Essendo parte del Comitato Nazionale del BDS palestinese (BNC) che ha il compito di sovrintendere gli aspetti del boicottaggio accademico e culturale del BDS, la Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (PACBI) ha promosso fin da 2004 il boicottaggio delle istituzioni israeliane accademiche e culturali. [1]

Ciò dipende dal fatto che queste istituzioni sono complici nel sistema di oppressione che ha negato ai Palestinesi i loro fondamentali diritti garantiti dal diritto internazionale, o hanno ostacolato l'esercizio di questi diritti, compresi la libertà di circolazione e la libertà di espressione.

Le istituzioni culturali sono parte dell'impalcatura ideologica e istituzionale del regime israeliano di occupazione, coloniale e di apartheid contro il popolo palestinese. Le istituzioni culturali israeliane (compresi le compagnie di “performing art”, i gruppi musicali, le organizzazioni di film, i sindacati degli scrittori e i festival) si sono allineati in grande quantità con il potere sionista egemone in Israele e nonostante gli sforzi di una manciata di artisti , scrittori, registi con principii individuali, queste istituzioni sono chiaramente implicate nell'appoggiare, giustificare e nascondere l'occupazione israeliana,  negando sistematicamente i diritti dei Palestinesi.

La campagna del boicottaggio culturale contro l'apartheid in Sud Africa e i loro criteri, nonostante qualche differenza cruciale, è stata la maggior fonte di ispirazione nel promuovere l'appello palestinese per il boicottaggio.  In particolare, il boicottaggio palestinese diversamente dal boicottaggio culturale del Sud Africa, colpisce le istituzioni e non gli individui in quanto tali.

 

Libertà di espressione

Assunto che il BNC, attraverso le linee guida del PACBI presentate sotto, respinge qualsiasi forma di censura e appoggia il diritto universale alla libertà di espressione, il boicottaggio istituzionale cui si appella la società civile palestinese non è in contrasto con tale libertà. PACBI sottoscrive la definizione di libertà di espressione accettata a livello internazionale e stipulata nella Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite sui Diritti Civili e Politici (ICCPR). [2]

Ancorato ai principii del diritto internazionale e dei diritti universali umani, il movimento del BDS, che include il PACBI, respinge il principio di boicottare gli individui sulla base della loro identità (come la cittadinanza, l'etnia, il genere o la religione) o di opinione. La semplice appartenenza di lavoratori israeliani nelle istituzioni culturali israeliane non è quindi un elemento per intraprendere un'azione di boicottaggio. Se tuttavia un individuo rappresenta lo Stato di Israele o un'istituzione complice di Israele, o gli viene commissionato o è assunto per partecipare agli sforzi dello Stato per rifarsi un'immagine, allora la sua o il suo contributo sono soggetti al boicottaggio istituzionale che il movimento del BDS richiede.

Mentre la libertà di espressione di un individuo deve essere pienamente rispettata in armonia con il contesto del boicottaggio culturale, un artista o scrittore israeliano o un altro non può esimersi dal essere soggetto a un boicottaggio basato sul “buon senso” (al di là degli obiettivi e criteri del PACBI sul boicottaggio istituzionale) che cittadini sensibili del mondo potrebbero intraprendere per quello che loro percepiscono come una forte  complicità individuale riguardo o a una responsabilità [diretta] o a  un appoggio alle violazioni del diritto internazionale (quali crimini di guerra, o altre gravi violazioni dei diritti umani), violenza razzista o l'onta del razzismo. A questo livello i lavoratori culturali israeliani non dovrebbero essere esentati da una doverosa critica o qualsiasi forma di protesta legale, compreso il boicottaggio; costoro dovrebbero essere trattati nello stesso modo di tutti gli altri colpevoli nella stessa categoria non meglio e non peggio. Questo è in conformità con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sulla quale i principi del movimento BDS sono basati e che afferma:

Nell'esercitare i suoi diritti e la sua libertà, ognuno dovrà essere soggetto solamente a quelle limitazioni determinate dalla legge solamente allo scopo di assicurare il dovuto riconoscimento e rispetto per i diritti e la libertà degli altri e essere conforme ai giusti requisiti di moralità, ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. [3]

 

