Nel mezzo della pandemia globale, l’occupazione israeliana prospera

Mentre il mondo intero combatte una crisi sanitaria paralizzante senza precedenti, l’esercito israeliano sta dedicando tempo e risorse a perseguitare le comunità palestinesi più vulnerabili in Cisgiordania

Di Yumna Patel – 1 Aprile 2020

Quando l’Autorità Palestinese (PA) ha annunciato per la prima volta uno stato di emergenza per il  coronavirus all’inizio di marzo, nei territori occupati si è inizialmente diffuso il panico, quando i posti di blocco e i confini con Israele sono stati chiusi e intere città sono state blindate.

Nei primi giorni dell’epidemia, inizialmente contenuta nella città di Betlemme, tra i palestinesi si scherzava dicendo che, forse, una pandemia globale poteva offrire una tregua temporanea dal terrore dell’occupazione israeliana.

Ma anche se la maggior parte degli aspetti della vita quotidiana è stata stravolta in Israele, Palestina e nel resto del mondo, l’unica cosa che è rimasta stabile nella vita dei palestinesi, è la presenza dell’occupazione.

Nonostante blocchi, coprifuoco e quarantena diffusi, Israele ha continuato a saccheggiare città e villaggi palestinesi, arrestare e imprigionare palestinesi, demolire case, strutture e facilitare gli attacchi dei coloni.

Attivisti, leader e civili palestinesi hanno sollecitato la sospensione delle attività dell’occupazione in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est, affermando che Israele sta solo mettendo ulteriormente a rischio la vita dei palestinesi violando le raccomandazioni di prevenzione e distanziamento sociale.

Nel mezzo di una pandemia globale, quando la maggior parte del mondo sta solo cercando di non ammalarsi, i palestinesi sono bloccati tra la preoccupazione per la loro salute e sicurezza e la paura di perdere la loro terra, le loro case e le loro vite, a causa dell’occupazione israeliana.

La campagna di arresti continua nonostante lo stato di quarantena

Le reti di notizie e i social media palestinesi sono stati inondati negli ultimi giorni con notizie di forze israeliane che conducono incursioni nelle città e nei villaggi palestinesi.

Foto e video mostrano soldati israeliani armati e mascherati che fanno irruzione nelle abitazioni mentre indossano indumenti protettivi sopra le uniformi.

Dall’inizio dell’epidemia, le forze israeliane hanno continuato a condurre campagne di arresti nei campi profughi di Betlemme, Hebron, Ramallah, la Valle del Giordano e il quartiere al-Issawiya di Gerusalemme Est e il campo profughi di Shuafat.

In diversi casi, le forze israeliane hanno provocato scontri con i palestinesi, usando gas lacrimogeni, proiettili di gomma e altre misure per reprimere i manifestanti.

In un video, secondo quanto riferito, ripreso nella città di Hebron dalla CCTV, si vedono presumibilmente le forze armate israeliane che sputano su auto palestinesi mentre pattugliavano le strade durante un raid notturno.

Esempi simili di soldati e coloni che sputavano su proprietà palestinesi, apparentemente nel tentativo di diffondere il virus tra la popolazione palestinese, sono stati segnalati nella città di Ramallah e nel villaggio di Beit Iksa a nord-ovest di Gerusalemme.

A Gaza, secondo le dichiarazioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro gli agricoltori palestinesi alla periferia della Striscia di Gaza meridionale, vicino al recinto di confine.

Nel frattempo, a Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno suscitato indignazione per aver arrestato quattro operatori sanitari volontari palestinesi mentre stavano disinfettando le strutture pubbliche fuori dalla Porta del Leone nella Città Vecchia. I soldati hanno anche sequestrato le attrezzature igienico-sanitarie utilizzate dai volontari.

Allo stesso modo, nella città di Hizma, in Cisgiordania, a nord di Gerusalemme, secondo quanto riferito, le forze israeliane hanno aggredito squadre di operatori sanitari volontari di stanza vicino all’ingresso della città e successivamente hanno fatto irruzione e saccheggiato il quartier generale del comitato di emergenza locale incaricato di combattere la diffusione del virus in città.

La ONG locale Grassroots Jerusalem ha condannato l’atteggiamento di Israele per l’arresto dei volontari nella Città Vecchia, nonché per la sua continua attuazione di “politiche coloniali che persino la pandemia non è riuscita a fermare”.

“L’occupazione attiva continua come al solito anche in questi tempi di pandemia”, ha scritto il gruppo sulla propria pagina Facebook.

“Da un lato, i palestinesi a Gerusalemme temono la diffusione del virus nelle loro comunità e i suoi gravi effetti sull’economia della città, poiché dipende principalmente dal turismo. D’altra parte, continuano ad affrontare le sfide già esistenti, e continue, dell’occupazione israeliana e le sue politiche nella città occupata”.

Da quando lo stato di emergenza è stato dichiarato in Palestina, il 6 marzo, il gruppo Euro-Mediterranean Human Rights Monitor ha documentato 207 incursioni israeliane nelle città palestinesi in Cisgiordania e Gerusalemme est.

Il gruppo ha richiamato Israele per “ignorare completamente i pericoli che questo comportamento potrebbe causare alla luce della diffusione dell’infezione in Israele”.

“Queste pratiche rappresentano una minaccia per la salute pubblica e facilitano la diffusione di COVID19 tra i palestinesi”, ha continuato il gruppo, aggiungendo che ritiene Israele, “come potenza occupante, pienamente responsabile di queste pratiche pericolose richiedendone la cessazione immediata“.

I coloni sfruttano il blocco

Proprio come le attività dell’esercito israeliano sono proseguite senza ostacoli in tutto il territorio occupato, i coloni israeliani hanno continuato ad appropriarsi di ancora più terra palestinese, danneggiare le proprietà e attaccare i palestinesi, indiscriminatamente.

