La FIFA può prendere l'iniziativa e imporre sanzioni a Israele per il suo sabotaggio del calcio palestinese

di Rich Wiles

Non c'è voluto molto tempo, lunedì scorso, ai campioni in carica della Nazionale giapponese per segnare il primo gol contro la squadra palestinese, per la prima volta in assoluto arrivata in finale nella Coppa d'Asia di calcio e sconfiggerla con un 4-0. A metà partita durante il gioco, i commentatori sul canale satellitare Eurosport hanno accennato al "lento sviluppo" della squadra palestinese nel corso degli anni dalla sua fondazione. Nessun contesto è stato offerto per capire come questo possa essere successo, cosa che invece occorreva fare.

La squadra nazionale palestinese è stata riconosciuta dalla FIFA, organo di governo mondiale del calcio, nel 1998, in seguito alla creazione dell'Autorità Palestinese con gli accordi di Oslo. La FIFA con questa mossa è stata rivoluzionaria; 17 anni dopo, le Nazioni Unite non hanno ancora pienamente riconosciuto la Palestina. La storia del calcio in Palestina, tuttavia, risale a molto tempo più addietro.

Nel 1934, una squadra della Palestina Mandataria ha partecipato alle gare di qualificazione della Coppa del Mondo. Quella squadra, però, era un prodotto dell''Associazione Football Eretz Israele' (EIFA) - una delle molte armi che il movimento sionista usò per ottenere il controllo della Palestina. L'iscrizione per partecipare alla Coppa del Mondo della FIFA richiedeva il rispetto di regole necessarie a far sì che le squadre nazionali rappresentassero tutti gli abitanti di un paese, il che era una sfida per l'organismo sionista in Palestina, dato che allora solo tra 12-17 % dei suoi abitanti erano ebrei. L'EIFA si coprì le spalle assicurando che un arabo-palestinese aveva partecipato alla riunione della commissione d'apertura e l'adesione alla FIFA è stata poi accordata nel 1929. Nessun arabo-palestinese ha mai più fatto parte della commissione o giocato nella squadra "nazionale".

L'EIFA divenne Federazione Calcio Israele dopo il 1948, e nel 1952 la Federazione Calcio Palestina, precursore dell'odierna Associazione Calcio Palestina, fu costituita entro i Territori Occupati nel 1967.

Dal riconoscimento della Federazione Calcio Palestina da parte della FIFA nel 1998, il lento sviluppo a cui hanno fatto riferimento i commentatori durante la partita di apertura della Coppa d'Asia di quest'anno, è continuato. Non ci si può proprio aspettare un fiorire dello sport sotto un'occupazione.

Nel corso della Seconda Intifada il calcio competitivo è arrivato a un punto morto. Con la Palestina sotto violenta occupazione militare e con i posti di blocco israeliani a dividere i Territorio Occupati nel 1967 in bantustan non collegati fra di loro, è diventato impossibile viaggiare e i Campionati palestinesi sono stati sospesi fino al 2008.

La nazionale però ha continuato a competere a livello internazionale. Durante le fasi di qualificazione per i Mondiali del 2006 in Germania, la Palestina ha superato il suo girone di qualificazione dopo una vittoria di 8-0 contro il Taiwan e un pareggio con l'Iraq. Mentre la squadra era pronta per il viaggio in Uzbekistan le autorità israeliane hanno negato i permessi di viaggio a gran parte dei calciatori. Anche se alla fine è stato possibile far scendere in campo una squadra tanto indebolita con alcune tardive sostituzioni, la Palestina ha perso 3-0. Per la partita di ritorno "in casa", a cinque giocatori della squadra è stato di nuovo vietato viaggiare; le partite "in casa" della squadra nazionale si sono giocate nel Qatar, a Doha e ad Amman in quanto la FIFA ritiene troppo pericoloso giocare in Palestina.

Per l'inaugurazione di un nuovo 'stadio nazionale' nella città di al-Ram, nel 2008, la Palestina ha pareggiato 1-1 con la Giordania. Questa è stata la prima partita internazionale giocata in Palestina sin dalla sua adesione alla FIFA iniziata 10 anni prima.

Nel 2012, a Mahmoud Sarsak - un giocatore della squadra nazionale – fu dato da Israeleil permesso di andare da Gaza in Cisgiordania per giocare una partita a Nablus. Tuttavia, quando Sarsak arrivò al posto di controllo Erez di Gaza sulla strada per Nablus fu immediatamente arrestato e portato via per l'interrogatorio.

Sarsak fu trattenuto in base alla 'Legge Combattenti Illegali' di Israele, che permette di trattenere senza processo o accusa i palestinesi di Gaza per periodi illimitati di tempo. Il caso attirò l'attenzione internazionale quando il giovane calciatore cominciò uno sciopero della fame per la morte del suo compagno nella squadra della nazionale, Zakariah Issa, a cui fu diagnosticato un tumore mentre si trovava nelle prigioni israeliane. Più di tre mesi dopo aver perso più della metà del suo peso corporeo, Sarsak terminò il suo sciopero della fame, dietro garanzia di rilascio.