Linee guida per il boicottaggio culturale internazionale

Durante anni di intenso lavoro con partner di molte nazioni per promuovere il boicottaggio culturale di Israele, appoggiato dalla schiacciante maggioranza degli artisti, scrittori, registi ed istituzioni culturali palestinesi [4] [5], il PACBI ha analizzato approfonditamente molti progetti ed eventi culturali, valutando la praticabilità dei criteri per il loro boicottaggio e, in base a questo, ha inviato lettere aperte, dichiarazioni o indicazioni su di essi. Le tre principali conclusioni raggiunte a questo proposito sono state: a) molti di questi eventi e progetti rientrano in un’area grigia ed incerta che è difficile da valutare; b) è importante sottolineare che il boicottaggio deve prendere di mira non solo le istituzioni complici, ma anche l’intrinseco ed organico legame tra loro che riproduce il meccanismo di dominio coloniale e l’apartheid, e c) strategicamente, non ogni progetto che si potrebbe boicottare deve essere affrontato con una attiva campagna di boicottaggio, ma i militanti devono utilizzare le proprie risorse per le campagne considerate prioritarie in un determinato momento.

In base a questa esperienza e in risposta alla crescente richiesta di una specifica guida di azione del BDS per mettere in atto il boicottaggio culturale internazionale di Israele in diversi progetti, dai film e festival letterari alle mostre d’arte e spettacoli di danza e musica e alle conferenze, PACBI ha predisposto qui di seguito chiari, conseguenti e coerenti criteri e linee guida che riguardano specificamente le sfumature e particolarità in materia di cultura.

Queste linee guida sono principalmente orientate a consigliare artisti internazionali sensibilizzati, scrittori e operatori culturali, così come organizzazioni ed associazioni culturali perché siano in sintonia con la richiesta palestinese di boicottaggio, come un contributo in direzione della difesa delle leggi internazionali e per la promozione della lotta per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza. Linee giuda per il boicottaggio accademico sono state parimenti emanate dal PACBI [6].

Gli operatori internazionali della cultura che non accolgono la richiesta del boicottaggio, che vanno oltre i limiti posti dal BDS, e quindi cercano di visitare le istituzioni o gruppi palestinesi come gesto di equidistanza tra le due parti, contribuiscono alla falsa percezione di simmetria tra l’oppressore coloniale e il colonizzato. Benché visite ai territori palestinesi occupati da parte di sostenitori e militanti per i diritti dei palestinesi siano sempre stati i benvenuti come un mezzo di incoraggiamento e di supporto, i palestinesi pensano che la solidarietà comprenda il rispetto della richiesta di boicottaggio, che è un richiamo autorevole degli oppressi, e una visita alle istituzioni e gruppi palestinesi non è conciliabile con attività insieme ad istituzioni israeliane da boicottare. Visitatori internazionali che insistano nell’includere istituzioni culturali israeliane nel loro itinerario, come una sorta di foglia di fico [7], non possono aspettarsi di essere i benvenuti dalle istituzioni culturali palestinesi.

In generale, PACBI chiede agli operatori culturali internazionali (per esempio artisti, scrittori, registi) e organizzazioni culturali, compresi sindacati ed associazioni, quando possibile e se significativo, di boicottare e/o lavorare per la cancellazione di eventi, attività, accordi o progetti che coinvolgono Israele, i gruppi della lobby israeliana o le sue istituzioni culturali, o che in qualche modo promuovono la normalizzazione di Israele nella sfera culturale a livello globale, nascondono le violazioni israeliane della legge internazionale e dei diritti dei palestinesi o violano le linee giuda del BDS.

Nelle parti seguenti, per “prodotto” si intendono prodotti culturali come film, opere artistiche, teatrali, tra le altre forme artistiche; per “eventi” festival cinematografici, conferenze, mostre d’arte e performance (comprese musica e danza), tournee di artisti e scrittori, tra le altre attività.

In dettaglio, queste sono le linee guida del BDS per valutare quali eventi o prodotti violano il boicottaggio culturale palestinese di Israele:

 

1) In linea generale, le istituzioni culturali israeliane, se non risulta provato il contrario, sono complici del mantenimento dell’occupazione israeliana e della negazione dei diritti basilari dei palestinesi, sia con il loro silenzio che con il coinvolgimento nel giustificare, coprire oppure distrarre l’attenzione dalle violazioni israeliane della legge internazionale e dei diritti umani.