Le notizie di coloni che razziano le terre e istituiscono nuovi avamposti alla periferia di Betlemme e Ramallah hanno spinto i funzionari locali ad accusare i coloni di approfittare del blocco del coronavirus per impadronirsi di ulteriore terra palestinese.

“Dato che noi palestinesi siamo bloccati e che i coloni sono in preda alla furia, Israele dovrebbe controllarli, ha twittato il funzionario senior dell’OLP Dr. Hanan Ashrawi.

Sono stati segnalati innumerevoli casi di coloni che, sotto la protezione di soldati armati, hanno fatto irruzione violentemente in villaggi nella Cisgiordania settentrionale, nonché casi in cui hanno attaccato i contadini vicino a Hebron e Ramallah, abbattendo ulivi e raccolti vicino a Betlemme e attaccato case vicino a Nablus.

Nella valle del Giordano, che ha visto un significativo aumento dell’attività dei coloni, da quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dato il via libera ai piani di annessione di Israele nell’area, a gennaio, i coloni hanno attaccato gli agricoltori e allestito nuovi avamposti in terra palestinese.

I coloni, notoriamente violenti, di Hebron hanno continuato a ignorare i divieti di assembramento, attaccando le case palestinesi nella Città Vecchia e ferendo un ragazzo palestinese all’inizio di marzo.

Attacchi simili e feriti sono stati registrati a Nablus e Ramallah, oltre alle notizie di coloni che lanciavano pietre contro gli automobilisti palestinesi in un villaggio fuori Jenin.

Demolizione di case e presidi sanitari

Le autorità israeliane hanno fatto notizia la scorsa settimana dopo aver saccheggiato la comunità di pastori Khirbet Ibziq della Valle del Giordano e confiscato materiale che serviva per costruire una clinica di pronto soccorso nell’area, che ospita decine di comunità rurali che non hanno accesso a cure mediche adeguate e strutture sanitarie.

Funzionari dell’amministrazione civile israeliana, insieme a una scorta militare, hanno confiscato pali e teli che sarebbero stati utilizzati per montare l’ospedale da campo, nonché alloggi di emergenza per i residenti nel caso in cui fossero stati evacuati con la forza dalle loro case, un evento usuale dovuto alla collaudata prassi di riqualificazione delle aree come poligoni militari per legittimarne l’esproprio.

Una baracca di lamiere, un generatore di corrente, sabbia, cemento e mattoni furono anch’essi confiscati, mentre un bulldozer demolì le fondamenta delle quattro tende.

“Mentre il mondo intero combatte una crisi sanitaria paralizzante senza precedenti, l’esercito israeliano sta dedicando tempo e risorse a perseguitare le comunità palestinesi più vulnerabili in Cisgiordania, che Israele ha tentato di scacciare dall’area per decenni”, ha dichiarato il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem.

Definendo scioccante la demolizione della clinica in costruzione, B’Tselem ha affermato che l’incidente è stato “un esempio particolarmente crudele dell’abuso regolare inflitto a queste comunità”, aggiungendo che “va contro i principi umani e umanitari di base durante un’emergenza”.

B’Selem ha continuato: “A differenza delle politiche israeliane, questa pandemia non discrimina in base a nazionalità, etnia o religione. È giunto il momento che il governo e i militari riconoscano che ora, più di prima, Israele è responsabile della salute e del benessere dei cinque milioni di palestinesi che vivono sotto il suo controllo nei territori occupati”.

Nelle ultime settimane, le forze israeliane hanno continuato la loro regolare pratica di demolizioni abitative in Cisgiordania e Gerusalemme est, demolendo case e strutture agricole nelle aree intorno a Gerico, Ramallah, Jenin, Salfit ed Hebron.

Secondo la documentazione delle Nazioni Unite, nelle prime due settimane di marzo, le forze israeliane hanno demolito almeno 16 case e strutture, sfollando 35 palestinesi in un momento in cui le istituzioni sanitarie in tutto il mondo chiedono alle persone di rimanere a casa come modo più sicuro per proteggere se stessi e la comunità.

L’Occupazione, il più grande rischio per la salute dei palestinesi

Mercoledì scorso, il primo ministro palestinese Mohammed Shtayyeh, che ha assunto il ruolo di guida nella lotta contro COVID-19, ha affermato che il “vero ostacolo” agli sforzi per contrastare la diffusione del coronavirus è l’occupazione.

Shtayyeh ha criticato le “politiche dell’occupazione israeliana che tentano di vanificare gli sforzi per proteggere il nostro popolo”, riferendosi in particolare al trattamento di lavoratori e prigionieri palestinesi, che sta emergendo come una delle maggiori minacce alla salute pubblica in Cisgiordania.

Durante la scorsa settimana, il numero di contagi confermati in Cisgiordania è quasi raddoppiato, con la maggior parte dei nuovi casi riconducibili a lavoratori palestinesi che sono tornati da Israele.

Inoltre, uno dei casi più recenti, in attesa di conferma, è quello di un prigioniero palestinese che è stato appena rilasciato dal centro di detenzione di Ofer, diffondendo il timore che un focolaio all’interno del carcere sia imminente.

“Il continuo movimento dei lavoratori palestinesi, con permesso Israeliano, tra le loro città, villaggi e luoghi di lavoro, sia all’interno della linea verde che negli insediamenti, è un ulteriore impedimento ai nostri sforzi per fermare la diffusione di questa pandemia”, ha detto Shtayyeh.

“La decisione di Israele di autorizzare l’ingresso dei lavoratori è un tentativo di proteggere l’economia israeliana a spese della vita dei nostri lavoratori. L’economia israeliana non è preziosa come la vita dei nostri figli”.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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