Ad un anno dalla rinuncia alla richiesta di sospendere Israele, nuove pressioni sulla Fifa perché impedisca a sei team di giocare negli insediamenti israeliani in Cisgiordania

Passa di nuovo per un campo di calcio la lotta palestinese contro la colonizzazione israeliana. Si ritenta la via della Fifa dopo il tradimento in diretta da parte di Jibril Rajoub, falco di Fatah, ex campo dei servizi interni e oggi presidente della Federazione Calcio Palestinese: lo scorso anno dopo, a fine maggio 2015, dopo mesi di campagna internazionale, Rajoub rinunciò a chiedere la sospensione di Israele dalla Fifa durante l’assemblea dell’organizzazione.

Uno schiaffo in faccia ai tantissimi palestinesi che avevano sperato in un atto dal forte valore simbolico, apice di proteste popolari e campagne locali. Ora ci si riprova, stavolta sulla base di un rapporto pubblicato pochi giorni fa da Human Rights Watch e sulla richiesta di inizio settembre presentata da 66 parlamentari europei: la Fifa vieti alle squadre israeliane di giocare in stadi costruiti all’interno di colonie nella Cisgiordania occupata.

Nello specifico Hrw analizza i casi di sei club israeliani basati in Cisgiordania (nelle colonie di Ariel, Givat Ze’ev, Ma’ale Adumim, Oranit e in Valle del Giordano), in terre che l’organizzazione definisce “rubate”: “Queste squadre vanno trasferite dentro Israele”, richiesta che si fonda sullo statuto stesso della Fifa che vieta ad un’associazione membro di giocare nel territorio di un’altra federazione membro senza il suo consenso.

Il 9 settembre è stata invece una lettera indirizzata al presidente Fifa Infantino e firmata da 66 parlamentari europei a chiedere che i club israeliani vengano spostati, citando il caso delle squadre di calcio in Crimea che nel 2014 vennero bandite dalle competizioni russe: “Vogliamo vedere il calcio prosperare sia in Israele che in Palestina – si legge nella lettera – Per farlo la Fifa non deve permettere che il calcio sia strumento di espansione territoriale”.

L’appello viene ripreso dall’Olp: “Permettendo di giocare su terra palestinese su cui sono state costruite delle colonie – dice il membro del comitato Olp per lo sport, Ali Ishaq – la Fifa è coinvolta nell’attività politica ed economica che sostiene queste colonie, che sono considerate illegali dal diritto internazionale”.

La Fifa, si legge in un comunicato, ne discuterà i prossimi 13 e 14 ottobre: “Continueremo i nostri sforzi per promuovere relazioni amichevoli tra i nostri membri”. Ma risponde anche l’Associazione Calcio Israeliana che accusa Hrw di “trascinare il calcio dal campo sportivo a quello politico”.

Ma nel campo politico già c’è, visto l’utilizzo che dello sport fa l’occupazione israeliana: innumerevoli le restrizioni imposte dalle autorità di Tel Aviv allo sport palestinese. Se a livello mondiale si sono palesate alle ultime Olimpiadi quando a Rio la delegazione palestinese è arrivata senza attrezzature e divise perchè requisite da Israele al momento della partenza, i divieti e i blocchi sono la quotidianità nei Territori. Restrizioni al movimento di giocatori e atleti, spesso impossibilitati ad uscire da Gaza o Cisgiordania per partecipare a competizioni nazionali e internazionali, aggressioni fisiche, divieto di importare attrezzature sportive dall’estero, difficoltà di ingresso nel Paese per team e esperti esteri che arrivano nei Territori per sostenere lo sport palestinese, distruzioni durante le operazioni militari di stadi, centri e infrastrutture sportive.

Fonte: Nena News