In base a ciò, quelle istituzioni, tutti i prodotti e tutte le attività che esse sponsorizzano o supportano devono essere boicottate dalle organizzazioni culturali e dagli operatori culturali ovunque. Come nel caso del boicottaggio culturale dell’apartheid sudafricano, si chiede agli artisti internazionali e agli operatori culturali di non riconoscere in alcun modo le organizzazioni culturali israeliane esibendo, presentando ed esponendo il loro lavoro (per esempio film, istallazioni, opere letterarie); tenere conferenze o mettere in scena in collaborazione con istituzioni o eventi complici delle istituzioni culturali israeliane, o concedere l’autorizzazione per la pubblicazione, esposizione o proiezione di queste opere da parte di queste istituzioni. Allo stesso modo attività e progetti che coinvolgano persone esplicitamente rappresentative di queste istituzioni complici devono essere boicottate.

Bisogna sottolineare che il contenuto o la qualità artistica di un prodotto culturale non è significativo nel determinare o meno se debba essere boicottato.

 

2) Un prodotto culturale è da boicottare se è stato commissionato da un organo ufficiale israeliano o da un’istituzione non israeliana che propone il marchio Israele o simili obiettivi propagandistici [8].

I prodotti culturali israeliani (all’opposto degli eventi pubblici) che sono finanziati da organi ufficiali israeliani ma non commissionati o in altro modo legati in qualche modo alla politica [israeliana] non sono di per sé soggetti al boicottaggio. Per “stretti legami con la politica” qui si riferisce esplicitamente alle condizioni che obbligano il beneficiario ad essere utile al governo israeliano o a istituzioni complici o ad intenti propagandistici. I prodotti culturali israeliani che ricevono finanziamenti pubblici come parte dell’idoneità dei singoli operatori culturali in quanto contribuenti, senza che lei/lui siano destinati ad aiutare gli interessi della politica e della propaganda dello Stato, non sono da boicottare. L’accettazione di questi legami con la politica, per altro verso, trasformerebbe chiaramente il prodotto culturale in una forma di complicità, contribuendo agli sforzi israeliani di rifarsi un’immagine accettabile o nascondere la sua realtà coloniale e di apartheid, e lo farebbe diventare da boicottare. In base a questa logica, consideriamo come soggetti al boicottaggio tutti i prodotti culturali non israeliani (per esempio gli internazionali, i palestinesi) che sono finanziati da organi ufficiali israeliani o da organizzazioni internazionali con il marchio “Israele” che sono commissionati e motivati politicamente.

Il più chiaro esempio è il fatto ampiamente documentato che molti artisti, scrittori e altri operatori culturali israeliani che fanno richiesta di fondi statali per coprire le spese della partecipazione – loro o delle loro opere- agli eventi internazionali sono obbligati a contribuire agli sforzi propagandistici ufficiali di Israele. A questo fine, l’operatore culturale deve firmare un contratto con il ministero degli Esteri israeliano che gli impone di “iniziare ad agire lealmente, responsabilmente e costantemente per fornire al ministero i più ampi servigi professionali.” Il contratto stabilisce anche che “il fornitore del servizio è conscio del fatto che lo scopo dei servizi a lui richiesti è di promuovere gli interessi politici dello Stato di Israele Ogni prodotto culturale, che sia israeliano o internazionale, che è commissionato da un ente israeliano (per esempio ministeri, comuni, ambasciate, consolati, finanziamenti per il cinema statali o comunque pubblici), o da un progetto o organizzazione che intende rifare l’immagine di Israele deve essere boicottato a livello istituzionale. Tali prodotti sono commissionati dallo Stato di Israele o da istituzioni con esso colluse specificamente per aiutare la propaganda statale o nel tentativo di “rendersi presentabile.”

 

(3) Un EVENTO o UN'ATTIVITA' culturale è da boicottare se è parzialmente o completamente sponsorizzata da un'istituzione ufficiale israeliana o da una complice.

Come [sostenuto] nella precedente linea guida, il principio generale è che un evento pubblico o un'attività attuati sotto la sponsorizzazione o il patronato di un'istituzione israeliana o ancora di una istituzione complice o di una associata è un evento in complicità [con l'oppressione] e quindi deve essere boicottato. Lo stesso dicasi per le istituzioni non israeliane che si prestano agli scopi di propaganda o [di promuovere] il marchio di Israele.