Nel gennaio del 2014, due calciatori adolescenti sono stati colpiti dalle forze israeliane mentre stavano tornando a casa da un allenamento ad al-Ram. Jawhar Jawhar è stato colpito undici volte in entrambe le gambe, mentre Adam Halabiya è stato colpito una volta ai piedi. A entrambi i giocatori i medici di Ramallah hanno detto che non avrebbero mai più potuto giocare a football.

A Gaza ci sono altre storie legate al calcio ugualmente brutali. Nel corso del bombardamento di Gaza del 2006, Israele ha bombardato lo Stadio Palestina. In seguito la FIFA fornì fondi per sostenere la ricostruzione dello stadio che nel novembre del 2012 di nuovo, è bruciato sotto la forza delle bombe di Israele.

Tra le vittime dei bombardamenti dello scorso anno su Gaza, c'è una leggenda del calcio palestinese. Ahed Zaqout è ricordato da alcuni forse come "il miglior centrocampista che la Palestina abbia mai avuto". Israele ha bombardato la casa di Zaqout a Gaza mentre dormiva e l'ex stella si è trasformata per il telecronista in “dato statistico”, tra le vittime dell'assalto estivo di Israele nel 2014. Inoltre, più o meno 32 impianti sportivi hanno ceduto alla campagna israeliana di bombardamenti nel 2014.

Le storie sono infinite ... Un libro potrebbe, o forse dovrebbe, essere scritto sullo sviluppo quasi impossibile del calcio palestinese in mezzo a tutto questo.

È in questo contesto che nel 2014 i rappresentanti della Federazione Giocatori Palestinesi ha presentato alla FIFA un dossier che documenta gli attacchi israeliani e le restrizioni imposte al calcio palestinese, ma come al solito l'azione ufficiale palestinese è rimasta molto indietro rispetto alle mosse della società civile.

Già nel 2006, gli attivisti della campagna Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) inviarono petizioni e lettere alla FIFA con la richiesta di sospensione di Israele segnalando "l'ostruzionismo posto nei confronti della rappresentanza palestinese per la sua partecipazione a sport internazionali". La FIFA ha rifiutato di agire e nonostante il continuo attivismo, Israele è stato successivamente onorato con l'ospitare il Campionato UEFA 2013 Under 21 e premiato con la vittoria nel Campionato UEFA 2015 Femminile Under 19.

Dopo gli attacchi su Gaza del 2014 le squadre di calcio palestinesi hanno scritto al presidente dell'UEFA, Michel Platini, di come Israele si stesse applicando per ospitare i giochi del Campionato Europeo 2020. Platini nel 2010 aveva lasciato intendere che ci sarebbero state eventuali sanzioni quando disse che “Israele deve scegliere fra permettere allo sport palestinese di continuare e prosperare o essere costretto ad affrontare le conseguenze.”

Nel 2014 Platini ha inviato una lettera alla UEFA perché "non si premi Israele per il colonialismo, l'apartheid e la pulizia etnica." La lettera è stata sostenuta da un'azione diretta di attivisti internazionali che hanno occupato il quartier generale della FA in Francia e in Italia. Il movimento BDS ha reso noto che la UEFA ha respinto l'offerta di Israele, anche se l'UEFA non ha rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale che riconosca l'influenza politica sulla sua decisione.

Ci sono quelli che ingenuamente sostengono che non va confuso lo sport con la politica. Cosa detta anche quando i manifestanti anti-apartheid invasero nel 1980 i campi di rugby e cricket, anche se poi viene ampiamente riconosciuta l'efficacia del boicottaggio sportivo all'interno del movimento contro l'apartheid sudafricano.

Per Israele oggi, che si considera una nazione "occidentale", è una parte importante della propria macchina di propaganda e la sua accettazione all'interno dell'UEFA assume significato in questo contesto. Prima del 1948, la Palestina era considerata parte dell'Asia, ma ora, uno stato costruito sulle rovine dello stesso lembo di terra è accolto in organismi europei. La terra non si è spostata fisicamente, la politica mondiale invece sì.

Le associazioni calcistiche sioniste degli inizi hanno giocato allo stesso gioco, come riconosciuto sul sito ufficiale della FA israeliana, utilizzando i collegamenti internazionali di calcio "per creare una propaganda positiva per l'insediamento ebraico in Eretz Israel". Il calcio è uno dei tanti strumenti che il movimento sionista ha cooptato a suo beneficio coloniale.

Il riconoscimento di questo uso del calcio come propaganda, accanto ad una conoscenza degli interventi di Israele in atto contro i palestinesi, dovrebbe essere più che sufficiente per giustificare sanzioni.

La FIFA era in anticipo sui tempi quando ha formalmente riconosciuto la Palestina nel 1998, ed è ora che faccia un altro passo pionieristico ma giustificato ponendo sanzioni contro Israele così come fece nel 1964 contro il Sud Africa - decenni prima che i leader mondiali adottassero misure. Lasciate che il calcio guidi i politici ancora una volta in modo da poter davvero essere indicato come "il gioco globale" di difesa dei diritti dei giocatori e di rifiuto del razzismo.

Rich Wiles è un premiato artista fotografico, autore e regista che ha base in Palestina da più di 10 anni. Il suo ultimo libro è Generazione Palestina: Voci dal Movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (Pluto,2013). www.richwiles.com

Fonte: Middle East Eye

Traduzione di BDS Italia