di Shireen Ahmed e Dave Zirin
In un momento in cui leader mondiali e sbruffoni televisivi via cavo sbraitano per una punizione collettiva di arabi e musulmani, nella Striscia di Gaza questa settimana vi è una scena di gioia collettiva. Questo perché la squadra nazionale di calcio palestinese è approdata nello storico campo di Newcastle in Australia per giocare nella Coppa d'Asia, il primo grande torneo internazionale per il quale si siano qualificati nei loro ottantasei anni di esistenza. Come il giornalista di calcio James Montague ha detto, "per la Palestina, una squadra riconosciuta dalla FIFA, organo di governo mondiale del calcio, dal 1998 ma non ancora come un paese a pieno titolo dalle Nazioni Unite, la loro apparizione significava più di qualsiasi progresso sul campo. ... I Palestinesi, per una volta, inizieranno come uguali a quelli intorno a loro."
Chiamare questa una storia di Cenerentola avrebbe senso solo se si sceglie di rendere la storia di Cenerentola profondamente più straziante persino delle più febbrili visioni dei fratelli Grimm o di Steven Sondheim. E nessuno in questo racconto confonderebbe Sepp Blatter con qualsiasi tipo di madrina magica.
Il calcio palestinese ha combattuto una battaglia indescrivibile persino per competere su un palcoscenico internazionale. Vivono sotto l'occupazione, hanno avuto le loro strutture di allenamento distrutte, hanno fatto fronte alla detenzione di giocatori, alla morte di compagni di squadra e all’impossibilità di muoversi liberamente attraverso i checkpoint militarizzati israeliani al fine di allenarsi e competere nelle partite. Ciò ha portato ad una campagna internazionale con calciatori di spicco che chiedevano alla FIFA di espellere Israele dalla sua associazione o almeno di impedire che ospitasse tornei sanzionati dalla FIFA. Hanno anche dovuto assumersi l'onere di avere allenatori, mentori e potenziali giocatori uccisi durante la guerra e il blocco in corso a Gaza. Questo è il motivo per cui la squadra di calcio palestinese è affettuosamente conosciuta come "Al-Fedayi," che significa "colui che sacrifica la vita per il bene della patria", e gli "Strivers" in Inglese. Impegno e sacrificio sono stati entrambi componenti necessarie per rendere questa apparizione in Coppa d'Asia una realtà.
Abbiamo parlato con Sanaa Qureshi del “Beyond Borders” Calcio, un'organizzazione che ha preso una squadra di Londra per giocare in Palestina nel 2011. Essi sono stati in grado di fare esperienza da se stessi di tali condizioni.
"La qualificazione della Palestina per la Coppa d’Asia segna un immenso traguardo per un paese sotto occupazione brutale, con una diaspora impossibilitata a tornare a casa.", ha detto Quereshi. "Sorprendentemente, la squadra è un microcosmo perfetto della lotta palestinese, composta da giocatori della Cisgiordania, di Gaza e del patrimonio palestinese proveniente da tutto il mondo. Avendo superato ostacoli come la negazione del visto e la detenzione di routine alle frontiere, questa è una squadra che non gioca solo per il proprio paese, ma per il riconoscimento della propria esistenza e della continua resistenza del popolo palestinese."
Tutte le gioie degli sport sono di breve durata a Gaza. Anche la gioia e le celebrazioni di massa esplose a seguito della loro sconvolgente vittoria per 1-0 contro le Filippine nel maggio 2014, che ha assicurato loro l'ingresso nella Coppa d'Asia. Nel mese di giugno, pochi mesi dopo questo momento straordinario, le Forze di Difesa israeliane hanno iniziato una serie di attacchi su Gaza, uccidendo, secondo le Nazioni Unite, più di 2.000 persone, 1.500 dei quali classificati dalle Nazioni Unite come civili e 500 come bambini. (Sessantasei soldati israeliani e cinque civili israeliani sono stati uccisi nel conflitto.)