 

(4) Progetti di normalizzazione sono da boicottare. Attività culturali, progetti, eventi, prodotti che coinvolgono palestinesi e/o altri arabi da un lato e israeliani dall'altro (sia bilaterali che multilaterali) e che sono basati sulla sbagliata premessa della simmetria/parità tra gli oppressori e gli oppressi, o che entrambi i colonizzatori e i colonizzati sono ugualmente responsabili del “conflitto”, sono forme intellettualmente disoneste e moralmente riprovevoli di normalizzazione che devono essere boicottate. [10]

Non mettendo lontanamente in discussione l'ingiusto statu quo, simili progetti contribuiscono alla sua persistenza. Esempi comprendono eventi, progetti, pubblicazioni, film, o mostre che sono concepiti per mettere insieme palestinesi/arabi e israeliani così che possono presentare le loro rispettive narrazioni o prospettive, oppure lavorare verso la riconciliazione, “superando le barriere,” ecc. senza fare riferimento alle cause dell'ingiustizia e alle richieste di giustizia. Altri fattori che il PACBI tiene in considerazione nel valutare simili fatti e eventi sono le fonti di finanziamento, il contenuto del prodotto o evento, gli scopi delle organizzazioni sponsor, i partecipanti, e simili fattori rilevanti.

Dato che l'unica relazione normale e davvero benvenuta tra gli appartenenti alla comunità degli oppressori e quelli della comunità degli oppressi, è che vengano riconosciuti i diritti fondamentali degli oppressi secondo il diritto internazionale e che implica una comune lotta contro l'oppressione, progetti condivisi che soddisfano le seguenti due condizioni non sono considerate forme di normalizzazione e quindi sono esentati dal boicottaggio:

(a) la parte israeliana nel progetto riconosce i diritti completi palestinesi secondo il diritto internazionale (corrispondenti ai 3 diritti [affermati] nell'appello del BDS) [11] e

(b) il prodotto o l'evento piuttosto che sia [etichettabile come] di co-esistenza deve essere di co- resistenza. [12]

 

I dibattiti pubblici tra palestinesi/arabi e israeliani non sono da boicottare se organizzati senza il sostegno di Israele, delle sue lobby, o delle istituzioni complici.

 

(5) Le missioni a scopo di ricerca e i tour di studio che ricevono finanziamenti da Israele, dalle istituzioni complici, o da gruppi internazionali [appartenenti alle] lobby, vanno boicottati.

Invece, missioni indipendenti, equilibrati, di ricerca o gruppi di studio, perfino quelli che comprendono incontri con le istituzioni accademiche complici, non vanno boicottate, una volta dimostrato che non vi è nessun legame (per es. seminari, laboratori, mostre, ecc.) di qualsiasi natura con quelle istituzioni complici.

 

Il boicottaggio culturale di Israele dovrebbe continuare fino a che Israele aderisce alle tre fondamentali richieste sottolineate nell'appello del BDS nel 2005.

Per porre fine alla loro complicità con il regime israeliano di occupazione, colonialismo d'insediamenti e apartheid e diventare soggetti da non boicottare, le istituzioni culturali israeliane devono rispettare due condizioni essenziali:

a. Riconoscere pubblicamente i diritti inalienabili del popolo palestinese come facenti parte del diritto internazionale (compresi i tre fondamentali diritti dell'appello del BDS del 2005) e

b) Porre fine a tutte le forme di complicità nel violare i diritti palestinesi come quelli stipulati dal diritto internazionale, comprese le politiche e le pratiche discriminatorie quali i diversi incarichi nell'occultare o giustificare le violazioni israeliane del diritto internazionale e i diritti umani dei palestinesi.

 

Note:

[1] http://pacbi.org/etemplate.php?id=869

[2] http://www.ohchr.org/en/professionalinterest/pages/ccpr.aspx

[3] http://www.un.org/en/documents/udhr/

[4] http://www.pacbi.org/etemplate.php?id=315

[5] http://www.pacbi.org/etemplate.php?id=2475

[6] http://www.pacbi.org/etemplate.php?id=1108

[7] http://www.pacbi.org/etemplate.php?id=1645

[8] Una di tali organizzazioni è la Fondazione Culturale America- Israele, la cui attività comprende la presentazione dello Stato di Israele “come un ambiente culturale fiorente che stimola la creatività e la vita artistica.” Vedi: http://www.aicf.org/about/mission. L'organizzazione è considerata prestigiosa per avere promosso e sostenuto tutte le maggiori istituzioni culturali in Israele quale la Orchestra Filarmonica israeliana e il Museo d'Israele. Vedi: http://www.aicf.org/about/impact/institutions

[9] http://www.haaretz.com/putting-out-a-contract-on-art-1.250388

[10] http://www.pacbi.org/etemplate.php?id=1749

[11] http://www.bdsmovement.net/call

[12] http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=405314

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: pacbi.org

Traduzione: BDS Italia