese, a causa delle condizioni che da decenni fanno di questo un popolo che è ancora sotto occupazione e che subisce un'apartheid, definita da Desmond Tutu "peggiore di quella sudafricana".

Non si può accettare che lo sport diventi un ulteriore strumento di discriminazione: mentre i calciatori israeliani parteciperanno alle finali, agli sportivi palestinesi è resa impossibile la vita tra mille divieti e posti di blocco, imprigionati arbitrariamente e deportati in carceri israeliane, dove sono trattenuti anche per anni senza processo e senza accusa, come è accaduto a Mahmoud Sarsak, liberato dopo tre anni solo grazie alle pressioni internazionali, ottenute a rischio della vita con uno sciopero della fame durato tre mesi, mentre ancora detenuti senza processo e senza accusa, da febbraio di quest'anno, sono il calciatore Mohammed Sadi Nemer e il portiere Omar Khaled Abu Omar Rowis. Mentre la competizione europea aiuta Israele ad incrementare il suo "calcio di base" e ad accreditarsi come "democrazia occidentale", per i Palestinesi continuano furti di terra ed acqua e demolizioni di case, e sono distrutti gli stadi e gli impianti sportivi, come quello paraolimpionico di Gaza bombardato nel 2008-9 e di nuovo nell'attacco israeliano dello scorso novembre.

Mediterraneo Antirazzista non può non impegnarsi per la cessazione delle discriminazioni e dell'apartheid.

Mediterraneo Antirazzista aderisce, pertanto, alla richiesta di Sarsak e dello sport palestinese e chiede che non si tengano in Israele le finali Uefa under 21.

AFRO- NAPOLI UNITED
ARCI SCAMPIA
A.S.D. UNIVERSAL CENTER
Ass. A.QUA.S
Ass. HANDALA
BANDA BALENO
CENTRO STUDI E DI FORMAZIONE SPORTIVA
COMUNITA' DI BASE DEL CASSANO
DREAM TEAM- DONNE IN RETE
GRIDAS
MAMMUT
MEDITERRANEO ANTIRAZZISTA
IL RAGGIO DI SOLE DI SCAMPIA
ST@RTEVENT'S LAB
STELLA ROSSA 2006