L’organizzazione internazionale per i diritti umani Human Rights Watch (HRW) ha pubblicato un nuovo rapporto sul lavoro minorile palestinese nelle colonie israeliane in Cisgiordania. Nel rapporto, Ripe for Abuse (Maturi per gli Abusi), HRW documenta casi di minori palestinesi, anche di 11 anni, che lavorano in condizioni vietate dal diritto internazionale.

I minori palestinesi lavorano in genere 8 ore al giorno per 6-7 giorni alla settimana, per una paga che in media è meno della metà della paga minima obbligatoria per la legge israeliana. Trattano pesticidi e sostanze chimiche di cui, sempre per la legge israeliana, è vietato l’uso da parte di minori e che sono del tutto vietate nell’UE perché dannose per la salute. Portano carichi pesanti, utilizzano macchine pericolose e lavorano a temperature molte alte nelle serre. Non hanno l’assicurazione sanitaria e sono costretti a pagare autonomamente le spese mediche per infortuni e malattie contratte sul lavoro.

I minori intervistati lavorano nella Valle del Giordano, dove vivono circa 80.000 palestinesi e 9.500 coloni israeliani. Il 94% delle terre sono vietate ai palestinesi mentre Israele ha assegnato l’86% dell’area alle colonie e alle loro piantagioni. La società idrica nazionale israeliana Mekorot fornisce il 70% del fabbisogno di acqua delle colonie nella Valle del Giordano, sottraendola illegalmente dalle falde idriche sotterranee alla valle. L’altro 30% viene dal fiume Giordano, al quale i palestinesi non possono accedere.

Il mancato accesso alle terre e all’acqua fa sì che il tasso di povertà tra i palestinesi nell’area sia il più alto in tutta la Cisgiordania. Infatti, la stragrande maggioranza dei bambini intervistati ha affermato di aver abbandonato la scuola per aiutare le proprie famiglie, come confermano anche insegnanti e direttori scolastici.

Ed è proprio con la Mekorot che l’Acea ha firmato un accordo di cooperazione nel dicembre del 2013. Tale accordo aveva già reso l’Acea complice delle violazioni del diritto internazionale da parte di Mekorot, che, oltre a sottrarre illegalmente l’acqua alle falde palestinesi e fornirla alle colonie illegali israeliane, riduce sistematicamente il rifornimento di acqua alle comunità palestinesi e partecipa alla distruzione delle infrastrutture idriche palestinesi.

Il Comitato No all’Accordo Acea-Mekorotha ripetutamente chiesto un incontro con il Sindaco Marino, al quale è stato inviato un dossier sulle complicità di Mekorot con il regime israeliano di occupazione, ma non ha mai ricevuto una risposta.

Ora si aggiunge anche il ruolo della Mekorot nel favorire lo sfruttamento del lavoro minorile palestinese.

Cosa altro ci vuole affinché il Comune di Roma, azionista di maggioranza, e l’Acea prendano misure per assicurare che l’accordo non abbia un seguito in modo da evitare complicità con le violazione dei diritti?

Il Comitato fa di nuovo appello a tutti gli enti locali il cui servizio idrico è affidato a società partecipate da Acea affinché si attivino per far ritirare l’accordo.

Comitato No all’Accordo Acea Mekorot
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bdsitalia.org/no-mekorot