Il 16 luglio 2014, quattro giovani ragazzi, della famiglia Bakr a Gaza, sono stati uccisi mentre giocavano al calcio sulla sabbia. Ahed Atef Bakr, Zakaria Ahed Bakr, Mohamed Ramez Bakr e Ismael Mohammed Bakr erano sulla spiaggia e sono stati uccisi dalle granate di una cannoniera navale israeliana. Per mesi, l'aspetto più importante del calcio in Palestina agli occhi del mondo è stato l'immagine straziante creata dall'artista Amir Schiby in onore dei quattro ragazzi Bakr.
Ci si è chiesto se il bombardamento di Gaza e il blocco di viaggio che ne è seguito avrebbe impedito alla Palestina di recarsi in Australia per mettere in campo una squadra per la Coppa d'Asia. Gli “Strivers” alla fine si sono assicurati il permesso di viaggio, ma hanno dovuto tenere i loro allenamenti lontano da casa, in Qatar, Emirati Arabi Uniti e Giordania. Poi, pochi mesi prima del torneo, il loro allenatore, Jamal Mahmoud, è andato via a causa di ciò che è stato descritto come "motivi personali". Il vice allenatore Saeb Jendeya è immediatamente subentrato fino a quando è stato nominato l’attuale allenatore, Ahmad Al Hassan. Il preambolo della Coppa d'Asia non è stato un esercizio di allenamento quanto una dimostrazione professionale di resistenza spirituale ed emotiva.
Ne valeva del tutto la pena Lunedì, quando la squadra entrò in campo a Newcastle, e sentì il boato della folla. C'erano ritmici rullii di tamburi, sbandieramenti, cori e canti; attività che echeggiavano a molti chilometri di distanza a Gaza City. Il risultato della partita è stato sfavorevole, anche se atteso, giacché il Giappone (Samurai Blue), i campioni in carica asiatici hanno sconfitto la Palestina 4-0. Ma questo è uno di quei rari momenti nello sport in cui il punteggio non ci dice necessariamente chi ha vinto e chi ha perso.
Come ha detto il sito di Football Palestine, "I tifosi della Palestina dovrebbero essere orgogliosi. Hanno creato un'atmosfera di festa a Newcastle e in un torneo privo del sostegno rumoroso che si potrebbe vedere in altri grandi finali internazionali. Sotto di 1-0 non si sono fermati, né sul 2-0, 3-0, 4-0. Per tutto il tempo fino al fischio finale, questo poteva essere l'inizio di qualcosa veramente speciale ".
La Palestina merita di assaporare questo momento. L'obiettivo non è solo la vittoria, ma accendere i riflettori sulle capacità e sul recupero degli atleti palestinesi. Come il campione Ashraf Al-Nu'man Fawaghra ha spiegato durante un'intervista alla FIFA.com: "Il nostro obiettivo è quello di far sapere al mondo che la squadra nazionale palestinese sta andando avanti nonostante le difficoltà che ci attendono. Vogliamo trasmettere il messaggio che i giocatori palestinesi hanno il diritto di giocare e di svilupparsi. Inoltre, vogliamo riportare il sorriso sui volti della nostra gente e fare felici i nostri tifosi."
Venerdì, la Palestina gioca con la Giordania a Melbourne. La Giordania è stata sesta nella precedente Coppa Asiatica ed è classificata novantatreesima al mondo dalla FIFA, rispetto al 115° posto della Palestina. Una vittoria è possibile, e costituirebbe il culmine di uno dei grandi racconti perdenti nella storia del calcio internazionale. Ma questa non è una storia di Cenerentola. Questa è una storia di duro lavoro e di ripresa di fronte a forze schiaccianti. Potrebbe non essere una favola, ma ha creato un proprio tipo di magia.
Fonte: The Nation
Traduzione di Vincenzo Pezzino